Andrea Bigiarini, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rovigo e giovane nuovo magistrato nel direttivo Unicost, ci spiega le ragioni per non sostenere il quesito sui limiti all'abuso della custodia cautelare, promosso da Lega e Partito Radicale.

Perché dovremmo votare “no” al quesito?

Il quesito è mal posto, una sorta di “truffa delle etichette”. La norma di cui si propone la parziale abrogazione concerne tutte le misure cautelari, non solo la custodia in carcere: ne consegue che il pericolo di reiterazione del medesimo reato non potrebbe essere scongiurato neppure con misure meno afflittive del carcere. L’intervento proposto, inoltre, mortifica l’esigenza incontestabile di sicurezza sociale (oltre che, in alcuni casi, di tutela della vittima del reato). Infatti, l’approvazione del quesito impedirebbe di porre un rimedio in via cautelare a condotte criminose che trovano nella reiterazione del reato il proprio precipuo disvalore: si pensi al reato di atti persecutori o a quello di cessione di sostanze stupefacenti, laddove le condotte siano plurime e reiterate nel tempo. Considerazioni simili valgono anche per alcuni reati di particolare allarme sociale, come il furto in abitazione. Infine, da un punto di vista logico-sistematico, si giungerebbe all’assurdo che, a seguito dell’arresto in flagranza anche per gravi delitti, qualora l’unica esigenza cautelare ravvisabile fosse quella di impedire la reiterazione del reato, l’indagato dovrebbe essere subito rimesso in libertà.

Secondo lei esiste un abuso della custodia cautelare nel nostro Paese?

Da giovane magistrato del pubblico ministero, alla luce della mia pur breve esperienza in un piccolo circondario di provincia, non mi sento di parlare di un reale abuso della custodia cautelare. Il nostro codice prevede una nutrita schiera di misure cautelari personali non custodiali che vengono applicate in misura assolutamente prevalente rispetto a quelle di carattere strettamente restrittivo della libertà personale. Rispetto alle richieste del Pm c’è il vaglio del Gip e del Tribunale del Riesame e le assicuro che i rigetti così come gli annullamenti e le riforme non sono infrequenti.

I promotori del referendum sostengono che la motivazione di “reiterazione del medesimo reato” viene utilizzata più di frequente per disporre la custodia cautelare, molto spesso senza che questo rischio esista veramente. Dal suo osservatorio cosa può dirci in merito?

Effettivamente il pericolo di reiterazione del medesimo reato è l’esigenza cautelare percentualmente più significativa nelle ordinanze applicative di misure cautelari emesse dai giudici. La ragione di ciò sta nello stesso concetto di misura cautelare, che è un provvedimento provvisorio ed urgente. Eliminare il pericolo di reiterazione del reato dal novero delle esigenze cautelari (consentendo di agire con misure restrittive solo nei residuali casi di pericolo di fuga o di inquinamento delle prove) comporterebbe un sostanziale svuotamento del significato dello strumento cautelare. Non bisogna poi dimenticare che l’esistenza del pericolo “concreto ed attuale” di reiterazione del medesimo reato deve essere adeguatamente motivata dal giudice, con possibilità di immediata impugnazione di fronte al Tribunale del Riesame o alla Corte di Cassazione.

I promotori legano altresì la necessità del quesito anche al fatto che “circa mille persone all’anno vengono incarcerate e poi risulteranno innocenti. Dal 1992 al 31 dicembre 2020 si sono registrati 29.452 casi”.Che ne pensa di questa motivazione?

Non bisogna sottovalutare questo numero, che deve orientare la magistratura a utilizzare lo strumento della custodia cautelare in carcere effettivamente come extrema ratio. Non può sottacersi però un ulteriore profilo, per così dire fisiologico: gli elementi di prova di cui dispone il giudice al momento dell’applicazione di una misura cautelare non sempre corrispondono al materiale probatorio risultante all’esito dell’istruttoria dibattimentale. Si pensi ai casi, purtroppo non infrequenti, di ritrattazione della vittima di reati commessi in ambito familiare. In queste ipotesi, la sentenza di assoluzione non può essere letta come una flagrante sconfessione della decisione cautelare.

Sui referendum farete campagna per l'astensione o per il no?

Sui referendum faremo una campagna informativa, lasciando liberi i cittadini di orientarsi sulla scelta di presentarsi o meno alle urne. Ma non ci sottrarremo al dovere di esprimere la nostra opinione sui quesiti che attengono a questioni prettamente giuridiche.

Lei è il più giovane componente della Direzione nazionale di Unicost. Cosa pensa delle correnti?

Mi sono avvicinato al gruppo in concomitanza con il grande fermento della Costituente, che ha portato all’adozione di un nuovo Statuto. Ho vissuto questa esperienza con grande entusiasmo e ho capito fino in fondo il valore del confronto e della partecipazione. Penso che, soprattutto in questo periodo di forte crisi della magistratura, non si possa restare in disparte: occorre impegnarsi attivamente per cambiare le cose e per recuperare credibilità agli occhi dei cittadini.