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Anche su questa riforma del Csm pesa il timore di scontentare la magistratura
Abbiamo isolato il ‘ virus’ che ha infettato la Magistratura, cioè il sistema correntizio e spartitorio all’interno dell’ Anm e del Csm, ne conosciamo la ‘ cura’ ed è stato apprestato persino il ‘ vaccino’. Resta da stabilire solo se si voglia salvare la Magistratura. Ragioniamoci, a cominciare dalle chat.
1. «Luca solo tu puoi trovare la strada... e solo tu puoi aiutarmi, hai sempre raggiunto i risultati voluti... dammi questa possibilità, te lo chiedo per favore in nome dei 30 anni di X ( corrente dell’Anm, nda) e della nostra amicizia». Dopo decenni di asservimento elettorale al dottor Luca Palamara finalmente assurto a consigliere del Csm, un giudice pretende d’incassare da lui il proprio ‘ investimento’ con gli interessi. Chat come questa sono molteplici, pubblicate sui giornali, raccolte in volumi e acquisite dalle competenti Procure. Esse compongono quello che è stato chiamato il “Sistema Palamara”, di cui fanno parte le registrazioni foniche della grande cospirazione per la nomina del Procuratore della Repubblica di Roma, consumata nella «notte della Magistratura» con la «partecipazione straordinaria» di due parlamentari ( di cui l’uno magistrato fuori ruolo e l’altro imputato dalla stessa Procura). Difficile immaginare un degrado peggiore.
2. ‘ Sistema’? Certamente sì. Non solo per la sua gravità, ma soprattutto per la mancata repressione dell’ordinamento, che lo ha sommessamente assorbito: «Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire», avrebbe sussurrato Manzoni. Radiato dalla Magistratura Palamara e sanzionati soltanto disciplinarmente i notturni cospiratori del Csm, i numerosi giudici coinvolti nelle chat non sono stati neppure indagati in sede penale e disciplinare. Eppure quelle numerose ‘ raccomandazioni’ costituiscono – in uno agli ‘ accordi’ adottati nella «notte della Magistratura» dai cospiratori – fattispecie del reato ( tentato o consumato) di abuso d’ufficio ( artt. 110 e 323 c. p.). Eppure le ‘ raccomandazioni’ violano platealmente il dovere di correttezza cui è tenuto il magistrato ( art. 2, 1° lett. d del Dpr n. 109 del 2006), che trova ineludibile specificazione nell’art. 10 del Codice di condotta dei Magistrati ( approvato dall’ Anm in ossequio al vigente articolo 54, comma 4 del D. lgs. 165/ 2001).
3. Dei reati di abuso d’ufficio si è disinteressata fin qui la competente Procura. Le due convergenti norme disciplinari sono state disapplicate – con singolare convergenza – da entrambi i titolari del potere di agire in sede disciplinare, e cioè il ministro della Giustizia e il Procuratore generale presso la Suprema corte. Quest’ultimo, con un proprio ‘ editto’ del 22 giugno 2020, ha addirittura ‘ giustificato’ tecnicamente le autopromozioni ( da raccomandato a raccomandante), come quella sopra trascritta. Ma non si può sapere se egli abbia archiviato anche le eteropromozioni ( raccomandato> raccomandante> raccomandatario), giacché ha proclamato subito il proprio potere di impedire la conoscenza delle archiviazioni al cittadino denunciante ( ovvero al suo avvocato), al magistrato indagato e perfino al Csm! Un tardivo ritorno agli «arcana imperii» e all’ «omertà corporativa» ?
4. In definitiva, chi volesse ‘ fotografare’ l’attuale situazione del nostro ordinamento sarebbe costretto a registrare che tutti i pubblici ufficiali non possono barattare favori e privilegi in occasione di promozioni e nomine senza evitare la condanna penale ad opera dei giudici e ( proprio per effetto del Codice di condotta vincolante per qualsiasi impiegato pubblico) quella disciplinare interna. Invece il sistema spartitorio all’interno dell’ Anm e del Csm, sebbene ampiamente radiografato, è rimasto immune da qualunque sanzione penale e (fatta eccezione per i notturni magistrati cospiratori), disciplinare. Sicché niente esclude – e tutto anzi fa temere – che il ‘ Sistema Palamara’ si perpetui. Molto si potrebbe osservare al riguardo. Ma forse basta rammentare che, assai amareggiato dallo scandalo, il presidente della Repubblica non sciolse il Csm proprio per consentire alla sua Sezione disciplinare l’immediata punizione dei magistrati colpevoli!
5. Rimasta inattuata la terapia sanzionatoria contro il ‘ virus’ dell’ambizione sfrenata, nessuno sembra accorgersi che il ‘ vaccino’ è stato da due anni scoperto. Non è vero infatti che è impossibile debellare strutturalmente il sistema spartitorio. Quando deflagrò il caso Palamara, avendo raschiato il fondo, la stessa Anm fu costretta a riconoscere che il ‘ Sistema’ è alimentato dalla «cinghia di trasmissione» che unisce i vertici dell’Associazione ai membri togati del Csm. Perciò il 14 settembre 2019 l’Associazione introdusse: a) nel Codice di condotta, imperativo per tutti i magistrati, una regola ( art. 7 bis), in forza della quale «i magistrato componente del Comitato Direttivo centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati, delle Giunte Esecutive Sezionali, delle presidenze e delle segreterie nazionali dei gruppi associativi ( comunque denominate) non si candida al Consiglio Superiore della Magistratura prima della scadenza naturale dell’organo di appartenenza;...» ; b) e una coerente clausola nello statuto ( art. 25 bis).
La norma statutaria regola i rapporti interni all’associazione con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 9 stat., sono soggetti a sanzione disciplinare i soci trasgressori del citato art. 7 bis. Dunque tale disposizione non è una prescrizione morale e neppure una giaculatoria, giacché ha diretto rilievo disciplinare, ancorata essendo per altro alla strategia di prevenzione della corruzione nel settore pubblico, sotto la vigilanza dell’Anac. Difatti è stata emessa in forza di una legge ( art. 54, comma 4 del D. lgs. 165/ 2001) che ha assegnato all’ Anm, unica associazione di categoria di cui fa parte il 90% dei magistrati ordinari, il compito istituzionale di enucleare le disposizioni disciplinari che essi stessi ritengono necessarie, previa ampia consultazione interna. E, per debellare il ‘ Sistema Palamara’, quale riforma più urgente e risolutiva potevano condividere i magistrati indipendenti, operosi e meritevoli ( per fortuna ancora maggioritari) se non quella d’interrompere finalmente il perverso predominio delle correnti sul Csm? Sennonché la sanzione associativa non si applica ai magistrati non soci e neppure ai dimissionari; soprattutto prevede come pena massima soltanto l’espulsione dall’ Anm. Ben vero le più pertinenti e gravi sanzioni applicabili, su istanza del Pg o del ministro della Giustizia, ai magistrati ordinari in quanto tali ( cioè associati o no) sono dettate dal Dpr n. 109 del 2006, che non contiene una previsione come quella dettata dall’art. 7 bis del Codice di condotta. Davvero sorprende che, in un momento in cui è tanto vivace la polemica sul modo con cui riformare il Csm per debellare il ‘ Sistema’, nessuno si è avveduto che, in uno alla riforma del sistema elettorale, la soluzione era - ed è - a portata di mano. Basta inserire, con legge ordinaria, tra le fattispecie disciplinarmente rilevanti ( artt. 2- 4 del Dpr n. 109 del 2006) il disposto del citato art. 7 bis del Codice di condotta, determinandone l’appropriata sanzione. L’auspicata novella legislativa, per un verso, doverosamente rispecchierebbe l’irretrattabile volontà dei magistrati stessi ( e dell’unica associazione che li rappresenta), tesa a salvaguardare l’indipendenza dei giudici tutti. Per altro verso, conferirebbe uniforme effettività e vigore al sistema cui sono informati i Codici di condotta, sorti proprio per efficacemente prevenire la corruzione e l’illegalità nel settore del pubblico impiego. Astuzia della ragione? È verosimile. Dopo avere colpevolmente tollerato come associazione privata il ‘ Sistema Palamara’, proprio l’Anm, nel conformare lo statuto disciplinare dei magistrati, con efficace resipiscenza ha tranciato – ha dovuto tranciare - i ponti tra cariche correntizie, da una parte, e Csm, dall’altra. «Extremis malis, extrema remedia». Checché se ne pensi, i giudici ordinari hanno deciso, con atto irretrattabile, di volersi emendare. E basta veramente poco per non ostacolare la loro benefica ‘ riconversione’ all’indipendenza.
Ma il legislatore vorrà inoculare nel sistema giudiziario il disponibile ‘ vaccino’ a difesa dell’Utente finale della Giustizia, cioè dell’ignaro cittadino sovrano? O è ‘ no vax’? Questo è il problema! Che suscita la domanda cruciale: chi vuole veramente la rinascita di una Magistratura indipendente? Hic Rhodus, hic salta.
Rosario Russo
Già Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte