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GOFFREDO BETTINI, EX MEMBRO DEL PARLAMENTO EUROPEO
È stato accolto come un fulmine a ciel sereno la lettera di Goffredo Bettini pubblicata dal Foglio in cui il “guru” dem ha praticamente dato il suo personale apprezzamento alla riforma della separazione delle carriere, in netto contrasto con la linea del partito.
«Seppure è un tema aperto e controverso, ritengo che la separazione delle carriere nella magistratura possa rappresentare un passo importante, persino doveroso, nella direzione di una maggiore terzietà del giudice - ha scritto Bettini - Non per sfiducia nei confronti della magistratura. Non per una deriva populista o vendicativa. Ma per un’idea di giustizia che non rinunci mai a dubitare di sé, che riconosca nella fragilità dell’imputato - spesso solo, spesso smarrito - una parte imprescindibile della democrazia». Parole che potrebbero benissimo uscire dalla bocca di un esponente di governo o comunque di centrodestra, e che di conseguenza uscendo da quella di uno dei più apprezzati consiglieri della segretaria del Pd Elly Schlein fanno un certo effetto.
Dopo aver ricordato il padre, avvocato repubblicano molto vicino a Ugo La Malfa, che gli ripeteva sempre la frase «Meglio dieci colpevoli fuori dalla galera che un innocente dentro», Bettini spiega che «non si tratta di fare la guerra ai magistrati, come troppo spesso avviene nella polemica pubblica, ma di rimettere al centro il principio di equilibrio. Come nella nostra Costituzione. Come nella grande lezione del liberalismo di sinistra». Per il dirigente dem la separazione delle carriere «non è una bandiera ideologica» ma «un tentativo di avvicinarsi all’equità» e «un modo per rafforzare la fiducia nella giustizia, restituendo dignità tanto al giudice quanto all’imputato».
Una presa di posizione che al Nazareno viene derubricata a «opinione personale» ma che non trova alcun seguito nell’attuale classe dirigente dem. Per il capogruppo al Senato Francesco Boccia, infatti, «siamo di fronte a una riforma che finirà con il paradosso di ampliare i poteri del pm nel breve periodo (che è assolutamente in contrasto con il finto intento garantista che anima la riforma) e che nasconde neanche troppo velatamente l’intento dell’esecutivo di riportare sotto il suo controllo il pubblico ministero secondo il modello polacco o ungherese tanto caro a questo governo ma in aperto contrasto».
E stranamente sul tema anche la minoranza interna riformista è d’accordo, con pesanti attacchi alla riforma arrivati da due esponenti di punta come Alessandro Alfieri e Filippo Sensi. «Questa riforma è un baratto in cui ognuno ha presentato il proprio pezzetto, Fratelli d’Italia il premierato, la Lega un’autonomia differenziata che non ha nulla a che fare con l’autonomia e poi, appunto, Forza Italia con la riforma della giustizia, in omaggio al fondatore scomparso» , ha detto Alfieri, mentre per Sensi si tratta di «un omaggio tardivo e gattopardesco a Berlusconi».
Sul punto il cosiddetto campo largo è tutto sulla stessa linea, con Pd, M5S e Avs schierati apertamente per la contrarietà. Ambivalente l’atteggiamento di Italia Viva, che con ogni probabilità si asterrà anche a palazzo Madama dopo averlo già fatto (non senza patemi interni) a Montecitorio, e Azione a favore della riforma.
«Il Governo ha deciso di blindare una riforma costituzionale senza alcuna apertura al confronto parlamentare - ha attaccato il capogruppo pentastellato al Senato, Stefano Patuanelli - È un fatto senza precedenti: il Parlamento è stato esautorato della sua funzione legislativa». Sulla stessa lunghezza d’onda la senatrice di Avs Ilaria Cucchi, secondo la quale «il tentativo della destra, neanche troppo velato, è quello di delegittimare l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura agli occhi dei cittadini».
Insomma uno schieramento compatto nei confronti del quale Bettini ha aperto una crepa non da poco. Se gli esponenti del campo largo sono nettamente contrari alla riforma, da diverse rilevazioni emerge come la maggioranza dell’opinione pubblica sia a favore della separazione delle carriere. E chissà che Bettini, da vecchia volpe della politica, abbia intuito il clima e abbia preferito esprimere una posizione opposta a quella del partito.