«Ho deciso di candidarmi come indipendente per dare ai colleghi la possibilità di una scelta ulteriore rispetto a quella proposta dalle correnti. La responsabilità, in questo momento cruciale, è di tutti i magistrati che hanno la possibilità di cambiare le cose». Stanislao De Matteis, sostituito procuratore generale presso la Corte di Cassazione, già giudice in Campania, prima al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e poi a quello di Napoli, stimato giudice fallimentare, si è candidato, senza l’appoggio di alcuna corrente, per uno dei due posti destinati al collegio di legittimità.

Consigliere De Matteis, perché ha deciso di candidarsi al Csm da indipendente? Non vuole che il suo nome sia associato a qualche corrente?

Guardi, vorrei fare una premessa. Tutti i magistrati italiani dovrebbero avere un debito di riconoscenza nei confronti delle correnti. Se quando sono entrato in magistratura nel ’ 94 ho trovato un modello di magistrato aderente al dettato costituzionale, è perché ci sono state le correnti prima e l’Associazione nazionale magistrati dopo ad imprimere la svolta culturale dopo il Regime fascista. A metà degli anni ‘ 90, era un piacere partecipare all’attività dei gruppi associativi. Uno dei miei magistrati affidatari è stato Aldo Policastro, all’epoca segretario di Md, e poi Nicola Quatrano; ricordo ancora, come se fosse oggi, il tirocinio al dibattimento penale con Carmine d’Alessandro ed Enzo Albano. Parliamo di colleghi di altissimo livello. Erano fonti di insegnamento nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali e modelli ai quali ispirarsi.

Come vede i candidati di Altra proposta, il gruppo favorevole al “sorteggio”?

Li stimo. Io sono uno dei sorteggiati ma ho declinato, consapevole di perdere un buon numero di voti essendo già candidato indipendente. Ho rinunciato perché non voglio correre contro qualcuno, né per qualcuno. Intendo solo mettere a disposizione dei colleghi la mia esperienza professionale per un Csm plurale, nel segno della legalità, della trasparenza e della semplificazione al servizio delle istituzioni e nell’interesse dell’intera categoria senza logiche di appartenenza.

Ci parli della sua attività associativa.

Ho fatto parte di Unicost a Napoli nella seconda metà degli anni ‘ 90. Insieme ad alcuni giovani colleghi iniziammo un percorso di rinnovamento del gruppo, sfociato nella fondazione di un giornale dal nome evocativo, “Il ghibellin fuggiasco”. Dal 1996 al 1998 ho ricoperto la carica di segretario della sottosezione dell’Anm di Santa Maria Capua Vetere. Nel triennio 2005- 2008 sono stato componente del Consiglio giudiziario presso la Corte di Appello di Napoli. Erano anni molto difficili, ricordo il documento firmato da oltre 70 pubblici ministeri contro l’allora procuratore della Repubblica di Napoli Agostino Cordova. Ma furono anche anni di grandi cambiamenti, con la legge Castelli- Mastella che ha tipizzato gli illeciti disciplinari, introdotto le valutazioni di professionalità e gerarchizzato gli uffici.

Quali effetti ha avuto quella legge?

Beh, è chiaro che ha cambiato radicalmente la magistratura e le correnti: alla prima è stata impressa una matrice “funzionariale”, così erodendosi il suo valore di strumento di razionalizzazione dello Stato di diritto; le seconde, da centri di elaborazione culturale, sono diventate prevalentemente centri di potere con obiettivo principale la distribuzione degli incarichi.

Il Sistema Palamara?

La vicenda emersa è solo la punta di un iceberg di un’attività di spartizione correntizia. Come mi ha detto una collega che ho sentito in campagna elettorale, le correnti vedono gli incarichi come un piatto di dolci: cercano di prendere quello più appetitoso e anche chi è a dieta sceglie di mangiarne uno.

Palamara è un capro espiatorio? C’è stato accanimento nei suoi confronti?

Il processo nei suoi confronti è stato rapido; questo è un dato oggettivo. Però bisogna distinguere: Palamara è stato radiato dalla magistratura per aver partecipato all’incontro presso l’hotel Champagne dove insieme a dei politici e a dei consiglieri del Csm si cercava di decidere la nomina del procuratore di Roma nell’inconsapevolezza del diretto interessato (Marcello Viola, ndr). Poi ci sono chat di chi gli chiedeva favori. Ecco, sulle chat si è agito a “corrente alternata”: alcuni si sono salvati ed altri no. Il tutto seguendo una logica del chi ha più “giocatori” ( i consiglieri del Csm) vince. Senza considerare che certi magistrati hanno per definizione una patente di legalità ed altri invece no; e senza considerare infine che sono state acquisite le sole chat di Palamara.

Lei è in Procura generale. L’allora procuratore generale Giovanni Salvi ha firmato una circolare che esclude l’autopromozione dagli illeciti.

Io non l’avrei fatto ed avrei valutato caso per caso. Però mi domando, dov’era il ministro della Giustizia, titolare anch’egli dell’azione disciplinare? Ricordo, peraltro, che la riforma Cartabia ha previsto come illecito disciplinare l’auto- promozione, nella sostanza sconfessando la circolare Salvi.

Come ha vissuto la base della magistratura lo scandalo Palamara?

Con grande scoramento. Si è squarciato un velo; ciò ha determinato un crollo della credibilità dell’istituzione. Dopo Mani pulite la magistratura aveva assunto un ruolo importante nell’opinione pubblica. È necessario riconquistare la fiducia dei cittadini nella magistratura e soprattutto superare il senso di scoramento che affligge la maggioranza dei colleghi, giovani e meno giovani, che quotidianamente, con abnegazione, esercitano le funzioni giurisdizionali.

Ci dia un giudizio sulla riforma Cartabia.

Io ne ho un giudizio profondamente negativo, perché – e non aggiungo altro - allontana ulteriormente la magistratura dal modello che la Costituzione le assegna.

Un’ultima domanda: lei è componente elettivo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, si sente in conflitto di interessi a partecipare alla campagna elettorale per il Csm?

Assolutamente no. Questa è una non notizia. È a tutti noto che nel 2018 sono stato eletto al Cpgt. La legge Cartabia, a tal riguardo, non pone limitazioni, incompatibilità o ineleggibilità. Oggi, come ieri, porto avanti la mia candidatura da solo, in piena libertà, non designato da alcuna corrente, con riserbo, linearità e trasparenza nei rapporti con i miei colleghi elettori, e questo evidentemente dà fastidio. Saranno questi ultimi a scegliere democraticamente chi mandare al Csm senza condizionamenti di sorta, sulla sola base dei profili professionali dei candidati, del loro patrimonio culturale e della loro storia.