«La durata ragionevole dei processi è un diritto della persona ma non deve comprimere i diritti della difesa». A dirlo è il presidente dell’Unione Camere penali, Giandomenico Caiazza, intervenendo alla due giorni "Diritti, Libertà, Economia" organizzata dai penalisti sul tema dei danni collaterali della giustizia sull’economia. Il tema della durata dei processi «è un problema del legislatore ma non deve tradursi, come spesso accade, in una compressione delle garanzie e dei diritti», ha ribadito Caiazza. «Non so se augurarmi che la riforma del processo penale non vada avanti, ma se comunque il percorso deve proseguire recuperiamo i punti di incontro e di consenso che c’erano stati tra Avvocatura e Anm, è un materiale che c’è, sta già lì», spiega Caiazza. Il presidente dei penalisti ha ricordato i tavoli di lavoro sulla riforma organizzati dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, da cui erano uscite proposte condivise, «eravamo giunti a indicazioni comuni e soluzioni possibili» ma, ha sottolineato, «è un percorso che si è abbandonato».  
Un «controllo esasperato giurisdizionale sulla vita delle imprese», accanto alla «principale patologia che è quella della durata irragionevole del processo»: un «proliferare di iniziative legislative» e di «prassi giurisprudenziali» che si sono tradotte in «una serie di cappi al collo che rischiano di strangolare l’intera economia», ha proseguito Caiazza parlando di interdittive antimafia e misure preventive patrimoniali. Norme che «vorrebbero prevenire la commissione di reati e che si trasformano in macigni sulle imprese». Nel quadro della «durata irragionevole» dei processi penali, «anche quando tutto si conclude prendendo atto della liceità delle condotte, si restituisce all’imprenditore il cadavere della sua azienda», ha rilevato Caiazza.