C’è il Sì straconvinto di Stefano Ceccanti, Andrea Romano e altri pasdaran. c'è il sì di opportunità, per non far male al governo e al rapporto con il M5S, un sì tiepido, della segreteria del Pd. Ci sono i dubbi diGoffredo Bettini. E c'è il no rotondo di Giorgio Gori, Tommaso Nannicini, Matteo Orfini, a cui si è aggiunto ieri il circostanziatissimo no di Gianni Cuperlo ( quasi 30 minuti su Youtube), a saldare per una volta sinistra e destra del partito. Cuperlo è stato però netto: «Questo taglio dei parlamentari con la cesoia è una ferita alla Costituzione».

Il tutto nel contesto di una discussione più di fondo che riguarda l'alleanza ( se strategica oppure meramente tattica) con i grillini e più in generale sulla natura del Pd in questa fase politica.

Da quest'ultimo punto di vista il lungo articolo di Lorenzo Guerini, ministro dellaDifesa nonché leader della corrente di maggioranza ' Base riformista' ha riaperto la discussione. Perché, a differenza di Franceschini e Bettini, il ministro derubrica il rapporto con Di Maio da alleanza strategica a puro fatto tattico, nemmeno facendo menzione del referendum che evidentemente per lui non ha una particolare importanza: un silenzio eloquente.

Dunque, qualcosa di serio si muove nelle acque sin qui abbastanza stagnanti del Nazareno. fino a un mese fa non era così. Ma sul sì a un referendum ( peraltro mai deciso in nessuna sede di partito) si sono addensate talmente tante inquietudini per non fare breccia anche nella maggioranza del segretario, e troppi sono stati, soprattutto all'esterno ma, diciamo così, «nei pressi» del Pd, le dichiarazioni di voto per un no a un referendum su una riforma giudicata quantomeno improvvisata e un pò tanto demagogica.

Al punto che bettini e lo stesso Zingaretti avevano alluso a «problemi per la democrazia» se al taglio dei parlamentari non si fossero accompagnati quei correttivi di cui però non si vede l'ombra.

In un contesto simile, è prevedibile che la riunione della Direzione che, per obbligo anche formale, dovrà calibrare la linea non sarà un appuntamento rituale. le ragioni del no saranno accompagnate da una richiesta di verifica della linea politica, una richiesta che in un un futuro non troppo lontano dovrebbe trasformarsi in una esplicura richiesta di un congresso.

E va tenuto conto che sul clima interno peserà, in un senso o nell’altro, l’esito delle regionali del 20 settembre, esito assai incerto che a questo punto è quasi completamente appeso alla vittoria o alla sconfitta di Michele Emiliano inPuglia, dato che a quanto dicono le cronache locali il ' patto' DiMaio- Zingaretti nelle Marche non pare sufficiente a rimontare lo svantaggio nei confronti della destra. E sarà comunque inevitabile, per come si stanno mettendo le cose, una discussione ' franca' proprio sulla questione del ' patto' Pd- M5s, premessa - forse - di un'intesa nazionale di più ampio respiro, linea vista come fumo negli occhi da Gori e, come detto, fortemente annacquata da Guerini.

E’ possibile, per non dire probabile, che dopo l'intervento del ministro della Difesa, il segretario debba conferire meno enfasi al rapporto con il M5S, che molto vedono come scorciatoia ideale per sopperire a un sostanziale immobilismo nei sondaggi. E che debba cercare di smorzare le polemiche sul referendum che, da altare su cui celebrare le nozze con il partito di Vito Crimi potrebbe diventare un più modesto appuntamento al bar all'angolo. Insomma, votate sì ma senza farci su una guerra politica. Improbabile che il Nazareno si sposti sul No, come ha chiesto Orfini, ma è certo che lì dentro qualcosa sta cambiando.