«Il problema del Pnrr è che in Europa chiedono i tempi loro ma noi abbiamo i nostri catenacci. Fitto è consapevole di questa differenza e cerca di fare il possibile per attenuarla e per ridurla». La vede così Gianfranco Rotondi, che sulla polemica tra governo e Corte dei Conti dice «certi percorsi tortuosi esistono solo in Italia».

Onorevole Rotondi, da dove arriva la necessità di presentare un emendamento che di fatto limita alcuni poteri della Corte dei conti rispetto al Pnrr, dopo le osservazioni su ritardi e inadempimenti?

Diciamo che si confrontano due mondi sideralmente lontani. Da una parte c’è l’Europa coi suoi tempi fiscali imposti senza deroga alcuna; dall’altra c’è l’Italia con il suo sistema di controlli dilatato dalle ossessioni panpenalistiche dei Cinque Stelle. Il problema del Pnrr è che in Europa chiedono i tempi loro ma noi abbiamo i nostri catenacci. Fitto è consapevole di questa differenza e cerca di fare il possibile per attenuarla e per ridurla.

Quindi la Corte dei conti è una sorta di freno alle volontà del governo di andare di fretta per stare al passo con l’Ue?

Non è solo colpa della Corte dei Conti, ma di fatto abbiamo un sistema che negli ultimi anni si è anche notevolmente accentuato nella sua staticità. Tutto questo inno alla lotta alla corruzione non so se ha colpito qualche corrotto ma di certo ha bruciato miliardi di opere pubbliche che stanno lì appese non solo per le gesta di No Tav e ambientalisti ma anche per i percorsi tortuosi che esistono solo in Italia. Non a caso gli imprenditori sono scoraggiati a investire qui.

Come si risolve l’ingorgo che si è creato tra scadenze incombenti e ritardi accumulati nel tempo?

Mi sembra che il ritmo che il ministro Fitto sta dando è già di per sé un rimedio. Penso ad esempio all’iniziativa di scrivere a tutti i ministri di spesa per stringere i tempi sulle decisioni dei progetti in capo al Pnrr. Mi sembra un metodo giusto e fruttuoso. Il governo sta facendo il suo mestiere con assoluta tempestività e non prevedo disastri se non quelli che saranno di tutto il sistema europeo perché sono stati scelti metodi e modalità ai quali non è facilissimo sottostare. Certo noi abbiamo un sistema di controlli farraginoso e non siamo recordman di velocità ma lo siamo diventati nel tempo, perché ricordo che la Dc fece l’autostrada del Sole in appena otto anni. In Italia abbiamo bisogno di recuperare un grosso gap infrastrutturale che si è creato negli ultimi trent’anni.

Pensa che il piano sia riscrivibile o non ha senso parlarne, come ha spiegato il presidente della conferenza Stato- Regioni Fedriga?

Non so se sia riscrivibile il piano, ma è chiaro che qualsiasi scelta debba essere presa d’amore e d’accordo con l’Ue.

Le opposizioni difendono il lavoro della Corte dei conti e chiedono che il governo le coinvolga nel Pnrr, che rischia di affossarsi. Condivide?

Il dialogo con l’opposizione è sempre auspicabile in democrazia. Ma in questo momento ci sono tre opposizioni non coordinate tra di loro. Senza eccessi di malizia andreottiana possiamo dire che abbiamo a disposizione tre forni. Certo diversi tra di loro, ma non si può negare che siano una comodità. Penso che il cammino del Pnrr sia molto ritmato dalle indicazioni dell’Europa per cui ritengo che quello Berlusconi chiamerebbe il teatrino della politica italiana possa far poco.