«Non vedo un risultato politico immediato, questo no. Ma la visita di Renzi al carcere di Padova apre una pagina nuova dal punto di vista delle culture diffuse. È il chiaro segnale che anche quel pezzo di città, possiamo chiamarlo così, è parte della nazione». A Mauro Palma, presidente dell'Autorità garante per i detenuti, non sfugge la novità del gesto compiuto dal presidente del Consiglio, che venerdì scorso ha varcato la soglia del "Due palazzi" e incontrato i detenuti. Non gli sfugge neppure che in questi giorni si avverte davvero un linguaggio nuovo attorno al tema dell'esecuzione penale: non solo grazie alla prima visita di un premier in un penitenziario, ma ovviamente anche per il Giubileo dei detenuti previsto per domenica e per la contemporanea marcia dei radicali per l'amnistia. Tutto in pochi giorni, a riempire improvvisamente uno spazio pubblico che la morte di Marco Pannella rischiava di lasciare sguarnito. Ma per il Garante nazionale dei detenuti, «la scelta del presidente del Consiglio pare destinata a incidere più profondamente dei due eventi, pur importanti, di domenica prossima».Perché, presidente Palma?Con il suo prestigio papa Francesco effonde una luce straordinaria sul tema carcere, e l'iniziativa radicale è di grandissima empatia. Ma per quanto potrà sembrare paradossale si tratta in entrambi i casi di un appoggio esterno, esterno allo Stato intendo dire.È questo che rende più forte l'impatto del gesto di Renzi?Sì, perché quella è una dichiarazione di internità del carcere rispetto allo Stato, è come se Renzi avesse detto di essere presidente del Consiglio anche del mondo carcerario. Viene capovolta la tendenza a rivolgersi verso quel mondo come a un altrove.Cade il tabù del carcere come questione che non porta voti?Si infrange un tabù, certo. E lo si fa in modo a mio giudizio corretto anche considerato che il capo del governo non è andato a Padova ad ammiccare. Mi sta bene che dica di apprezzare chi si interessa del mondo carcerario, come i radicali, ma di non condividerne le posizioni sull'amnistia: di fatto afferma così che il carcere è parte del suo mandato e non nasconde si tratti di una parte problematica.Il fine rieducativo della pena ricaverà benefici da tutto questo?Se ne crea una premessa culturale. L'esigenza di affermare il principio è tanto più forte se pensiamo che il 60-70 per cento dei detenuti ha una pena residua inferiore ai cinque anni, si tratta di persone che ben presto rientreranno nel contesto sociale. Il carcere deve essere innanzitutto un accompagnamento a questo ritorno. Rispettare i diritti e migliorare il percorso trattamentale è anche una convenienza per la società.A cosa si riferisce?Al fatto che se ci si sente vittima di un trattamento inumano si tende a fare meno i conti con quello che si è commesso. Bisogna evitare, nell'interesse della società, che chi entra colpevole già dopo cinque minuti si senta vittima.Lo dica a Davigo: secondo lui gli italiani non rispettano le regole perché prendono meno schiaffi di quanti se ne danno in altri Paesi.Mi dispiace per Davigo ma proprio non è così. Negli ultimi 12 anni mi sono occupato precisamente di controllare l'esecuzione penale in tutti gli Stati d'Europa e posso dire che non esiste l'immagine di un'Italia lassista rispetto ad altri Paesi dove si prendono più schiaffi. Ho monitorato la Gran Bretagna come la Russia e non è vero che dove ci sono i tassi di detenzione più bassi è maggiore il numero di reati. Noi abbiamo una percentuale di detenuti dello 0,9 per mille rispetto alla popolazione, in un Paese notoriamente non lassista come la Germania siamo allo 0,7. Abbiamo punti di forza e elementi di debolezza.Quali sono?Due elementi positivi su tutti: la presenza della società civile nel carcere attraverso il volontariato e la qualità del personale che opera all'interno degli istituti, veramente elevata.E i punti deboli?Una certa incuria dei luoghi: ci sono carceri dove non arriva l'acqua e la fornitura viene assicurata a costi incredibili. E poi c'è una generalizzata sfiducia nel sociale, per cui l'affidare una persona agli operatori esterni è percepita come rinuncia al diritto dovere di reprimere i reati.Torniamo al giubileo di domenica: non è comunque un evento epocale?E dipende da cosa dirà il papa. Mi aspetterei che facesse emergere per esempio la distonia tra l'idea di misericordia e il fatto che nel nostro sistema penitenziario ci possono essere persone a cui è preclusa la liberazione condizionale.Si riferisce all'ergastolo ostativo?Naturalmente: io parto dal presupposto che ogni singola persona e quindi ciascun detenuto abbia il diritto alla speranza e il diritto a essere rivalutato. Negarli contrasta proprio con l'idea di misericordia.E lei condivide la lotta dei radicali per l'amnistia?Non mi tiro mai indietro rispetto alle ipotesi di arrivare a una minore rigidità dei sistemi ma sono più propenso a riforme strutturali che a interventi eccezionali. Anche in seguito alla sentenza Torreggiani, quando mi sono trovato a presiedere la commissione del Consiglio d'Europa sui provvedimenti, mi sono pronunciato affinché l'Italia rimediasse con misure stabili. Ma su amnistia e indulto c'è un punto su cui agire.Quale?Il vincolo previsto dall'articolo 79, che pone la soglia, di fatto irraggiungibile, dei due terzi. In questo senso la lotta può dare forza a iniziative di legge come quella del senatore Manconi, che propongono di abbassare le soglie.La riforma penitenziaria non tocca l'articolo 4 bis, che regola appunto i casi di pene ostative, senza possibilità di benefici.È così, nonostante qualche fraintendimento: la delega propone di abolire gli automatismi preclusivi salvo nei casi di gravità indicati appunto dall'articolo 4 bis. In pratica l'efficacia del provvedimento è residuale. Ma nella delega ci sono importanti aspetti innovativi, dall'ordinamento penitenziario per i minori all'affettività in carcere. Magari fosse approvata.Pensa sia meglio stralciarla dal ddl sul processo penale?No, ho sempre detto che sistema penale e penitenziario devono procedere insieme. Il secondo è il punto di caduta del primo. Anche se egoisticamente potrei dire il contrario, preferisco si preservi l'omogeneità del sistema.In questi primi mesi il Garante nazionale dei detenuti ha fatti ispezioni ovunque: dove avete trovato le emergenze più gravi?Più che dalle carceri, dove restano i nodi dell'approccio nei trattamenti sanitari e dei trasferimenti, l'allarme viene dai trattamenti sanitari obbligatori, dai rimpatri forzati e dagli uffici di carabinieri e polizia dove si è trattenuti dopo l'arresto.I radicali l'hanno invitata alla marcia?Sì ma ho risposto che pur condividendo lo spirito che la anima, non partecipo ad alcuna marcia o petizione orientata a esercitare sollecitazioni sul potere legislativo, al quale dovrò presentare una relazione annuale.E sarà al giubileo dei detenuti?Sono invitato come istituzione, insieme con altre istituzioni dello Stato.