Marco Zanni, presidente del gruppo Id al Parlamento europeo e vicinissimo a Matteo Salvini, lancia un messaggio ai Popolari spiegando che «chi dice mai con Le Pen commette un errore molto grave, anzi distorce il processo democratico» e definisce la presenza della leader francese domenica a Pontida come «un messaggio politico». I Républicains e Forza Italia, spiega, «non se la passano bene» e per questo «non ha senso dire di no in maniera pregiudiziale alla Le Pen, la quale ha evoluto molto il suo pensiero politico negli ultimi anni costruendo una classe dirigente che prima non aveva». E sul ruolo del commissario Gentiloni è netto: «Qualche giorno fa è stato alla festa dell’Unità a parlar male del governo italiano - sottolinea - quindi le critiche non arrivano a caso».

Presidente Zanni, perché ha definito «assurde» le parole del capogruppo del Ppe Manfred Weber che ha riproposto l’alleanza con Socialisti e Liberali per la prossima legislatura a Bruxelles?

Credo che occorra partire da un dato di fatto chiaro. E cioè che il Ppe è il gruppo che ha perso di più in termini di voti e partecipazione ai vari governi dei paesi europei in questi ultimi anni. Una buona parte della responsabilità di questo declino stia nello snaturamento delle politiche che avevano caratterizzato il Ppe nei decenni passati. E cioè è dovuto all’alleata innaturale coi socialisti e credo che il messaggio degli elettori sia chiaro. Per questo ci sembra incomprensibile che il Ppe, che fil primo danneggiato da questa situazione, si incaponita in un’alleanza che lo ha visto sconfitto.

Si può ritenere «sconfitta» una famiglia politica che esprime la presidente della Commissione e la presidente del Parlamento europeo?

È la storia di questa legislatura a dimostrare che il Ppe ne esce sconfitto, basti pensare al Green deal in cui molti elettori, associazioni e stakeholder vicini al Ppe non hanno creduto ma Weber ha voluto lo stesso inseguire Verdi e Socialisti. Non solo ha perso, ma non è riuscito a portare al tavolo le istanze del suo elettorato, pur essendo il primo gruppo al Parlamento. Insomma non riusciamo proprio a capire la chiusura rispetto al tentativo di fare un’alleanza più omogenea con gruppi che già oggi formano una maggioranza alternativa su molti temi.

E dunque cosa proponete?

Vogliamo scardinare una maggioranza fallimentare all’interno delle istituzioni europee che ha reso l’Europa sempre più divisa e meno protagonista negli scenari mondiali, la nostra economia sempre più asfittica, i cittadini europei sempre più poveri e le imprese sempre meno capaci di competere a livello internazionale. Per questo vogliamo esportare un modello positivo che in Italia funziona, cioè quello di un centrodestra che governa bene, pur con delle differenze anche sostanziali su alcuni punti ma capace di trovare sempre una sintesi.

Pur sapendo tuttavia che in Europa non ci sono i numeri per riproporre l’alleanza che ha appena descritto: come se ne esce?

Il tema dei numeri è fondamentale. Ma proprio per questo noi non mettiamo veti preventivi contro nessuno e siamo disposti a dialogare con tutti. È vero che oggi i numeri non permettono la maggioranza che vorremmo, ma nel 2024 speriamo che ci si avvicini. Detto questo, per noi il punto non è porre veti ma avere voti, attraverso un programma di discontinuità con un’azione che consideriamo fallimentare, cioè quella di von der Leyen e Timmermans. E chiediamo lo stesso ai nostri alleati. Il Ppe vuole continuare a prendere schiaffoni e inseguire temi che non fanno parte della sua cultura oppure no? Chi dice mai con Le Pen commette un errore molto grave, anzi direi che distorce il processo democratico, visto che i cosiddetti sovranisti sono stati dati più volte per morti ma continuano a prendere voti.

Sta di fatto che il Ppe dice no, compreso il vostro alleato in Italia, il segretario di Forza Italia Antonio Tajani.

Se noi in base alle stime sommiamo i consensi di Ecr, Id e qualche non iscritto, otterremo il primo gruppo all’interno del Parlamento europeo. Ciò significa che la domanda non manca ma sta a noi dar vita a un’offerta concreta, cioè un governo alternativo in Europa. Se il Ppe vuole stare ancora coi socialisti, auguri, ma sappiano che un bis di von der Leyen non sarebbe accolto con favore da molti degli stessi dirigenti dei popolari, anche se ovviamente in pubblico non possono dirsi contrari.

Il no più forte, oltre a quello nei confronti di Afd, è verso Marine Le Pen, che domenica sarà sul palco della Lega a Pontida: è un messaggio al Ppe?

Che la Lega stia con Le Pen è chiaro e Salvini l’ha ribadito più volte. Quello con le Pen è un rapporto che va oltre la politica e certamente vogliamo dare un messaggio politico. Sarà de facto un’apertura ufficiale della nostra campagna elettorale per le Europee, e la apriamo con un alleato significativo che oggi rappresenta il primo partito di Francia. Il messaggio che vogliamo dare è che per avere un grande gruppo a Strasburgo non si può prescindere da delegazioni forti nei grandi paesi. Oggi il Ppe, al di là della delegazione tedesca, non avrà molte delegazioni forti nei grandi paesi. I Républicains e Forza Italia non se la passano bene e per questo non ha senso dire di no in maniera pregiudiziale a Le Pen, la quale ha evoluto molto il suo pensiero politico negli ultimi anni costruendo una classe dirigente che prima non aveva.

Nei prossimi mesi in Italia si parlerà di manovra e in Europa di riforma del Patto di Stabilità: qual è la posizione della Lega e del gruppo Id?

La congiuntura economica è negativa, non solo per l’Italia, per l’Eurozona e l’Europa ma per il mondo, anche se il nostro paese che l’anno prossimo crescerà comunque più dei paesi dell’Eurozona. Dovremo fare i conti con questa situazione e faremo una manovra prudente sui conti senza lasciare indietro alcune necessità prioritarie come il fisco, il taglio delle tasse per le fasce deboli, le pensioni minime e la sanità. Sulla riforma del Patto di stabilità credo che l’Europa debba darsi una svegliata perché tornare al vecchio impianto di austerità darebbe la mazzata finale a un’economia che già oggi fa molta fatica. È vero che oggi sulla spesa per investimenti abbiamo più flessibilità dall’Europa, ma è inutile costruire ospedali e scuole se poi abbiamo limiti sulla spesa corrente, cioè se non possiamo pagare insegnanti e medici.

Di tutto questo si occuperà il commissario Gentiloni, che avete molto criticato: davvero pensate che lavori «con la maglietta di un’altra nazionale», come ha detto Salvini?

Io sono qui da dieci anni e i commissari europei sono dei politici. Sono, nella maggior parte dei casi, affiliati a dei partiti e in campagna elettorale fanno politica. Gentiloni qualche giorno fa è stato alla festa dell’Unità a parlar male del governo italiano, quindi queste critiche non arrivano a caso. Il governo ha voluto richiamare l’attenzione alla terzietà della commissione e di un commissario italiano che comunque rappresenta la sua parte politica. Gli chiediamo di comportarsi in maniera corretta e non contro gli interessi del proprio paese.