Il taglio dei parlamentari su cui voteremo un referendum il 20 settembre non può dirsi né inutile né pericoloso. Esso è, semplicemente, insignificante.

E quando la più grande mobilitazione democratica di un paese si svolge su qualcosa di insignificante ci sono varie riflessioni da fare. Ma prima è doveroso ovviamente spiegare perché sia insignificante.

Dopo si tratta di capire se un evento insignificante sia o possa essere anche politicamente e istituzionalmente inoffensivo o invece dannoso.

Prescindiamo, per carità di patria, dalla carrellata di capriole, voltafaccia, opportunismi di singoli e di interi partiti, manifestatisi lungo il corso di tutta la riforma sulla posizione da tenere verso la stessa. Taglio dei parlamentari: quante trappole dietro una riforma insignificante

Il taglio dei parlamentari su cui voteremo un referendum il 20 settembre non può dirsi né inutile né pericoloso. Esso è, semplicemente, insignificante. E quando la più grande mobilitazione democratica di un paese si svolge su qualcosa di insignificante ci sono varie riflessioni da fare.

Ma prima è doveroso ovviamente spiegare perché sia insignificante. Dopo si tratta di capire se un evento insignificante sia o possa essere anche politicamente e istituzionalmente inoffensivo o invece dannoso.

Prescindiamo, per carità di patria, dalla carrellata di capriole, voltafaccia, opportunismi di singoli e di interi partiti, manifestatisi lungo il corso di tutta la riforma sulla posizione da tenere verso la stessa. Sono questioni che riguardano molto prosaicamente la logica della politique politicienne, quella che induce a trovare gli argomenti dopo che si sono definite, o modificate, le convenienze politiche che inducono a quella certa posizione, o a quella esattamente opposta. Cominciamo dal merito.

Gli argomenti per il Sì sono fondamentalmente quattro, che enuncerò senza un particolare ordine di importanza.

Il primo è l’argomento anticasta: il risparmio a fronte di una pletora di parlamentari inutili. E già qui si tocca con mano che si tratta di una motivazione insignificante. Tutti riconoscono che si tratta di risparmi irrisori. Non vale manco la pena di sprecarci tempo. Il secondo argomento è quello semi- anticasta: un po’ anticasta, perché, in questo clima di populismo da frustrazione, sono in molti a pensare che in fondo togliere di mezzo un po’ di parassiti della società ( i politici) non può fare che bene.

Ma non è solo questo. Tanti studi e sforzi di vari studiosi, anche molto seri, hanno voluto dimostrare che, rispetto alla media dei paesi avanzati, il numero dei nostri parlamentari in rapporto alla popolazione è molto elevato. Bisogna fare attenzione a queste comparazioni, perché non va dimenticato che il nostro è un sistema bicamerale in cui il lavoro legislativo è raddoppiato. Su questo punto, guarda caso, nessuno ha avuto il coraggio di intervenire. E però non si può far finta che non esista quando si fanno le comparazioni. Facciamo un esempio: se un’azienda ha uno stabilimento produttivo e un’altra ne ha due ( che producono gli stessi prodotti, ma lavorano separatamente) il numero degli addetti tra le due aziende non può essere comparato, perché il lavoro complessivo è doppio. Sarà anche lo stesso lavoro, sarà anche ripetitivo ( mettiamo che il secondo stabilimento faccia solo il controllo di quello che fa il primo) ma sempre doppio è. Insomma la riduzione dei parlamentari non è un’eresia ma non è necessariamente l’eliminazione di un’anomalia inaccettabile. L’anomalia inaccettabile è il bicameralismo perfetto, unico al mondo. E questa mancata riforma, la vera riforma “significante”, non può essere certo compensata da una riforma “insignificante”.

Gli altri due argomenti sono di metodo. Per farla breve: a) abbiamo provato con le riforme complessive e abbiamo fallito, proviamo con le riforme chirurgiche; b) per quanto piccola questa riforma smuoverebbe la classifica, il fallimento anche di questa strada invece sarebbe la pietra tombale sul riformismo. Per sempre.

L’argomento non ha alcun fondamento logico e, soprattutto, è smentito da chi lo propugna. Non ha fondamento logico perché fare una riforma “insignificante”, non assicura affatto che domani nasca, come dalla testa di Giove, la volontà politica di fare quelle veramente significanti. Di riforme costituzionali abbastanza o poco significanti ne abbiamo fatte varie. Quelle veramente decisive: mai.

In secondo luogo l’argomento dell’intervento chirurgico è smentito da chi lo propugna. E infatti già fioriscono disegni di legge e dibattiti accalorati su tutti gli aggiustamenti che si dovranno fare se passa questa riforma: modifica delle circoscrizioni elettorali regionali, modifiche del collegio elettorale del presidnte della Repubblica, costituzionalizzazione della conferenza Stato- Regioni ( e certo, non si abolisce il bicameralismo, facciamo una terza camera!) e via discorrendo.

Quindi l’alternativa che nessuno confessa non è tra riforme chirurgiche e riforme di sistema, ma tra queste ultime e riforme a pezzi, senza alcuna logica complessiva, ma solo come toppa ( dove magari infilare qualche inconfessabile interesse “di casta”) per aggiustare le falle che le cosiddette riforme chirurgiche aprono.

Forse allora questa riforma così insignificante non è, ma non nel senso che pensiamo. È molto significante per essere legittimati a procedere poi coi tamponi o le furbate. Non esattamente un capolavoro.

Dunque, come si diceva all’inizio, la riforma “insignificante” più che inoffensiva potrebbe essere dannosa. Il dubbio sorge spontaneo, soprattutto quando si vede come le forze politiche si stanno accanendo per cambiare la legge elettorale.

E anche qui c’è un capolavoro di illusionismo: prima si riduce il numero dei rappresentanti che, ovviamente riduce la rappresentanza ( è ovvio, è la ragione della riforma: tagliamo i troppi “rappresentanti”); e un minuto dopo si dice che ci vuole una legge che riequilibri la rappresentanza. Una bella legge proporzionale. Il treccartismo costituzionale.

Il cervello dovrebbe andare in cortocircuito se non fosse chiaro che la scelta per il proporzionale non ha nulla a che vedere con l’interesse a rappresentare meglio i cittadini, ma a realizzare ciò che in Italia hanno sempre realizzato tutte le leggi elettorali proporzionali: produrre parlamenti frammentati, lasciando alle segreterie dei partiti il potere di fare e disfare i governi a proprio piacere, togliendo agli elettori qualsiasi influenza in materia.

Altro aspetto, anche questo molto “significante”, della crisi abissale del nostro sistema politico: l’instabilità costante, perenne e devastante, che tanto potere ( e piacere) dà però a quella casta che il referendum dovrebbe abbattere. Pirandello non avrebbe saputo fare di meglio.

Certo queste sono conseguenze ulteriori rispetto alla “insignificante” riforma del taglio dei parlamentari.

Ma quando voterete, qualsiasi cosa voterete, sappiate che chi vi dice di limitarvi a considerare il merito, il merito e basta, mente sapendo di mentire. Ognuno degli attori in gioco, sui palchi dei comizi, reali o virtuali, ha la sua agenda e il taglio dei parlamentari è un tassello di questa agenda.

E questo non è benaltrismo. È nostalgia di verità. E quella sì che dovrebbe significare molto.