«Non credo che il proclama del Csm risolva il problema e che conversazioni di questo tipo spariranno d'incanto dai provvedimenti dopo la delibera». Secondo Guido Salvini, magistrato del Tribunale di Milano, il provvedimento con cui il Plenum dell'Autogoverno ha provato a "riformare" la materia delle intercettazioni telefoniche è poco più che un'operazione d'immagine.Dottor Salvini, il Cosiglio superiore della magistratura ha chiesto «sobrietà contenutistica» nei provvedimenti giudiziari che riportano intecettazioni. Lei sembra un po' scettico. Perché?In concreto la delibera, con il richiamo alla sobrietà nell'utilizzo delle intercettazioni in provvedimenti giudiziari che diventano subito pubblici, è anche apprezzabile ma rischia di essere solo declamatoria e rivolta a prevenire critiche. Dubito infatti che sarà soggetto a censura, dai suoi capi o da altri, il pm o il Gip che non rinunzi a inserire nelle richieste o nelle ordinanze di custodia, che già poche ore dopo la loro esecuzione sono pubblicate integralmente sui giornali, conversazioni non decisive per la valutazione preliminare delle prove ma "gustose" sul piano mediatico e tali da abbellire il provvedimento. Non è un prassi corretta perché non dimentichiamo che le conversazioni telefoniche non sono interrogatori o testimonianze in cui il tema di cui si parla è ben definito e ad ogni domanda corrisponde una risposta in un rapporto di congruità.Qual è secondo lei la prassi corretta?Nelle conversazioni telefoniche troviamo di tutto: cambi improvvisi di argomento, frasi sincopate, impossibilità di capire il soggetto di un discorso, millanterie e contano non solo le parole ma l'intonazione e i codici culturali e le abitudini di comunicazione tra i due interlocutori che spesso non conosciamo. Per questo non dovrebbero essere subito scaraventate sulla stampa, spesso anche senza che si possa sapere cosa è stato detto prima e dopo quel singolo passaggio. E questo nulla ha a che fare sulla funzione decisiva che esse hanno e continueranno ad avere in molte indagini.La delibera del Csm prevede per il pm la possibilità di operare una prima selezione delle conversazioni. Il magistrato potrà anche decidere «se omissare» i riferimenti a cose o persone, se non strettamente necessari. Non le sembra una buona mediazione? Non credo che il proclama del Csm risolva il problema e che conversazioni di questo tipo spariranno d'incanto dai provvedimenti dopo la delibera. Il problema secondo me, nell'interesse non solo dei singoli chiamati in causa ma della verità, va risolto a valle. Potrà non piacere a molti giornalisti che funzionano da semplici "postini" ma, fermo ovviamente nel modo più ampio il diritto di cronaca, dovrebbe essere proibita la pubblicazione di conversazione telefoniche sino ad un momento preciso, non troppo avanti rispetto alla notizia, ma concettualmente ben definito. Quello in cui l'interessato - indagato, testimone o terzo estraneo che sia - abbia avuto la possibilità dinanzi ad un magistrato di spiegare e dare la sua versione su quanto stava dicendo o su quello che altri dicevano di lui. Forse qualcosa di diverso da quanto ipotizzava l'accusa, o magari una maldicenza, o una vera e propria calunnia nei suoi confronti. Una soluzione civile che dovrebbe essere studiata anche con l'aiuto dell'Ordine dei Giornalisti.E magari con l'aiuto del Parlamento... È abbastanza insolito che il Csm con le sue delibere si attribuisca il ruolo di interpretare le leggi, in questo caso sul tema delicato come quello delle intercettazioni, un compito che spetterebbe al singolo giudice nella sua autonomia o al più, nei casi dubbi alla Corte di Cassazione o alla Corte Costituzionale. Ma non me ne stupisco visto che sempre di più il Csm, che avrebbe il semplice ruolo di organo di autogoverno dei magistrati e non di governo della giustizia, pretende di fare anche il legislatore ponendo di fatto veti o come in questo caso anticipando il lavoro delle Camere. In sostanza il Csm si pone ormai come una "terza Camera" che anticipa o sostituisce il legislatore.