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Com’è noto la maggioranza ha trovato un accordo sulla riforma della prescrizione tramutato in un emendamento alla proposta di legge ora all’esame della commissione Giustizia di Montecitorio. Un emendamento firmato da tutti i capigruppo del centrodestra nell’organismo presieduto da Ciro Maschio: Carolina Varchi ( FdI), Ingrid Bisa ( Lega) e Pietro Pittalis ( FI).
Ne parliamo con il capogruppo del Pd nella stessa commissione Federico Gianassi, secondo il quale la maggioranza, in materia di giustizia, porta avanti un metodo «confusionario e contraddittorio». E poi «è pericoloso», secondo il deputato dem, «fare della prescrizione una bandiera politica». Intanto il partito di Elly Schlein ha convocato per le 12 di oggi una conferenza stampa a Palazzo Madama dal titolo “La giustizia in ginocchio ai tempi della destra”.
Onorevole, partiamo dal merito: cosa ne pensa dell’emendamento della maggioranza sulla prescrizione?
L’emendamento delle destre mette in campo una delle ipotesi formulate dalla Commissione Lattanzi. È certamente un passo in avanti rispetto all’ipotesi disastrosa della ex Cirielli che avevano messo in campo solo dieci giorni fa. Ma non so se questa sarà la loro ultima posizione. Ci hanno ormai abituati, su questo tema, a continui cambi in corsa.
In queste ultime settimane sono state formulate diverse possibili soluzioni, sulla prescrizione. A un certo punto era spuntata anche una ipotesi Nordio. Che idea si è fatto di questo dibattito interno alla maggioranza?
La maggioranza si è attivata con cinque diverse proposte di legge. Si è poi vociferato del ritorno alla Orlando, ma hanno votato in Commissione la ex Cirielli. Si è parlato di un lodo Sisto per una Bonafede 4.0, ora la Lattanzi. Domani chissà. È un comportamento schizofrenico, un modo di procedere confusionario e alimentato da ideologismo. Obiettivo è cambiare per cambiare, poco importa come, perché della prescrizione si fa una battaglia simbolica.
Vi è stato fatto notare che state difendendo la riforma di mediazione Cartabia, ossia l’improcedibilità, anziché convergere su una legge simile a un modello di prescrizione “intestata” a un vostro ex ministro, Orlando. Cosa risponde?
È falso. La legge Orlando è stata un’ottima riforma della prescrizione, lo abbiamo sempre detto e lo diciamo anche oggi. È curioso invece che la destra, dopo averla duramente criticata, oggi al governo riconosca finalmente che le riforme fatte dal Pd erano le migliori. Ne siamo contenti, meglio tardi che mai. Tuttavia, prima avevano detto di valutare il ritorno alla Orlando, però poi hanno votato in commissione la ex Cirielli. Ora mettono in campo una nuova e diversa proposta recuperata dalla Commissione Lattanzi. Noi li sfideremo in aula con gli emendamenti, ma qui c’è un problema di metodo e di sostanza grande come una casa e che non si vuole affrontare. È in vigore da due anni la riforma Cartabia, i tempi dei processi in appello secondo i dati del ministero si stanno riducendo. Insomma sembra funzionare: e allora perché cambiare senza una linea precisa e senza valutare attentamente gli effetti della riforma a cui sono, peraltro, agganciate le risorse Pnrr? Davvero serve la quarta riforma della prescrizione in sei anni? Davvero possiamo mettere a rischio i fondi del Pnrr per il comparto giustizia?
La soluzione dell’improcedibilità si è resa necessaria politicamente, ma tecnicamente persino Giorgio Lattanzi non l’avrebbe certamente preferita. Perché allora scommetterci sopra?
I dati danno ragione alla riforma. Meno procedimenti e tempi ridotti, il che contraddice le dichiarazioni del relatore Pittalis. Avevamo chiesto alla maggioranza di approfondire i dati in possesso del ministero, ma ci è stato risposto negativamente. Non c’è volontà di approfondire, per loro non è una questione di merito.
Sull’improcedibilità si sono trovati d’accordo accademia, avvocatura e magistratura nel criticarla. Invece di rendere efficiente il sistema lo avrebbero complicato. Che dice su questo?
Si è trattato di una rivoluzione copernicana ed è comprensibile che si siano confrontati punti di vista diversi. Ogni posizione è rispettabile e merita di essere ascoltata, ma i fatti dicono che questo intervento sta funzionando in relazione all’obiettivo della riduzione dei tempi del processo, riduzione che si sta verificando già prima che la riforma abbia pienamente dispiegato i propri effetti.
È malizioso ritenere che dietro il vostro voto contrario si celi la volontà di mantenere aperto un filo di comunicazione sulla giustizia con il M5S? E se sì, ha senso preoccuparsi di questo nel momento in cui i pentastellati rappresentano un concorrente piuttosto che un vostro alleato?
Sì, è molto malizioso ritenerlo, e chi vuole sostenerlo deve sforzarsi di cercare altri esempi, certamente non questo sulla prescrizione. Noi sosteniamo che è opportuno difendere la riforma Cartabia, i cinquestelle invece dicono che è opportuno tornare alla legge Bonafede con cui cancellarono la nostra riforma, la Orlando. Dove sarebbe la sudditanza del Pd? Semplicemente non esiste.
In generale secondo lei la maggioranza e il governo come si stanno comportando in tema di giustizia?
Campioni negli annunci, bocciati nei fatti. Avevano promesso meno reati e meno intercettazioni e dopo un anno di governo ne abbiamo molti di più. Su interventi di sistema siamo a zero o quasi. E i pochi interventi sono per lo più animati da furore ideologico. È sbagliato quando la politica ideologizza le questioni anziché stare sul merito, ma diviene addirittura pericoloso quando lo fa utilizzando il sistema penalistico.
Tre voci importanti del suo partito, la segreteria, Serracchiani e Rossomando, hanno partecipato qualche settimana fa al congresso di Area. Proprio per quella partecipazione qualcuno ha sostenuto che quella corrente di magistrati si è iscritta al campo largo con la benedizione di Conte e Schlein. Che ne pensa?
Polemica strumentale e smentita ovviamente dai fatti. Dove siamo invitati e c’è occasione di confrontarci noi andiamo. La partecipazione a un congresso o a un convegno costituisce un momento utile di approfondimento e di scambio. Ovviamente ruoli e responsabilità restano ben diversi e ciascuno custodisce gelosamente, come è giusto che sia, le proprie idee e le proprie prerogative.