Teme più i robot del terrorismo Sergio Romano. Uno dei maggiori esperti italiani di relazioni internazionali spiega le cause remote dell’instabilità mondiale e del perché non siano poi così sorprendenti le derive autoritarie come in Turchia o l’ondata di terrorismo in tutto il pianeta.Ambasciatore, siamo ormai di fronte a più di un attentato al giorno, in Medo Oriente e pure in Europa. Ci sono guerre in gran parte del globo, e i regimi autoritari crescono con la loro repressione. Anche in Turchia il fallito golpe ha portato a una restrizione dei diritti umani. Cosa sta succedendo al mondo?Sono fenomeni diversi e non c’è una spiegazione che dia una chiave universale per tutto. Ma se devo, posso individuare un paio di problemi storici che danno un forte contributo all’instabilità globale. Per prima cosa, nel corso degli ultimi decenni, a partire dall’arrivo al governo della signora Thatcher a Londra e di Ronald Reagan a Washington poco tempo dopo, abbiamo assistito al diffondersi di un capitalismo liberista che ha reso più difficile sostenere le reti sociali che tutelavano i meno abbienti. Con questo nuovo modello ciò che faceva premio era il rischio. In vari Paesi si è assistito a un forte rafforzamento del capitalismo finanziario a danno del capitalismo industriale. In questo modo si è avuta una crescita enorme del divario fra ricchi e poveri, nella società americana ma anche in quella britannica e poi via via nel resto dell’occidente e del mondo.La Brexit rientra in questo quadro?Sì, anche la vittoria della Brexit ne è una conseguenza: è stato un referendum contro Londra, dove il 70 per cento era per rimanere nell’Unione europea, mentre nel resto del Paese hanno votato coloro che si sentivano esclusi da questo trend di crescita che va a vantaggio solo delle piazze finanziarie a danno dei luoghi tradizionali del capitalismo industriale. Un divario crescente fra ricchi e poveri crea una società di scontenti, che si attaccano a una sorta di patriottismo un po’ chiuso su se stesso perché pensano che li tuteli di più.Il secondo punto?La democrazia funziona male, sempre peggio, il tasso di corruzione è molto salito un po’ dappertutto, la capacità di risolvere i problemi è diminuita. Questo comporta che a un certo punto cresce anche la protesta antipolitica, non si vuole più votare delle proposte articolate, ma alle elezioni si preferiscono i plebisciti e i referendum, una scelta semplicistica tra sì e no. Ma la democrazia referendaria è una pessima democrazia. In questo contesto, non è sorprendente che ai margini dell’occidente uomini di governo come Putin, Erdogan, Xi (che in Cina è sempre più simile a Putin piuttosto che ai predecessore che comunque governavano con dei comitati) ricorrano a un sistema autoritario come unico che consenta loro di governare con efficacia un Paese soprattutto se è grande.In questo mondo come si collocano le nuove tecnologie?Le nuove tecnologie in sé per sé sono neutre, non fanno scelte politiche, ma quando accorciano enormemente le distanze e forniscono e facilitano quel capitalismo di rischio naturalmente comportano degli effetti proprio nelle direzioni che dicevamo. Grazie ad esse oggi c’è mercato globale finanziario in tempo reale, con algoritmi che consentono di vendere e comprare in un attimo, pensando solo alla produzione di denaro e non alle conseguenze concrete. E poi c’è un’influenza diretta anche sul fenomeno delle migrazioni: le masse che si stanno spostando potevano farlo anche un secolo fa, ma oggi la riduzione drastica delle distanze favorisce questo fenomeno. Ora i poveri vedono facilmente che noi stiamo meglio, e perché non dovrebbero muoversi per cercare di venire a stare meglio? Tanto più che appunto persino le distanze fisiche sono diventate più “brevi”. La globalizzazione e le nuove tecnologie dunque hanno contribuito a cambiare il mondo. E attenzione: stanno arrivando i robot. Quelli dell’evoluzione tecnologica sono processi lenti di elaborazione del sistema, ma poi esplodono di botto con le nuove generazioni. Quando arriveranno i robot risolveranno dei problemi ma soprattutto ne creeranno altri, di grossi.Cosa sta accadendo, secondo lei, in Turchia?In Turchia ci sono vari fattori. Erdogan è un uomo già di per sé autoritario, ma inoltre ora in qualche modo ha paura della democrazia tanto più proprio alla luce di quanto abbiamo detto. Se la democrazia come viene praticata in occidente fosse applicata in Turchia o in Russia, quei Paesi diventerebbero ingovernabili. Non scuso l’autoritarismo e le repressioni di quei leader, ma sono scelte che hanno una loro logica. Erdogan ora sta approfittando del fallimento del golpe per sbarazzarsi di quel Gulen che lui considera il suo vero avversario. Non è quindi sorprendente che sospenda insegnanti, in quanto Gulen ha creato mille scuole che a loro volta stanno creando una nuova classe dirigente. Poi ci sono delle differenze tra loro, nonostante la vecchia alleanza: i seguaci di Gulen sono musulmani credenti e praticanti ma non fanatici, mentre Erdogan è cresciuto più alla scuola dell’islam dei Fratelli musulmani.Cosa pensa del fenomeno del terrorismo?Il terrorismo è forte soprattutto nei Paesi arabi musulmani che si dà il caso sono quelli in cui è fallito il processo di modernizzazione. L’indipendenza conquistata relativamente di recente comportava la presa di coscienza da parte della classe dirigente della responsabilità verso i propri cittadini. Ma non è andata così. Quando fallisce un processo modernizzazione - e il progresso è un processo essenzialmente laico - si torna a dio, alla fede, che dà speranze. Il revival religioso è legato a questo fallimento. Inoltre questa gente ha cominciato a emigrare, e noi li abbiamo accolti perché ci facevano comodo come forza lavoro, ma quando le cose hanno cominciato ad andare male si è cominciato a guardarli storto, ad accusarli di rubare il lavoro. Loro però continuano ad arrivare, e non trovano lavoro. È davvero sorprendente che si arrabbino? È inutile chiedersi se hanno ragione o torto, è un dato di fatto. In un clima sociale di questo genere la testa calda esce sempre allo scoperto e crede di trovare così una risposta ai suoi problemi.