Nel dicembre del 2016 Matteo Renzi era in difficoltà. Aveva perduto il referendum per la riforma costituzionale e aveva lasciato la presidenza del Consiglio. Restava però il capo del suo partito, e quindi del centrosinistra, e i sondaggi davano il Pd tra il 28 e il 35 per cento, stabilmente primo partito con un discreto vantaggio sui 5 Stelle. A fine dicembre esplose il caso Consip. A febbraio nel caso Consip fu coinvolto il padre di Renzi: Tiziano. Il caso Consip partiva dalla Procura di Napoli e finché non arrivò a Roma fu montato attraverso i giornali, ai quali venivano forniti tutti i documenti riservati e le ipotesi di indagine.

Iniziò il Fatto Quotidiano, con un buon numero di scoop. Politica, stampa, giustizia: tre domande ( forse) inutili

Diede anche notizia di alcune informative preparate dal capitano dei carabinieri Scafarto, che poi risultarono false e che lasciavano capire che Renzi, da Presidente del Consiglio, si era interessato degli affari di Consip, o direttamente o attraverso suo padre, per favorire l’imprenditore napoletano Romeo.

Il Fatto fu seguito a ruota da molti altri giornali. Quelli che in genere sprezzantemente - Il Fatto chiama “Giornaloni”. Vennero pubblicate intercettazioni vietatissime.

Quelle dei colloqui tra Matteo Renzi e suo padre, e soprattutto quelle tra il padre di Renzi e il suo avvocato (questa circostanza ha pochissimi precedenti nei paesi democratici). Ieri si è saputo che la Procura ha chiesto l’archiviazione per il padre di Renzi. Non c’entra niente. Nessun reato.

Oggi, però, Renzi non è più capo del Pd, è stato travolto. E’ stato travolto, in gran parte, proprio per via dello scandalo Consip. Cioè: per la campagna di stampa. Il Pd ha anche perso molti voti. In poco più di un anno quasi la metà del suo elettorato. La caduta del Pd in gran parte è stata causata dalla perdita di credibilità di Renzi. Il caso Consip ha fatto la parte del leone in questa vicenda.

E’ la lotta politica, bellezza, direbbe Humphrey Bogart.

Tanto di cappello al Fatto Quotidiano che è riuscito, sul niente - grazie anche all’aiuto di qualche infiltrato nella Procura di Napoli che gli ha fornito le notizie, quelle vere e quelle false - a costruire una campagna di stampa gigantesca, la miglior campagna di stampa - se giudicata sulla base dei risultati - dagli anni cinquanta.

Per trovare un precedente forse bisogna tornare al famoso affare Montesi, che appunto è del 1953- 54, quando uno scandalo - che riguardava la morte di una ragazza: Wilma Montesi - travolse il successore di De Gasperi, Attilio Piccioni.

Quella volta lo schema familiare era invertito: il padre fu colpito attraverso il figlio, Piero, musicista di prestigio, che fu accusato di aver partecipato a un festino a Torvaianica nel corso del quale sarebbe morta la giovane Montesi. Tutto falso. nel senso che Piero Piccioni non era a nessun festino e che non c’entrava assolutamente niente con la morte di Wilma. Ma ci volle qualche anno per stabilirlo, e intanto Piero si era fatto un po’ di prigione e Attilio era scomparso dalla vita politica. Per sempre.

Ripartiamo da qui. Per porci solo tre domande.

Prima domanda: nella lotta politica quel che conta è il risultato, e i mezzi non sono censurabili mai, anche quando i mezzi sono la menzogna e l’uso illegale delle fonti?

Seconda domanda: il giornalismo migliore è quello che mette al primo posto il risultato politico e al risultato politico subordina l’informazione e la verità?

Terza domanda: la macchina della giustizia funziona meglio se rinuncia alla riservatezza e usa la fuga delle notizie per avere i giornali amici e dunque più possibilità di riuscire?

Ho posto queste domande in modo fazioso, me ne rendo conto, sollecitando le risposte che vorrei. Si fa sempre così. Però provate a prendere sul serio le domande, perché può anche darsi che in molti, forse la maggioranza, vogliano dare a queste domande una risposta realistica, cioè tre sì: sì, la lotta politica non guarda ai mezzi; sì, il giornalismo vero è solo quello vincente; sì, la magistratura deve saper usare la stampa.

Io resto aggrappato alla speranza che non sia per tutti così. Una speranza sottile sottile.