«Vede? Anche volendo, non posso essere dimenticata: mi chiamano in causa troppo spesso». Battute a parte, l’ex ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, difende con forza la legge sull’obbligo vaccinale che porta il suo nome dall’attacco di Salvini.

Non è poco ortodosso che un ministro mandi una lettera ad un altro?

Certo che lo è: la ministra Grillo doveva rispondere in modo deciso, perchè non si è mai visto che un altro ministro mandi una lettera del genere. Io, al suo posto, mi sarei inalberata.

Si aspettava che si tornasse a mettere in dubbio l’obbligatorietà?

Non mi stupisce, per alcuni ordini di ragioni. Partiamo dal merito: Salvini non ha mai fatto dichiarazioni entusiastiche né sulle vaccinazioni né sull’obbligatorietà. Disse che dieci vaccini erano inutili, se non dannosi. Non ha spiegato il perché, però, nè quali toglierebbe: il morbillo e gli orecchioni? O la rosolia, il tetano e la poliomelite?

Quindi è solo politica?

Quando approvammo la mia legge, la Lega al Senato fu addirittura più populista di Paola Taverna, con dichiarazioni antiscientifiche. Detto questo, io penso che Salvini voglia arrivare a quel 4% di elettori no- vax in vista delle europee, sottraendoli ai 5 Stelle dopo la svolta pro- scienza fatta, pur a fatica, da Beppe Grillo.

La lettera di Salvini è un pretesto, quindi?

Più che altro un’arma di distrazione di massa: si parla dei vaccini e non si parla della Tav. Quando sono in difficoltà, Lega e 5 Stelle riaprono il fronte mediatico su un terzo tema pop, anche negativo per loro, per distrarre la gente. Una tecnica cinica, che in questo caso è fatta sulla pelle dei bambini.

L’obiezione che alcuni vengano lasciati fuori da scuola è infondata?

Capiamo: innanzitutto stiamo parlando di scuola dell’infanzia dagli 0 ai 6 anni, non della scuola. In ogni caso il trauma al bambino non lo crea il mondo della scuola ma i loro genitori, che stanno cercando di aggirare la legge mettendo in pericolo i loro stessi figli e quelli degli altri. La norma che prevede che per asilo e materna si debba avere adempiuto a tutte le vaccinazioni è una scelta di buon senso, che garantisce anzitutto la salute dei bambini, in particolare di quelli troppo piccoli per essere vaccinati, oltre a quelli che non possono esserlo.

Per i più grandi, invece?

Sulla fascia dai 6 ai 16 anni abbiamo previsto sanzioni e la previsione di non più di un ragazzo non vaccinato per classe, in modo da garantire la copertura. Grazie alla mia legge abbiamo recuperato in modo straordinario la copertura sui nuovi nati, ma c’è ancora moltissimo da fare sui nati negli ultimi 10 anni.

Che giudizio dà della sua omologa, Giulia Grillo?

Capisco le difficoltà, ma non è stata abbastanza coraggiosa. Il ministro della Salute ha poteri di ordinanza esattamente come il ministro degli Interni: sono gli unici due con il potere di intervenire tout court davanti a un problema di sicurezza pubblica, di salute o di ordine pubblico. Sul tema dei vaccini, lei dice che il superamento della legge Lorenzin va fatto in Parlamento e questo significa una cosa sola: che la ministra Grillo si rifiuta di dare l’indirizzo.

Perché è un errore?

Perché è un segnale negativo per gli operatori del settore e per le famiglie. Inoltre il Parlamento non ha l’expertise per fare queste valutazioni: queste conoscenze le hanno il ministero e l’Istituto superiore di sanità. Nella condotta della ministra non c’è dolo ma c’è colpa. E spesso il risultato è analogo.

Teme che i vaccini finiscano nel calderone del “do ut des” tra alleati?

Può succedere, ma per evitarlo l’arma migliore è tenere vivo il dibattito nella comunità medica e tra i genitori, ricordando che i no- vax sono una esigua parte della popolazione. Dobbiamo raggiungere le soglie sulla copertura vaccinale, ma anche maturare una forte cultura delle vaccinazioni.

Insomma, l’obbligo non si tocca?

In futuro si potrebbe anche forse pensare di togliere qualche obbligatorietà, ma dopo una attenta valutazione dell’andamento epidemiologico. Sono valutazioni tecniche che un ministro non prende da solo ma ascoltando le componenti tecniche, assumendosi poi la responsabilità della scelta.

Sul fronte politico, questo dibattito è segno di nervosismo del governo?

E’ segno di un nervosismo arrogante, perché il governo non ascolta le istanze delle associazioni di categoria o dei pazienti. Il punto è che usano idee scellerate come questa per perdere tempo, nascondendo i loro problemi interni almeno fino alle europee.

Saranno lo spartiacque?

No, non cambieranno niente. Ci sarà una crescita della Lega e un calo dei 5 Stelle, ma questo li farà essere ancora più dipendenti una dall’altro. La stabilità del governo può essere minata solo da fattori internazionali oppure da una fibrillazione economica che non sapranno gestire.

Lei da mesi chiede una casa per i moderati, l’ha trovata?

Guardi, il nuovo segretario del Pd Zingaretti ha avuto una spinta fortissima dalle primarie, vediamo se avrà intenzione di fare un’apertura anche verso il mondo moderato. Ha parlato di una rigenerazione del campo democratico, che però è impossibile senza una componente liberale e moderata. Vedremo se il Pd saprà riconquistare il suo elettorato di riferimento a sinistra, ma se sarà anche capace di dare una casa ai valori dei moderati.

Altrimenti?

Altrimenti temo che questa componente, per disperazione, finisca tra le braccia della Lega.