«Subiremo il colera come abbiamo subito il governo», si lamentava in una lettera la scrittrice Zulma Carraud all’amico di sempre Honoré de Balzac. Era il giugno 1832, da quattro mesi a Parigi e a Marsiglia la malattia aveva ucciso migliaia di persone e ridotto alla fame le classi popolari, l’esecutivo monarchico non riesce a fermare il contagio, i medici sono sopraffatti da un morbo che non conoscono. All’inizio le autorità non avevano preso sul serio l’allarme, la malattia era apparsa in India e nessuno credeva che avrebbe raggiunto l’Europa. Alla fine si conteranno oltre centomila vittime. Sono soprattutto i quartieri poveri a venire colpiti con più ferocia, al punto che si sparge la voce che sia stato proprio il governo ad avvelenarli. Nella capitale scoppia una rivolta guidata da dissidenti orleanisti, repubblicani e pezzi di popolo. La città è in stato d’assedio ma durerà appena una 24 ore, repressa nel sangue dalle truppe del maresciallo Mouton che uccideranno quasi un migliaio di insorti. L’insurrezione è raccontata da Victor Hugo nei Miserabili attraverso gli occhi di Gavroche, il ragazzino di strada che muore nelle barricate della rue Chanvrerie, archetipo del monello parigino e simbolo dell’eroismo popolare. Aveva scavalcato una piccola trincea per aiutare i compagni e viene trafitto dai fucilieri dell’esercito. Come raccontò lo stesso Hugo, la commovente figura di Gavroche era stata ispirata da un celebre dipinto del pittore romantico Eugène Delacroix, La libertà guida il popolo. Una tela allegorica che rappresenta un’altra rivoluzione, quella del 1830, che pose fine al regno di Carlo X, scacciando per sempre la monarchia borbonica dal trono di Francia e inaugurando l’epoca di Luigi Filippo d’Orléans. Accanto alla Marianne seminuda che spinge i rivoltosi alla battaglia, un ragazzino con il tipico berretto dell’epoca, il bonnet o caschetto irlandese, impugna due pistole: rappresenta la gioventù e la sua voglia di vivere in libertà, il coraggio di mettere la testa fuori dai bassifondi ( i ghetti diremmo oggi) anche a costo della propria vita. Non sappiamo se anche la copertina della rivista Usa Rolling Stones, dedicata alle rivolte provocate dall’uccisione di George Floyd a da parte di un poliziotto razzista, sia una citazione esplicita della tela di Delacroix, probabilmente no, è solo una coincidenza. Una coincidenza impressionante che mostra però quanto certe rappresentazioni siano radicate nell’inconscio collettivo. La donna afroamericana che guida la manifestazione del movimento “black lives matter” è anch’essa affiancata da un ragazzino nemmeno adolescente, non impugna armi, solo un pugno teso verso il cielo. Ma dietro di loro c’è ancora il popolo e il suo eterno ritorno anche se in altre forme, sono i neri delle periferie d’oltreoceano che si ribellano contro il razzismo strisciante di un Paese che non ha fatto ancora i conti con le pagine più buie sua storia. E contro un presidente che fa di quella frattura un fondo di commercio per la sua propaganda. Oggi Gavroche è uscito dagli arrondissement di Parigi e abita anche a Minneapolis, a Chicago, a Los Angeles e Baltimora e in tutti i ghetti americani ( e non solo). E la sua vita «conta» come gridano i manifestantiche da settimane contestano lo Stato di polizia e la macchina giudiziaria statunitense. Le pandemie e i conflitti sociali sono un binomio indissolubile nella Storia, le prime creano sofferenza e rabbia con un climax ricorrente: la negligenza delle autorità, l’impotenza dei medici, l’esasperazione dei cittadini e la repressione del dissenso. Le seconde esplodono all’improvviso, alimentate dal caos e dalla paura, ma sostanziate dalle disuguaglianze sociali e politiche. A duecento anni di distanza la dialettica dominanti- dominati è sempre la stessa e in fondo il conflitto nato negli Statri Uniti non sorprende affatto. Stupisce però il legame simbolico, persino allegorico che lega rivolte lontane due secoli, come se la Storia volesse riproporsi uguale a se stessa a partire dalle sue rappresentazioni. Dopo l’insurrezione del 1832 ai francesi ci vollero 16 anni per cacciare la monarchia e instaurare la Seconda repubblica con la Rivoluzione del 1848. Ai neri d’America basterà molto meno.