La periferia parigina è oggi la chiave di lettura del voto francese. Per rendersene conto basta uscire della linea 2 del metro, fermata Saint Denis Porte de Paris e confrontarsi con il comune di Saint Denis che sorge in un dipartimento di oltre di 100mila abitanti, tipica banlieue multiculturale e multietnica, crogiuolo di persone dall’origine straniera, per lo più nordafricana, storico feudo della sinistra francese che lì non poteva che trovare l’humus di riferimento giacché dimora di operai e disoccupati.

Strade abbastanza anonime, sullo sfondo si intersecano raccordi e uscite autostradali, locali che definire modesti è eufemistico a contatto con ristoranti ben tenuti e con clientela da settore terziario in abiti professionali. Bar poco frequentati con i volti e le espressioni stanche di alcuni pensionati prodighi a commentare la giornata alternando parole a sorsi di bevande zuccherate con i giornali non aperti poggiati sul tavolo. Si ferma il tram e ne segue un via vai insolito di muratori, elemosinanti, donne velate dallo sguardo diffidente con bambini e spesa al seguito che si intersecano nella via principale con le signore francesi che praticano il jogging; e ancora la dipendente dello studio legale che corre perché in ritardo e frettolosamente si dichiara sostenitrice di Macron o i professionisti del laboratorio di analisi del quartiere che si danno il cambio.

Una realtà composita, eterogenea, conflittuale, che spesso ha reso la zona teatro di scontri per esempio nel 2005 quando scoppiò la famosa “rivolta delle banlieue”.

Questo comune, questa periferia, è il perfetto esempio dell’indecisione, della confusione e della eterogeneità del voto di domenica per il primo turno delle presidenziali mai come questa volta dagli esiti incerti data la so- stanziale vicinanza tra i quattro candidati principali - così come riportano i sondaggi. Una periferia dove all’operaio immigrato di prima generazione che non ha diritto di voto ma che invita gli altri più giovani a disertare le urne si accostano l’ingegnere adulto di origine algerina o l’esperto contabile libanese, indecisi tra Fillon e Macron perché più “credibili” come governanti e con programmi meno irrealizzabili delle “estreme” di Melenchon e Le Pen. Proprio perché capable de gouverner il barbiere Kamboré e la sua copiosa clientela tutta di confessione islamica e origine per lo più congolese - algerina voterebbe Fillon, la droite. In questa tornata elettorale i francesi di adozione con diritto di voto si schierano nettamente nei confronti di candidati “moderati” con programmi, a loro dire, più concreti e meno aleatori. Diverso per i francesi di origine straniera ma europea, come la polacca Amondine; i suoi nonni fuggirono a Paris durante la guerra, infermiera come la madre e figlia di operaio, che nonostante per valori e tradizione di destra voterá Mélenchon perché « l’humanité d’abord », dice mutuando uno slogan del candidato della sinistra radicale.

All’università e nei licei di Saint Denis invece all’apatia e la volontà più diffusa di disertare le urne, si contrappongono diverse sensibilità di voto. I giovani immigrati- francesi di terza generazione come Ousman di origine libanese sostengono Macron perché più pragmatico e più sensibile al tema dell’immigrazione, mentre i figli del proletariato francese bianco che si è insediato inell’hinterland della capitale negli anni ‘ 70/’ 80 sposano la candidata del Front National Marine Le Pen perché saturi dei continui scontri, dell’assenza di sicurezza come nel marzo scorso quando proprio la loro scuola, il Licée Suger, diventava bersaglio di lanci di pietre e molotov da parte di bande criminali composte per lo più da ' etranger' che imperversano nella zona.

Al netto di estremizzazioni ed episodi fuori dall’ordinario si respira tutto sommato un’aria di normalità, evidentemente l’abitudine del quotidiano ottunde le diversità offrendo al paragone la banlieue con le altre realtà periferiche d’Europa, siti marginali, dimenticati dove si intrecciano disoccupazione e immigrazione, con tutto ciò che ne consegue in termini di rispetto delle regole.

Alle ultime presidenziali le percentuali dell’intero dipartimento hanno visto primeggiare il Partito socialista di Hollande consegnando importanti consensi all’antisistema Melenchon e all’ex presidente, il postgollista Nicolas Sarkozy. Il Front National invece prese all’incirca il 14% dei consensi al primo turno. Adesso qualsiasi risultato sembra ipotizzabile ma i cittadini francesi, di origine nord africana e di confessione islamica, pare decidano all’insegna di un unico principio, di un’unica filosofia: il pragmatismo, post ideologico e attuale, legato alle contingenze.

Il ritratto di una periferia che diventa universalmente la Francia in ogni sua piaga e contraddizione, così é nella realtà, così quasi sicuramente sarà nelle urne.