La figura di Carlo Azeglio Ciampi attraversa in lungo ed in largo la storia repubblicana. Dall'economia alla politica, tra prima e seconda repubblica, il banchiere livornese è la personalità che più segnò, prima da ministro e poi dalla presidenza della Repubblica, il passaggio alla moneta unica europea nell'Italia "spoliticizzata" post '92-'94.Il politico, nonostante il quieto settennato quirinalizio, lascia non meno tracce e polemiche del banchiere che da via Nazionale, per oltre un decennio, partecipò a cambiamenti strutturali dell'economia italiana. Su tutti, il divorzio del luglio del 1981 tra Banca Italia e ministero del Tesoro, sancito in maniera consensuale con l'allora ministro Beniamino Andreatta che fu, di fatto, una delle prime scelte politiche che sancì la fine della nostra sovranità economica e che produsse tassi di interesse esorbitanti. Fu quella una direzione di marcia tutt'altro che propizia di fortune per il nostro Paese che, unitamente all'accumulazione degli avanzi primari, portò ad una lievitazione del nostro debito pubblico.In questo contesto, il rapporto tra il governatore Ciampi e le politiche dei governi degli anni 80, è meritevole di attenzione poiché del tutto opposta al mainstream corrente. Specie, con quello più longevo: il governo Craxi. Infatti, la vulgata dei governi a guida socialista forieri di spesa e di debito pubblico è smentita, nei fatti, dalle relazioni ufficiali e dagli interventi dello stesso governatore della Banca d'Italia che recitava: «Il calo dell'inflazione ha restituito certezze alle aziende. Nel 1984 il margine operativo lordo è salito al 38% del valore aggiunto. Nel periodo '83 - '86 le grandi imprese industriali private e pubbliche hanno accresciuto la produttività del 9% l'anno. Alla ristrutturazione produttiva si è unita quella finanziaria; in rapporto al valore aggiunto il peso dei debiti è sceso del 16%, quello dei provvedimenti finanziari è raddoppiato? La grande impresa privata ha indirizzato risorse crescenti e impieghi finanziari ad acquisizioni di partecipazione all'interno come all'estero».Le scelte successive, gli eventi di tangentopoli, portarono poi l'avvento della tecnocrazia, il primato dell'economia e della finanza sulla politica ed a scelte e dichiarazioni confacenti al nuovo ordine costituito. Dal mito del "Britannia" alle privatizzazioni di inizio anni 90, passando per le speculazioni, Ciampi fu centrale, decisivo, nelle scelte cruciali e non sempre cristalline che diedero il via alla seconda Repubblica.La crisi di insolvenza del 1992 successiva all'uscita della lira dallo Sme, registrò, tra polemiche e distinguo interni alla stessa Banca d'Italia, l'ostinazione di Ciampi nel non voler variare il tasso di cambio tra "lira" e "marco".Per anni, molte ombre si addensarono su questa scelta ma, disse, fu la sua inattaccabile fede europeista - quasi una ideologia - a determinare le sue forti resistenze. La stessa che, come un mantra, caratterizza la sua presidenza, i suoi messaggi ed i suoi moniti alle maggioranze di governo.La sua permanenza al Quirinale resta comunque la più apprezzata della seconda repubblica. Non solo per i toni ed i modi, pacati nella forma ma assai fermi nella sostanza, quanto per l'interpretazione, pressoché notarile, del ruolo presidenziale.