La riapertura del Paese ha coinciso con l'imporsi di una dialettica politica che va al di là delle solite baruffe quotidiane. Con il capo dello Stato che con la consueta lungimiranza ha rivolto un appello che solo un osservatore distratto potrebbe definire abituale o dovuto, o retorico: perché il richiamo, diciamo così, a un nuovo tipo di unità - unità morale - certo non affronta la questione di una nuova maggioranza di governo ma obiettivamente segnala la necessità di creare un nuovo clima politico. La difficoltà è in sé stessa, però: come si può determinare un clima unitario nel momento in cui si esclude, da parte di tutti, la possibilità di un governo di unità nazionale? In cosa dovrebbe concretizzarsi, questa unità, mentre ogni giorno il fossato fra maggioranza e opposizione si allarga sempre più, come si è plasticamente visto sentito alla manifestazione della destra del 2 giugno? Eppure Nicola Zingaretti sembra aver intravisto nelle parole del Presidente della Repubblica qualche spazio per svelenire il clima con una parte almeno dellopposizione. E ha visto bene. Infatti ladesione di Silvio Berlusconi allappello di Sergio Mattarella ( e di Ignazio Visco, con in più una non casuale citazione proprio del segretario del Pd) è un fatto nuovo che potenzialmente ê in grado di aprire, nei modi e nei tempi che la politica deciderà, una fase diversa. Qui tuttavia si apre per il Pd un problema strategico, sin qui sempre eluso in nome di una declinazione inedita di quella che un tempo si definiva governabilità. Il problema, di difficile soluzione, sta qui: il Pd considera immutabili il quadro politico presente, il governo Conte, lalleanza con i Cinque Stelle; o può lavorare, pur dentro questo quadro, per qualcosa di diverso, più nazionale, di maggior respiro? Finora lo schema è stato il primo, con la blindatura ermetica del governo e del suo presidente del Consiglio e la coltivazione dellasse con il partito di Vito Crimi. A questa linea si è attenuto, e con particolare insistenza, Dario Franceschini, spintosi fino a evocare unintesa permanente con il Movimento, forse anche volendo costruire un contesto favorevole per una sua eventuale ascesa a Palazzo Chigi o addirittura al Colle. È un modello secco, che chiude a destra e raccoglie la nuova tendenza più spostata a sinistra del gruppo dirigente del Nazareno, da Andrea Orlando a Peppe Provenzano, e che non si è capito bene quanto sia condivisa dal segretario che, ricordiamolo, è fra i meno filogrillini del Pd. Qualcosa di nuovo è venuto ieri da Omnibus dove il maestro di Zingaretti, Goffredo Bettini, ha osservato che quello che ha fatto sinora Conte ' non basta più' e che per avere una nuova strategia serve altro. Non un altro premier ma forse con un rimpasto, un nuovo programma. È un mezzo scrollone, che segnala che il vertice del Pd intende muoversi. Sarebbe una notizia. L'altra novità, come detto, è la disponibilità di Silvio Berlusconi, con la lettera al Corriere della Sera una lettera molto lettiana, nel senso di Gianni Letta - a concorrere al clima unitario evocato da Mattarella e salutato con favore da Zingaretti. Una lettera che per il momento non autorizza affatto la previsione di un ingresso di Forza Italia nella maggioranza ma che potrebbe inaugurare una fase di intesa parlamentare. Ma cè da chiedersi come reagiranno i grillini dinanzi alla mossa del Cavaliere. E soprattutto se gli uomini forti del governo, da Conte a Franceschini, vivranno con ansia una sortita come quella berlusconiana che impatta su un fragile equilibrio di governo, poiché altre volte si sono viste della caute aperture deflagrare come un uragano quando un governo è debole. Insomma, è da pensare che lesortazione del capo dello Stato all unità morale sia stata elevata avendo in testa un certo processo politico. Zingaretti ha dato un segno di attenzione, Berlusconi si è inserito. La maggioranza non muta ma può cambiare il clima. Qualcuno ostacolerà questa evenienza? Oppure siamo alla vigilia di novità politiche concrete? Tutto dipenderà dagli attori della commedia, se vorranno cambiare copione e interpretare nuovi ruoli. O restare alle solite baruffe.