Forse non va lontano dal centrare il bersaglio Gianni Alemanno, ex leader della Destra sociale nella An finiana e oggi aspirante al titolo di principale oppositore di Giorgia Meloni da destra, quando accusa il governo di voler fare «i primi della classe».

Le carte devono ancora essere distribuite. Di qui al 27 settembre, data di presentazione della Nadef, la Nota di aggiustamento al Def, spezzoni della maggioranza disseminati un po’ ovunque ma soprattutto nella Lega eserciteranno pressioni di ogni tipo per forzare la mano al ministro dell’Economia spingendolo ad aprire un po' più del previsto i cordoni della borsa. Ma le parole di Giorgetti al meeting CL di Rimini non lasciano spazio a molte sorprese. Per la seconda volta consecutiva il governo di destra varerà una manovra all’insegna dell'austerità, con l'obiettivo di non andare di un euro oltre il deficit previsto di 4 miliardi. Perché, come ha segnalato proprio Giorgetti a Rimini, «quando si fanno debito o deficit bisogna pensare alla stabilità dei conti pubblici».

Il governo della destra, quello arrivato a vincere le elezioni promettendo riforme costose e confronto a muso duro con la Bce, si è rivelato e continua a rivelarsi il più allineato con le politiche rigoriste di Francoforte. Si spinge anzi persino oltre, sino a un'austerità inedita nella politica italiana e di solito riservata ai governi tecnici. L’obiettivo è certamente quello di conquistare massima credibilità nella Ue, capovolgendo tutti i pronostici, e di trattare quindi da una posizione autorevole, se non di forza, su dossier delicati come la rimodulazione del Pnrr e la riscrittura delle regole europee. Però non c'è solo questo. È palese l'intenzione di dimostrare che il governo della destra non solo non è l'accozzaglia di irresponsabili dipinta dalla sinistra ma è anzi il solo davvero deciso a difendere la massima stabilità dei conti pubblici costi quel che costi, senza cedere alla tentazione di trattare, come facevano i governi di centrosinistra, su margini più o meno ampi di flessibilità, sacrificando quasi per intero gli obiettivi sbandierati in campagna elettorale. Non solo un governo europeista pronto ad accettare il rigore ma il più rigorista di tutti e con il ministro leghista dell'Economia nella parte del castigamatti. Dove “i matti” però sono proprio i compagni di partito.

Lo scontro che serpeggia ai vertici della Lega, del resto, è a tutto campo. Non è ancora chiaro se il governo, in ottobre, proporrà il nome di Daniele Franco come membro italiano del board di Bce anche se tutto lascia pensare che andrà così perché questa è l'intenzione della premier e del ministro dell'Economia. La Lega preferirebbe Pietro Cipollone, che sembrava non aver rivali prima che proprio il ministro leghista dell'Economia mettesse in campo l'ex ministro dell'Economia di Draghi. È appena il caso di notare che, se il candidato sarà davvero Franco e se la Bce sceglierà un italiano per il posto vacante, come è molto probabile ma non certo, un altro uomo di Draghi occuperà una postazione decisiva, dopo Panetta alla guida di Bankitalia, Figliuolo commissario per l'emergenza, Cingolani consigliere per l'energia e ad di Leonardo e lo stesso Giorgetti, che pur essendo il numero due del Carroccio ha sempre vantato un rapporto diretto e fiduciario con l'ex presidente della Bce.

Il governo Meloni, insomma, somiglia sempre meno al governo “sovranista e populista” che ci aspettava e ricorda sempre più invece un esecutivo che fa propria l'eredità di Draghi non solo in base a calcoli momentanei e opportunistici ma anche come visione strategica. È un rischio grosso, anche se la minaccia non è immediata.

Una parte dell'elettorato della destra potrebbe alla lunga finire molto deluso da un governo che, a conti fatti, non solo non mantiene le promesse elettorali, il che in fondo è la norma, ma marcia in direzione opposta sul fronte più importante di tutti, quello dell'economia. La stessa divaricazione, ormai clamorosa, tra Giorgetti e il suo partito potrebbe diventare presto un problema. Salvini e il ministro dell'Economia la hanno sin qui sempre gestita evitando lo scontro diretto. Ma certo sentire dalla nemica numero uno del Carroccio, l'ex ministra Elsa Fornero, parole inequivoche come «io plaudo al ministro Giorgetti» qualche problema enorme nella Lega rischia di crearlo.