Adesso che l’Appendino ha tirato in ballo il Questore, è giusto dire che sul palcoscenico della saga civica a Cinquestelle i personaggi ci sono tutti: amministratori, magistrati, poliziotti. In platea restano, invece, i cittadini: qualcuno sempre più smarrito. Hanno votato i grillini in alcune delle città più importanti del Paese in segno di protesta certo, ma anche e soprattutto perché sognavano una svolta vera. Volevano balzare dalle stalle alle stelle, nel senso letterale della parola. Invece le stelle rischiano di andare in caduta libera e le stalle - intese come sicurezza pubblica, immondizia tanto immota quanto perenne, roditori che attaccano le signore ai tavolini dei ristoranti, dossier che si accumulano sulle scrivanie dei giudici, quartieri centrali, centralissimi che al calar della sera si trasfor-mano in praterie per scorribande varie - crescono e si espandono.

Però, come dice Grillo, è questione di “percezione”: basta pazientare, «tra un anno # Roma rinasce», e se c’è perfino l’hashtag c’è da credergli. Solo una domanda: ma è davvero un caso se nella recentissima tornata amministrativa i Pentastellati hanno preso una sonora legnata e, tranne un recupero in extremis ad Asti, sono fuori da tutti i ballottatti nei capoluoghi?

In attesa che il rinascimento sabaudo- romano si compia, lascia interdetti che le due clamorose e travolgenti vittorie di appena un anno fa, che tanto colpirono l’immaginario collettivo e mediatico anche fuori Italia e che sembravano preludere alle magnifiche sorti e progressive di una marcia trionfale verso palazzo Chigi, si sono trasformate più o meno contemporaneamnte in una via crucis dagli esiti incerti e tormentati. La Raggi pare avviata a finire sotto processo; l’Appendino è inciampata nel fuggi- fuggi davanti al maxi schermo per la finale di Champions che ha provocato un morto e oltre 1500 feriti: una vicenda imprevedibile e sulla quale ha poche responsabilità ( però qualcuna sì e sarebbe stato meglio ammetterle subito). Il punto è che da quel momento l’amministrazione della Mole ha come perso la bussola, si è infilata in un tunnel di manchevolezze e rimpalli di responsabilità fino a far esplodere il bubbone dell’ordine pubblico cittadino. Che evidentemente covava e a cui il sorridente volto del sindaco aveva fatto da schermo.

Meglio dirlo subito: in nessun caso le difficoltà dei sindaci delle due città espugnate possono cancellare gli errori delle giunte precedenti. Se i cittadini si sono rivolti ai Cinquestelle è perchè hanno voluto esprimere una condanna netta e senza appello verso chi li aveva governati fino a quel momento. E in questo vanno rispettati, non certo accusati. Come pure è evidente che chi, come la Raggi, si è assicurata il 67 per cento dei consensi, ha il sacrosanto diritto di arrivare fino in fondo e di governare per tutta la durata del mandato. Però quegli stessi cittadini hanno anche il diritto di chiedersi e chiedere a chi li amministra cosa succede di qui alle prossime elezioni comunali. E dove e in che direzione i loro primi cittadini li stanno portando.

In molti, con quel pizzico di strumentalità che è parte ineliminabile della lotta politica, spiegano che il ricorso alle categorie della buona fede, dell’onesta e della probità a cui Raggi ( di più) e Appendino ( di meno) fanno ricorso a mani basse, non possono assolvere dalla mancanza di capacità, competenza e conoscenza che i sindaci grillini più vanno avanti e più manifestano. Vero. Però le due categorie non sono fungibili. La scelta non può essere tra un sindaco onesto ma incapace e un altro manovriero però abile. Le due cose devono andare di pari passo: l’una senza l’altra provoca disastri. Al tempo stesso, insistere sul fatto che poiché i problemi sono grandi ci vuole tempo per risolverli, è atto consolatorio che lascia, appunto, il tempo che trova. Che i problemi delle grandi città italiane siano enormi è noto: però chi si candida a governarle deve produrre soluzioni, non piagnistei. L’inesperienza è come l’ignoranza delle leggi: non è ammessa; quando si manifesta non è una scusante bensì un’aggravante. Tanto più se si maneggiano beni fondamentali come servizi essenziali per i cittadini. A ben vedere, ciò che sconcerta di più nelle due città governate dai Cinquestelle è la mancanza di una progettualità percorribile e concretamente verificabile. E se a Torino si assiste all’ennesima variante dell’eterno gioco italiano dello scaricabarile, a Roma si getta il cuore oltre l’ostacolo con progetti così faraonici da apparire inverosimili. Il risultato, almeno allo stato attuale, è che - mettendo tra parentesi le funivie in attesa dei bus che camminano senza conducente su percorsi prestabiliti, ce ne sono parecchi di mezzi Atac che senza autista lo sono già. Peccato però che stanno fermi perché mancano i pezzi di ricambio o l’aria condizionata.

Nessuno può sostenere che i risultati delle due principali amministrazioni in mano ai grillini si riflettano automaticamente sui consensi che i Cinquestelle possono ottenere a livello nazionale. Al tempo stesso nessuno è autorizzato a mettere la polvere sotto il tappeto e ritenere che quel che accade a Torino e Roma sia di secondaria importanza e non lasci strascichi e scorie polemiche.