Mettiamoli in fila in ordine alfabetico: Alemanno, Bertolaso, Capua, Cota, De Luca, Errani, Marino, Penati, Podestà. Sono i personaggi pubblici assolti nelle ultime settimane, spesso dopo aver sopportato la gogna mediatica per mesi e mesi ed esser stati scacciati dalla vita politica. A questi possiamo aggiungere una serie di consiglieri regionali scagionati un po' in tutta Italia nelle inchieste sui rimborsi, e poi le 116 richieste di archiviazione per Mafia Capitale e la caduta dell'accusa di associazione mafiosa in due processi collegati.Che cosa sta succedendo ai Pubblici ministeri italiani e al circo mediatico a loro connesso? Una sconfessione di massa, che passa dai giudici ai giornalisti ai politici? Crediamo di no. Riteniamo piuttosto che si stiano intrecciando due fenomeni uguali e contrari, impensabili ai tempi delle inchieste di "Tangentopoli".Il primo non riguarda certo la nobiltà della politica, e neanche dell'informazione. E' quello dei due pesi e delle due misure, quello che ha consentito al premier Matteo Renzi di tenersi sempre al fianco un pluriprocessato come il presidente della Campania De Luca e quello che fa dire oggi al campione delle manette Marco Travaglio che non bisogna demonizzare chi abbia ricevuto un'informazione (che tutti chiamano "avviso", quasi fosse un'intimidazione) di garanzia. Naturalmente non occorre avere una memoria da elefante per ricordare che proprio nello stesso giorno in cui veniva assolto l'ex governatore del Piemonte Roberto Cota, Renzi lo aveva deriso pubblicamente per le inesistenti mutande verdi. E neanche che lo stesso partito di cui Renzi è segretario aveva cancellato dall'elenco degli iscritti l'ex presidente della provincia di Milano Filippo Penati, indagato a Monza. E neppure che Travaglio ha deposto per un attimo le sue manette d'ordinanza solo quando qualche magistrato ha cominciato a mettere gli occhi sui suoi amici pentastellati (a proposito, scommettiamo che le indagini sull'assessore Muraro prima o poi finiranno in niente?).Ma tutto questo non spiegherebbe il perché delle assoluzioni. E qui inizia il secondo "fenomeno" (appunto: uguale e contrario al primo): i giudici si sono svegliati all'improvviso e hanno scoperto che non tutti i politici sono corrotti e che non tutto è mafia? Probabilmente no, i giudici più o meno fanno il loro dovere come prima, in gran parte lontano dai riflettori e dalla tentazione della vanità. E' che si sta un po' sgretolando la corazzata del circo mediatico-giudiziario, quel meccanismo circolare per cui alcuni Pm orientano la stampa e alcuni organi di informazione riescono a indirizzare l'accusa. Quando sono saltate fuori alcune telefonate dell'assessore Muraro che erano già state giudicate irrilevanti, chi ha orientato chi?Ma c'è un po' di voglia di normalità, forse, nel paese, se il ministro guardasigilli Orlando dice che non bisogna strumentalizzare le inchieste giudiziarie (ma non è il suo partito quello che non appena perde le elezioni chiede aiuto ai magistrati presentando esposti contro i vincenti, come ha fatto a Parma e a Roma?) e il vicepresidente del Csm Legnini ricorda che il Pm è obbligato a svolgere anche le indagini a favore dell'indagato. Se lui conosce qualche caso in cui ciò sia accaduto nelle inchieste sui politici, ce lo segnali, per favore. Noi ricordiamo solo le discutibilissime indagini dell'ex procuratore di Milano Gerardo D'Ambrosio in favore di Greganti, il militante comunista di "Mani Pulite".Normalità e professionalità, di questo c'è bisogno, e forse anche voglia. Mai era accaduto che fosse data tanta evidenza mediatica come per le assoluzioni di Marino e Cota. In genere i titoloni erano riservati agli arresti e all'accusa, con implicito schieramento con i Pm. Cui oggi una sola cosa va chiesta. Non l'inutile "ma i magistrati non pagano mai"? Tanto è così e una vera legge che faccia giustizia ancora non c'è. Ma di tenere in conto del fatto che in questo paese ci sono anche i giudici. E forse - Cazzullo permettendo... - anche i giornalisti.