Salvini, con Putin e Orbàn, è stato tra i primi a esprimere solidarietà al condannato Donald Trump: «Solidarietà e pieno sostegno a Trump, vittima di una persecuzione giudiziaria e di un processo di natura politica». Il sostegno è esplicito: «Spero per l'equilibrio mondiale che Trump vinca». C'è anche un colpo basso rivolto a tutti gli alleati ma a Tajani più che a ogni altro: «In Italia abbiamo tristemente familiarità con l'utilizzo del sistema giudiziario come arma da parte della sinistra». Inutile ricordare quale leader più di ogni altri aveva denunciato per decenni la «persecuzione politico-giudiziaria» ai suoi danni.

Tajani però non abbocca, non ipotizza alcun parallelismo tra i processi del fondatore e nume tutelare del partito azzurro e The Don: «L'Italia è alleata degli Usa, non di questo o quel presidente». Dal quartier generale di FdI parla solo il presidente della commissione Affari costituzionali e dice l'opposto esatto di Salvini: «Mi sento di rispettare l'iter della giurisdizione degli Usa, che sono uno stato di diritto». Insomma, altro che persecuzione giudiziaria.

La differenza abissale tra i commenti registra le opposte speranze con le quali i partiti alleati in Italia guardano alla corsa alla presidenza sull'altra sponda dell'Atlantico. Non come pacati tifosi ma con la partecipazione di chi sa di essere parte in causa. La premier non può confessarlo ma non può che sperare nella conferma di Biden. Il rapporto fiduciario creatosi subito con l'inquilino della Casa Bianca, anche sulla base di una di quelle chimiche che scattano a volte anche tra i leader mondiali, le aperto non molte ma tutte le porte. La benedizione di Joe Biden ha ammutolito qualsiasi velleità europea di prenderla di mira come postafascista, come una Marine LePen qualsiasi. Con il ritorno alla presidenza di Trump le cose cambierebbero da molti punti di vista. La giravolta dell'italiana alla cerchia ristretta del condannato-candidato non è andata affatto giù. Nelle chat private trumpiste il soprannome di Giorgia è «Phoney Meloni» (Meloni la falsa), con tanto di rima. Per quello che potrebbe essere il prossimo presidente degli Usa la leader italiana è una traditrice.

Ma non è solo questione di rapporti personali. La premier italiana ha investito moltissimo sulla guerra in Ucraina e per ora ne è stata ripagata in abbondanza. Non è segreta l'intenzione di Trump di disnvestire su quel conflitto, come conferma la calda solidarietà di Putin, per concentrarsi eventualmente su altre aree di crisi. Taiwan e la Cina, certo, ma anche l'Iran e per il governo italiano il guaio sarebbe doppio. Tutto il credito che Meloni si è conquistata grazie alla linea iperatlantista svanirebbe e in compenso rischierebbe di incendiarsi un'area geopolitica la cui esplosione avrebbe ricadute micidiali sugli interessi italiani.

Infine la vittoria di Trump nelle elezioni più importanti che ci siano in occidente e nel mondo inciderebbe sulla sfida appena iniziata tra le due destra europee. Neppure 24 ore dopo un pronunciamento antifascista di Meloni significativo, pur se non ancora definitivo come le viene richiesto, il più noto candidato della Lega, generale Vannacci, esalta senza pudore la X Mas del principe Junio Valerio Borghese, cioè il principale reparto d'eccellenza della Repubblica di Salò. Il messaggio elettorale con cui Vannacci invita a mettere il dieci in numero romano sulla scheda elettorale è qualcosa in più di una semplice strizzata d'occhio al fascismo. Vannacci è Vanancci, si sa, ma qui l'aspetto rilevante è che la Lega lo ha subito difeso assicurando che la fascinazione già nota del candidato per la X Mas dipende da quel che fece prima dell'armistizio e non come reparto di Salò, spiegazione che chiamarla tirata per i capelli èpoco. Ma soprattutto il leader non ha avuto esitazioni o dubbi. Oggi sarà sul palco a Milano a fianco del fan della X. Ha comunque già fatto sapere di essere «orgoglioso di Vannacci». Salvini scommette tutto sull'identità di destra radicale del suo partito e sul rappresentare il referente italiano di due leader che potrebbero domani trovarsi alla testa degli Usa e della Francia. I rapporti di forza a destra cambierebbero radicalmente e chi pensa che nell'exploit di consensi di Salvini nel 2018 non abbia inciso il vento trumpista che soffiava da Washington probabilmente sbaglia di grosso. Le elezioni americane riguardano sempre direttamente l'intera politica italiana. Ma per la destra, stavolta, sono proprio decisive. Quanto e forse più di quelle imminenti per il Parlamento europeo.