Al XXI Congresso di Radicali Italiani dal 9 all’ 11 dicembre l’istanza ambientalista per il futuro dei territori a partire dalla Romagna

MASSIMILIANO IERVOLINO

SEGRETARIO DI RADICALI ITALIANI

Forse non tutti sanno che i parchi eolici marini incarnano, in senso materiale proprio, quella transizione energetica di cui tanto si parla fra l’economia basata sullo sfruttamento delle fonti fossili e l’economia più sostenibile basata sulle energie rinnovabili. Il motivo per cui i parchi eolici offshore rappresentano un passaggio ideale di testimone fra questi due diversi modelli è che le tecnologie, le competenze e l’ingegneristica che hanno consentito lo sviluppo dell’eolico in mare provengono proprio dalle esperienze sviluppate in decenni di realizzazioni di piattaforme petrolifere in alto mare. I tecnici che realizzavano le piattaforme petrolifere di ieri sono gli stessi che realizzano gli impianti eolici marini di oggi.

In altre parole, dalle piattaforme petrolifere alle basi per gli impianti eolici, il passò è breve. Ma nel frattempo, l’evoluzione tecnologica è andata ulteriormente avanti e ora la nuova frontiera del settore è rappresentata dalle tecnologie eoliche flottanti o galleggianti. In quanto galleggianti, queste turbine eoliche non sono assicurate al fondale marino con fondazioni stile piattaforma petrolifera, ma sono tenute in equilibrio da un sistema indipendente di contrappesi sottostanti. Il sistema è agganciato alle sole strutture eoliche, che sono attaccate a loro volta al fondale solo con cavi molto meno impattanti rispetto alle fondazioni classiche, e che non richiedono trivellazioni o infissioni.

La realizzazione di questi impianti sta avvenendo in varie parti d’Europa, e anche in Italia ci si sta puntando, poiché funzionali al raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale integrato economia e clima ( Pniec) – per altro già vecchio e da aggiornare.

Stride allora che in luoghi come la Riviera Romagnola, punteggiata da scheletri di piattaforme petrolifere risalenti al vecchio modello di sviluppo e a cui nessuno fa più caso, si sollevi l’opposizione a un parco eolico per il suo impatto visivo. Così come stupisce che in Sicilia ci si opponga a un altro progetto di parco eolico galleggiante a causa dei presunti rinvenimenti di navi puniche di valore inestimabile nel canale fra l’isola e la Tunisia.

In realtà, nel tratto di mare interessato dalla realizzazione del parco siciliano Med Wind, i ricercatori non hanno individuato alcun sito di interesse storico e archeologico, secondo quanto certificato dall’Istituto Anton Dorhn, tra i più importanti enti di ricerca al mondo nei settori della biologia marina e dell’ecologia. Così come a Rimini è dovuta intervenire Legambiente – notoriamente impegnata nella lotta contro ecomostri e crimini paesaggistici – per dire che, in realtà, quello di Energia Wind 2020 è un progetto fondamentale per la transizione energetica dell’Emilia- Romagna, la cui stessa amministrazione regionale ha stabilito che entro il 2035 le rinnovabili dovranno coprire il 100% della domanda di energia.

Fatto salvo il rispetto di tutte le valutazioni di impatto ambientale, la cosa principale a essere in discussione non dovrebbe essere se fare opere come i parchi eolici marini al largo della costa romagnola o nel Canale di Sicilia. Questi investimenti vanno fatti per dare un futuro alle persone, all’ambiente, al clima e all’economia. I Comuni dovrebbero farsi concorrenza fra loro per ospitarli, invece di considerarli come un onere e un sacrificio per le comunità locali, passando dal “non a casa mia” al “per favore a casa mia”. Le comunità locali dovrebbero mettere al centro dell’attenzione le opere di mitigazione e compensazione, i vantaggi energetici, economici e ambientali che le beneficeranno. Il Comune di Rimini è consapevole di questo – ed è un passo avanti rispetto al passato – ma dovrebbe mettere questi temi in cima alla sua priorità, non in fondo alla lista, come nella sua comunicazione istituzionale.

Per il resto, il potenziale dell’eolico offshore nei mari italiani stimato dall’Associazione Nazionale Energia del Vento ( ANEV), con le tecnologie attuali, è di 5,5 GW al 2030, cioè ben più degli attuali obiettivi. Se si allarga l’orizzonte al 2050, il potenziale offshore stimato dei 7.500 km di costa italiana risulta complessivamente di 15 GW con oltre 40 TWh, pari al 12 % della generazione elettrica nazionale.

Secondo la società di ricerche specializzata nel settore Aegir Insights, ci sono sulla rampa di lancio 150 GW di capacità eolica galleggiante nel mondo. La Cina è in vantaggio al momento, ma l’Europa potrebbe superarla nei prossimi anni. Ci saranno quasi 150 MW di eolico offshore galleggiante installato entro la fine di quest’anno a livello globale. Altri 200 MW sono in costruzione e dovrebbero entrare in esercizio nel 2023. Il 90% di questi impianti si trova in Europa. Si tratta principalmente di progetti pilota e dimostrativi. Ma a metà di questo decennio, il tasso di crescita aumenterà, per decollare veramente a partire dal 2030. Sarebbe sciocco se in Italia sprecassimo tale potenziale e perdessimo questo treno, soprattutto se vogliamo una maggiore autonomia energetica e salvaguardia dell'ambiente. Anche di questo parleremo nei tre giorni congressuali.