Andrea Romano, deputato del Pd e portavoce di Base riformista, spiega che l’uscita di D’Alema «ha finito per ribadire il fatto che la forza del Pd è quella di essere la grande casa di tutti i riformisti italiani» e sul Quirinale è chiaro: «Dobbiamo togliere Draghi dal tavolo non per non candidarlo, ma per non logorarlo».

Onorevole Romano, che impressione le hanno fatto le dichiarazioni di D’Alema?

Come tutti, ho trovato le parole di D’Alema molto offensive nei confronti della politica. Parlare di malattia, patologia e guarigione riguardo a un ciclo politico è offensivo sempre, a prescindere dai protagonisti del discorso. Ed è offensivo verso il Pd, che era e rimane una comunità plurale, ampia, rispetto alla quale Renzi non è stato un usurpatore ma colui che in quel periodo ha affermato la sua leadership nella lotta politica.

Salvo poi andarsene per fondare un suo partito.

È per questo che ho ritenuto profondamente sbagliata la scissione di Renzi, perché andando via ha sottratto ragioni e autorevolezza alle battaglie che ha condotto alla guida del Pd. Ma le parole di D’Alema producono una doppia eterogenesi dei fini. Da un parte, se voleva affermare la centralità di Articolo 1, ha finito per certificare il fallimento di quella scissione. La stessa cosa vale per Italia viva, sono due fallimenti paralleli. In secondo luogo perché D’Alema, che auspica una declinazione quasi etnica e monoculturale del Pd, ha finito per ribadire il fatto che la forza del Pd è quella di essere la grande casa di tutti i riformisti italiani.

Ha condiviso la risposta del segretario Enrico Letta a D’Alema?

Certamente. Letta ha ribadito come il Pd sia l’unica casa dei riformisti italiani, una risposta efficace che corrisponde alla realtà. Con tutte le nostre tribolazioni, da questa vicenda emerge con ancora più nettezza che qualunque progetto di sinistra di governo alternativo al Pd è destinato al fallimento. Questa è una buona notizia, perché significa che le ragioni del Pd sono molto forti.

Non avete mai pensato, voi riformisti in passato vicini a Renzi, di lasciare i dem?

Il motivo per cui noi di Base riformista e tutti quelli più vicini al ciclo politico renziano non hanno mai pensato di lasciare il Pd è profondamente politico. Parlo per me ma penso di parlare anche per tanti altri. Chi crede in una sinistra di governo che cambi davvero le cose non può che scegliere il Pd. È l’unico progetto politico popolare e riformista di questo paese.

A proposito di scelte, sembra che Letta spinga per avanzare la candidatura di Draghi al Quirinale, mentre dal partito in molti frenano. È così?

Non credo che la proposta di Letta sia proporre Draghi al Quirinale. La preoccupazione di Letta e del Pd è quella di tutelare il presidente del Consiglio. Perché è una risorsa politica indispensabile all’Italia nel 2022 come lo era nel 2021. Immaginiamoci un governo con questa ampia formula, senza Draghi. Sarebbe molto debole e molto probabilmente non riuscirebbe a portare a termine ciò che dovrebbe. Tutelare Draghi vuol dire sottrarlo al mulinello dei nomi, che finisce per logorare chiunque. In secondo luogo significa anche accogliere fino in fondo la raccomandazione di Draghi.

Cioè?

Ha detto che una maggioranza di governo che si spaccasse sul Quirinale in questa fase storica difficilmente sopravvivrebbe. Certo altri presidenti della Repubblica sono stati eletti da maggioranze diverse da quella di governo, ma la corsa al Colle non è come quella pontificia e risente degli equilibri politici in atto. In questa fase storica dobbiamo preservare questa maggioranza, perché il 2022 sarà decisivo per le riforme da varare per il Pnrr.

Senza accordo largo su Draghi si rischia l’impasse?

Tutto ciò non può tradursi oggi in un nome, perché al contrario della destra che un nome ce l’ha ed è quello di Berlusconi, a prescindere dal fatto che molti l’hanno fatto più costretti che convinti, come si dice a Livorno, si dovrebbe scegliere un nome unitario, non divisivo come il loro. Ma un nome si fa quando si è ragionevolmente sicuri che quel nome sia condiviso da tutti.

Condivisione che al momento non c’è. E quindi si torna sempre lì, a Mario Draghi.

Il nostro obiettivo non è trovare un nome alternativo a Draghi. Dobbiamo togliere Draghi dal tavolo non per non candidarlo, ma per non logorarlo. Noi per ora ne facciamo una questione di metodo e per prima cosa dobbiamo trovare il modo di ragionare tra tutti i partiti di maggioranza. Salvini e i Cinque Stelle hanno detto no a Draghi. Facendo quel nome si esporrebbe alla bocciatura di partiti che già hanno detto di essere contrari.

È d’accordo con Salvini che ha proposto un tavolo con tutti i partiti per discutere di Quirinale?

Non so se l’elmetto da esploratore alla dottor Livingstone che si era messo Salvini sia sopravvissuto alle festività natalizie.

Festività che quest’anno sono passate con molte meno restrizioni rispetto all’anno scorso. Omicron è l’inizio della fine della pandemia?

Vorrei condividere il suo ottimismo ma non sono così sicuro che siamo alla vigilia della fine della pandemia. Vedo che abbiamo più di cento morti al giorno e quindi dobbiamo continuare a vaccinare e su questo il Pd insiste nel prepararsi all’obbligo vaccinale. Non per introdurlo domani, ma per adeguarci alle altre 10 patologie che hanno l’obbligo. Proponiamo che quelle 10 patologie diventino 11. Chi è contrario all’obbligo deve spiegare perché il vaccino è obbligatorio per il morbillo e non per il Covid che ha mietuto 140mila morti.

Chi è contrario dice che proporlo oggi, quando più dell’ 80 per cento della popolazione è vaccinata, non avrebbe senso.

Dobbiamo abituarci al fatto che le prossime varianti del Covid saranno endemiche, speriamo sempre meno mortali ma comunque pericolose. Se dobbiamo abituarci a convivere con il covid dobbiamo anche pensare all’obbligo. C’è qualcuno che pensa che tra 10 anni i bambini italiani non siano vaccinati contro il Covid come oggi lo sono contro il morbillo? Ho vaccinato mia figlia il primo gennaio e l’ho fatto a sua tutela e di quella delle persone che la incontrano.

A proposito di bambini, il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha proposto un mese di stop per la scuola per raffreddare la corsa di Omicron. Cosa risponde?

Non condivido la visione di De Luca. I ragazzi devono tornare a scuola per il loro bene e per quello delle loro famiglie. Non si può lavorare in presenza e non in smart e poi mandare i ragazzi in Dad. Bisogna trovare proposte educative migliori e intensificare le misure che già ci sono come l’areazione della aule, l’uso delle mascherine e la campagna vaccinale. Di certo, non dobbiamo richiudere le scuole.