I quesiti referendari presentati da Lega e Radicali potrebbero rivoluzionare il ruolo ed il peso dell’avvocatura. Tra le proposte vi è quella riguardante la possibilità per gli avvocati di effettuare le valutazioni di professionalità dei magistrati attraverso il rafforzamento del loro ruolo nei Consigli giudiziari. Dunque, una competenza non solo in merito alle tabelle e alla vigilanza degli uffici, ma un protagonismo ed una partecipazione maggiori nella giustizia. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Corrado Limentani, componente dall’ottobre scorso del Consiglio giudiziario presso la Corte di appello di Milano. Il penalista milanese ha fatto parte del Consiglio dell’Ordine del capoluogo lombardo dal 2008 al 2019 e del direttivo della Camera penale di Milano dal 2002 al 2008. Avvocato Limentani, il referendum potrebbe accrescere l’autorevolezza degli avvocati nei Consigli giudiziari. Qualcuno sta però storcendo il naso? I referendum proposti da Lega e Radicali hanno prima di tutto il merito di far conoscere cosa sono e che competenze hanno i Consigli giudiziari, poco conosciuti anche tra gli avvocati. I magistrati li conoscono bene in quanto una delle funzioni principali di questo organismo consiste nel predisporre ogni quattro anni le valutazioni di professionalità dei giudici, in tema di capacità, laboriosità, diligenza ed impegno. Appare di indubbia utilità, anzi è irrinunciabile, il punto di vista della componente forense sulle valutazioni di professionalità dei giudici che diversamente sono oggi affidate solo ai capi degli uffici e alle autorelazioni dei magistrati stessi con pareri, spesso, caratterizzati da termini superlativi ed aggettivazioni ridondanti di fatto poco utili anche poi da chi, mi riferisco al Csm, deve dare il parere conclusivo o decidere sugli incarichi direttivi. Il ruolo dei laici non è quindi quello di togliersi sassolini dalle scarpe e bacchettare questo o quel magistrato, ma dare un contributo ad una valutazione che tenga conto di ogni punto di vista, quello del Foro compreso. La presenza degli avvocati nei Consigli giudiziari avviene con il diritto di tribuna…  Esatto. In alcuni distretti è concesso agli avvocati il cosiddetto diritto di tribuna e cioè la facoltà di assistere alla riunione, ma non di parlare e tanto meno votare. Sono quasi sei mesi che faccio parte di questo organismo, ma non riesco a comprendere quali siano le ragioni di una situazione che è tanto ingiustificata, quanto mortificante. Secondo la magistratura associata la partecipazione degli avvocati alla “ristretta” determinerebbe un gravevulnus all’indipendenza e alla serenità di giudizio dei magistrati nel quotidiano esercizio della giurisdizione e, in secondo luogo, difetterebbero condizioni reciprocità in quanto non sarebbe prevista una analoga presenza dei magistrati in seno ai Consigli dell’ordine. L’Anm sostiene che non si può fare un parallelismo con il Csm ove gli avvocati votano, ma non possono rimanere iscritti all’Albo professionale evitando così il rischio di incompatibilità. Parliamo di avvocati che esprimono valutazioni su magistrati davanti a cui possono esercitare attività defensionale. Sono, a mio avviso, obiezioni inconsistenti. Gli avvocati vengono elevati ancora di più a garanti della democrazia? È da salutare favorevolmente il quesito referendario proposto da Lega e Radicali, che propone di abolire la dicotomia ordinari/ ristretta, non solo perché pone all’attenzione della pubblica opinione una questione poco nota, ma, come detto, assai rilevante soprattutto in un momento storico in cui la magistratura deve recuperare trasparenza e credibilità. Tutto ciò altresì nella consapevolezza ed auspicio che la politica, sotto la spinta e l’impulso delle iniziative referendarie, possa trovare una soluzione condivisa nella più naturale sede parlamentare. Rimane assai incerto quale possa essere l’appeal sulla cittadinanza di referendum su questioni spesso improntate ad un tecnicismo di non immediata comprensione e in un momento storico così difficile e complesso. Le riforme ed il dibattitto in corso sono le tappe per giungere all’inserimento dell’avvocato in Costituzione? L’approvazione delle modifiche normative propugnate dai referendum sembrano andare proprio nella direzione di contribuire a rafforzare la consapevolezza del ruolo pubblicistico dell’avvocato, pur nella consapevolezza della natura libera della professione forense. Si tratta di un principio che deve essere affermato nella Carta Fondamentale, come ormai da più parti si auspica.