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Due Italie a confronto. Ma, allargando lo sguardo, possiamo anche dire due visioni dell'Europa che si contendono la supremazia politica sul tema oggi più scottante: i migranti.Papa Francesco, instancabile nel sottolineare la centralità dell'essere umano, lo rammenta quasi ogni giorno: il valore dell'accoglienza, di chi fugge da guerre e povertà, deve essere messo al primo posto. Ma non è così facile farlo capire, farlo arrivare nella testa e nei cuori sia degli italiani che degli europei.Ieri diverse notizie raccontavano questo dilemma. In Italia da una parte è arrivata la candidatura all'Oscar come titolo italiano di Fuocoammare, il film che ha vinto l'Orso d'oro a Berlino e che racconta Lampedusa. L'opera di Gianfranco Rosi, che sta al confine tra documentario e finzione inventando un genere nuovo di grande potenza narrativa e visiva, è il ritratto di un'isola che accoglie i migranti. Che li aiuta, li ama, li vede morire. È la storia di Pietro Bartolo, il medico che li cura spesso in fin di vita, spesso ustionati, cercando di lenire i loro dolori. È il ritratto dell'Italia che resta umana.Dall'altra invece c'è un'Italia che dice no ai migranti. Secondo un sondaggio DemosRepubblica, pubblicato ieri dal quotidiano, l'83 per cento vuole più controlli nell'area di Schengen: il 48 per cento chiede di ripristinare sempre i controlli, il 35 per cento solo in circostanze particolari. La paura dei migranti, a prescindere dalle reali conseguenze sulla vita delle persone, è il grande tema che l'Europa, non solo il nostro Paese, si trova davanti. È un bivio: o pensare politiche comuni che affrontino questo dramma, conseguenza di quella che - sempre Francesco - chiama terza guerra mondiale; oppure far sì che ogni Paese proceda per conto proprio, ripristinando appunto le frontiere o costruendo nuovi muri. Il rischio è che prevalga la seconda opzione. Il voto di domenica nel Canton Ticino è molto chiaro: ai muri si risponde con altri muri. I nostri connazionali vogliono chiudere le porte ai migranti, gli svizzeri chiedono con un referendum di chiudere le porte ai frontalieri, gli italiani che si recano in Svizzera per lavoro e che, secondo l'accusa dei locali, lo "rubano" a loro. È come nella fattoria degli animali: se si dà vita a un meccanismo, in questo caso il rafforzamento dei confini nazionali, ci sarà sempre qualcuno che è più adatto di te a stare in un posto. Purtroppo oggi la strada che sta prevalendo sembra questa. Ieri il presidente francese Hollande si è recato per la prima volta a Calais. La città ospita il più grande campo profughi d'Europa, abitato da coloro che dalla Francia tentano di spostarsi in Inghilterra. La Gran Bretagna, come risposta, vorrebbe costruire un muro. Hollande ieri ha detto che bisogna «smantellare il campo» e assistere i migranti. Ma «Londra deve fare la sua parte» in quello che il presidente chiama «sforzo umanitario». Il Regno Unito ha già risposto: la questione non li riguarda e vogliono andare avanti con il progetto del muro. La tendenza è questa. Lo è anche nei paesi balcanici, investiti dalla rotta migratoria via terra, che soprattutto nei mesi invernali diventa l'unica possibile.Muri, muri: troppi muri. Poi c'è Fuocoammare e allora si capisce che ci può essere un'alternativa e che questa alternativa deve avere un respiro politico europeo. È sui migranti e sulla tenuta umanitaria del progetto di Spinelli che si gioca il futuro. E in questo c'è una parte d'Italia, molto bene raccontata da Gianfranco Rosi, che dà un esempio raro di umanità e di visione politica. Ci sono alcune scene che spezzano il cuore. Quando il medico di Lampedusa, Bartolo, racconta il dolore che prova nel soccorrere persone che stanno per perdere la vita o la hanno persa. Poi ci sono le immagini: sacchi neri con dentro defunti che rischiano di restare solo numeri. Sono scene che lasciano senza fiato, che aiutano a capire più di tanti discorsi. Sarebbe importante se il film di Rosi venisse scelto dall'Europa per andare a Hollywood. Sarebbe importante se vincesse. Non solo per il regista, che lo merita. Un po' anche per noi, e per l'Italia e l'Europa che verranno.