Cosa sia esattamente un illecito disciplinare, soprattutto dei magistrati, non lo sa con esattezza nessuno. Ecco allora che si presenta l'ennesima dimostrazione di quanto asserito nel caso del Pm di Trani Simona Merra.La Pm di Trani Simona Merra, titolare dell'inchiesta sullo scontro dei treni che poche settimane fa causò 23 morti, viene colta da uno scatto fotografico in vesti, per così dire, non proprio ineccepibili.La Serra, infatti, nel corso di una festa di compleanno di amici in un locale aperto al pubblico, viene colta, mentre indossa un abitino estivo attillato e generosamente scollato, nell'atto di farsi baciare (meglio: leccare) il piede da un signore in ginocchio il quale è niente meno che l'avvocato Leonardo De Cesare, vale a dire il difensore del capostazione principale accusato della strage.Immediatamente, si sono alzate le geremiadi tese a lamentare una possibile amicizia o addirittura connivenza fra i due rappresentanti della pubblica accusa ed della difesa, non mancando ovviamente chi, come in un copione ormai logoro, ha gridato che in questo modo il proprio congiunto era stato ammazzato per la seconda volta.Ora, ipotizzare da questa fotografia, peraltro pubblicata da tutti i quotidiani nazionali, una sorta di combine fra il pubblico ministero e il difensore, a scapito delle ragioni delle vittime, pare davvero azzardato.Anche perché si può star certi che nella malaugurata ipotesi in cui un pubblico ministero e un difensore si fossero davvero accordati, allora certamente, non essendo stupidi, eviterebbero di farsi fotografare insieme in pubblico, tanto più in un contesto così spregiudicato come quello della foto in esame qui. È ovvio che chi concerta un proposito illecito, cerca di restarsene nascosto insieme ai propri sodali, evitando di farsi vedere in pubblico a festini e in goliardate: e ciò vale per tutti, anche avvocati e pubblici ministeri.Detto questo, pare invece che il pubblico ministero e l'avvocato possano essere criticati per una loro mancanza di gusto o di eleganza. Senza dubbio le loro pose appaiono abbastanza incongrue se riferite alle funzioni che son chiamati a svolgere nella vita associata.Qualcuno, più rigoroso, potrebbe anche giungere a chiedersi se dopo tutto costoro siano certi della propria identità sociale o se invece ne dubitino o la soffrano al punto da negare di notte nell'ambito di una festa privata ciò che invece di giorno son costretti a rappresentare davanti a tutta l'opinione pubblica: essere cioè il rappresentante della pubblica accusa dello Stato, l'una, e della difesa dell'imputato, l'altro.Costoro, insomma, sanno chi sono?Ma, come si vede, è domanda che non riguarda né il codice penale né quello disciplinare: riguarda invece la psicologia individuale e collettiva, oltre che il codice, assai più esigente, del buon gusto, nei limiti in cui il senso della propria identità interessi la pubblica opinione, soprattutto allorchè si sercitino funzioni di rilevanza pubblica: tutti vorremmo che chi esercita una pubblica funzione sappia bene chi sia e non si trovi in crisi con questa identità.Tuttavia, proprio per questo sorprende non poco che invece nessuno si sia preoccupato o lamentato per casi ben più delicati di questo.Alludo, per esempio, a quanto recentemente accaduto ad Augusto Minzolini, condannato a due anni e mezzo per peculato da un collegio giudicante di cui faceva parte Giannicola Sinisi, ex senatore dell'Ulivo, vale a dire un suo avversario politico, visto che Minzolini militava in Forza Italia.Come mai qui nessuno protesta? Siamo tutti assuefatti a questa moda devastante di esponenti politici chiamati a giudicare i propri avversari dopo aver rivestito quella toga che avevano momentaneamente abbandonato per occupare un seggio in Parlamento?A constatare il silenzio da cui questa vicenda di Minzolini è stato accompagnata verrebbe di dire di si.Ed è un terribile silenzio.