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Il ministro della Giustizia Bonafede e il premier Conte
Non si salva nessuno, né i vecchi partiti, si fa per dire, né i nuovi; ma nemmeno gli italiani. Tutti sapevano che se si voleva rinnovare le istituzioni e superare la stallo sul sistema della prima repubblica, bisognava garantire la stabilità dei governi e il ricambio democratico delle maggioranze. In sostanza bisognava uscire dal sistema consociativo, che rendeva i governi fragili ed impediva il ricambio e l'alternanza.La fine della Guerra fredda con il crollo dei regimi comunisti poteva rappresentare il momento giusto, ma si era già capito con il fallimento della commissione del liberale Aldo Bozzi per le riforme istituzionali e poi con l'accoglienza ostile alla proposta della ' grande riforma' di Bettino Craxi, che le rendite di posizione del consociativismo avevano generato un sistema di potere e una logica spartitoria delle risorse pubbliche che andava bene a tutti compreso il maggior partito di opposizione e cioè il Pci. Anzi proprio il Pci godeva i vantaggi di presentarsi come partito di lotta e di governo.Quando, a seguito dal crollo del Muro di Berlino, il processo di formazione dell'Unione Europea subì un'accelerazione, tutti capirono che bisognava riformare il sistema per contenere la spesa pubblica e i costi crescenti del debito pubblico edin più ridurre il peso della mano pubblica nell'economia. In questo difficile passaggio, invece della riforma dei partiti, richiesta dal presidente della repubblica Cossiga e le riforme delle istituzioni, proposta da Craxi, si arrivò allo scoppio di Tangentopoli. Che, guarda caso, colpì proprio colui che aveva proposto la grande riforma, ma che si trovò pesantemente immischiato nel sistema, da tutti praticato, del finanziamento illegale della politica. Da allora in poi cominciò la giostra delle riforme elettorali, anche se si sapeva che da sole non avrebbero risolto i problemi. Tanto è vero che si tentò per due volte ancora la via delle commissioni bicamerali per le riforme. Poi, in verità, ci fu il tentativo, prima di Berlusconi, poi di Renzi, di riformare la costituzione.Come tutti sanno, gli italiani le affossarono per via referendaria. Forse non erano buone riforme, ma in politica tutto si può aggiustare. Se si vuole. In realtà, aldila dei partiti, impegnati in gigantesche operazioni trasformistiche e nel cambio di etichette, il sistema di potere, grazie al sostegno del circo mediatico, bocciò qualsiasi tentativo di riforma. Rimase solo la giostra delle riforme elettorali, sempre ondeggianti fra maggioritario e proporzionale, senza mai raggiungere l'effetto della stabilità e della efficacia degli esecutivi. Nello stesso tempo, fatta fuori la vecchia classe dirigente di governo, la selezione politica, senza solidi partiti, è avvenuta alla rovescia. Si sono affacciati sulla scena leader più portati alla visibilià mediatica che alla dura realtà della politica, sia nello scenario europeo che in quello internazionale.Dopo il Mattarellum, il Porcellum, il Rosatellum, adesso, come nel gioco dell'oca, siamo tornati al proporzionale. Con sbarramento, si dice, come in Germania, ma la Germania ha un assetto istituzionale ben diverso: ha la camera delle regioni, come confusamente voleva Renzi; più la sfiducia costruttiva; più un cancelliere che ha peso e guida il governo. Da noi rimangono presidenti del Consiglio per tutte le stagioni. Purtroppo siamo in un periodo di grande turbamento stagionale ed elettorale.