Domenica si è chiuso a Napoli il XXIV congresso di “Magistratura democratica”, che nella mozione finale approvata denuncia una «profonda preoccupazione per i disegni di riforma della Costituzione: ove approvati, essi determinerebbero infatti una concentrazione di potere capace di mettere in discussione i sapienti equilibri disegnati dalla Costituzione repubblicana. È in nome di questa preoccupazione», si legge nel documento, «che avvertiamo il dovere di partecipare al discorso pubblico, per ragionare insieme a tutta la comunità repubblicana sui pericoli che discendono da alcune proposte di riforma in cantiere».

Inoltre «sul piano culturale, occorre investire su una figura professionale che rinunci alla spettacolarizzazione della giustizia e – sul piano interno – rifiuti gerarchizzazione degli uffici, burocratizzazione della funzione, conformismo e quieto vivere. Perché il garantismo nell’esercizio della giustizia penale e il pubblico ministero come organo di garanzia non restino mere etichette, occorre», secondo le toghe di Md, «un serio lavoro – interno alla magistratura – culturale e organizzativo».

Insieme alla mozione finale è stata approvata anche quella sul carcere, tema molto sentito durante la tre giorni napoletana della corrente progressista: oltre al dramma del sovraffollamento, dei suicidi e a quello della carenza di personale, nel testo si registra come in molti istituti ci siano «fatiscenza edilizia, promiscuità di percorsi trattamentali, impossibilità di un effettivo accesso al lavoro e alle offerte rieducative, assenza delle basilari condizioni igieniche, insufficienza dell’assistenza sanitaria. Il carcere rimane un luogo dove si cerca di sopravvivere al nulla, dove i problemi principali sono quelli relativi all’igiene, allo spazio e al cibo, dove il tentativo di soddisfare i bisogni basilari, quelli che dovrebbe essere lo Stato a garantire a ciascuno, prende il sopravvento sull’impegno personale a sviluppare o ricucire il senso del bene comune e la voglia di migliorarsi».

In questa situazione «la tutela dei diritti umani delle detenute e dei detenuti, nonostante gli strumenti dei reclami giurisdizionali, diventa sempre più difficile, e il reinserimento sociale, all’esito del percorso detentivo, un miraggio».

Inoltre, «rilevante attenzione dovrà essere prestata alla proposta di legge (A. C. n. 1064, presentata il 30 marzo 2023) di istituzione delle case territoriali di reinserimento sociale, volta a permettere, in casi di ridotta pericolosità sociale e di limitata entità della pena, che la detenzione possa essere scontata in specifiche strutture appositamente istituite, di dimensioni ridotte e caratterizzate da programmi di trattamento espressamente finalizzati alla ricollocazione sociale del condannato».

Proprio il deputato di +Europa Riccardo Magi, primo firmatario della pdl citata nel documento di Md, commenta: «La condivisione della proposta per l’istituzione delle case di reinserimento sociale che arriva dal congresso di Magistratura democratica è un segnale particolarmente prezioso: siamo convinti che questa proposta su cui abbiamo raccolto un sostegno ampio dalle forze di opposizione rappresenti una riforma possibile del carcere, e chiediamo anche al governo di esprimersi su di essa».