«A Torino il presidente di Confindustria ha parlato per sè». Dritto nell’analisi e schietto nei modi, il presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, non ama l’artificio della dissimulazione.

Durante la manifestazione di Torino per il Sì alla Tav, tra categorie produttive e il ministro Salvini sono volate parole grosse...

Alt, la fermo subito. A Torino erano presenti 12 associazioni di imprese, tra le quali Confartigianato. Lì abbiamo sottoscritto un documento che chiede un piano strategico di sviluppo del paese, ma le cose che ha detto il presidente di Confindustria, Enzo Boccia, in quel documento non c’erano. Boccia ha parlato per se stesso, non per tutti.

Quindi lei si dissocia dall’appello lanciato al premier Giuseppe Conte?

Vuole sapere cosa penso? Che Boccia abbia fatto solo la figura del cafone, a rivolgersi così a Conte. Noi eravamo lì per sottoscrivere un documento sulle infrastrutture, invece a un certo punto ci si è messi a discutere di altro. Di più, si sono sentite baggianate dette in libertà, di cui Boccia si assume la responsabilità.

Eppure a quel tavolo era seduto anche lei.

Le dico la verità che ero scettico anche prima di sedermi. Col senno di poi, penso che tutti noi altri abbiamo fatto la figura delle “madamine”. Tutta la scena l’ha presa Boccia con delle risposte preparate e potevamo ampiamente aspettarci che sarebbe finita in questo modo.

Colpa dei media anche questa volta?

Guardi, io sono per la libertà di cronaca, ma ognuno si prenda la responsabilità delle cose che dice. A Torino doveva essere un’operazione super partes, invece è diventato il palco di Boccia, e i giornalisti sono andati tutti da lui. Ma chi dovrebbe rappresentare?

E i tremila in sala?

Boccia ha detto tremila per fare il gradasso, peccato che la sala contenesse 1500 persone e le assicuro che non c’era nessuno in piedi. Aggiungo anche che i numeri in sala erano nostri, di Confartigianato, Confagricoltura e le altre sigle presenti, non certo di Boccia. Noi siamo in tanti e votiamo, Confindustria sganascia e basta.

Nel merito, però, lei condivide l’idea che il governo debba fare marcia indietro sul deficit?

Io condivido la logica espansiva della manovra, anche se questo significa fare debito. Attenzione, però, purchè il debito sia fatto per investimenti e non per l’assistenzialismo.

Si riferisce al reddito di cittadinanza?

Non sto dicendo che chi è in difficoltà non debba essere aiutato, dico che considero diseducativo farlo vita natural durante. Altrimenti la gente potrebbe legittimamente chiedersi perchè mai si debba lavorare. Al paese servono investimenti, che sono a vantaggio dell’intero sistema paese. Il reddito di cittadinanza andrebbe fatto coi numeri: quante sono le risorse e quanta la platea degli aventi diritto? L’equazione deve stare in piedi, altrimenti non funziona.

Quindi per lei non teme le ripercussioni dei mercati, se la manovra non cambia?

Faccio un discorso diverso: se la manovra contiene investimenti produttivi, per me il deficit può arrivare anche al 3%. Lo dico in modo chiaro: il debito non deve far paura, perchè le categorie produttive del Paese sono in grado di pagarlo, purchè ci lascino lavorare e il debito sia fatto per investire. Questo dovrebbe fare il governo del cambiamento.

A Torino avete chiesto anche si prosegua con la Tav.

Il tema è anche più ampio. L’Italia da trent’anni non ha un piano regolatore del sistema di trasporti di merci e persone. Questo riguarda sia il nord che il sud, che deve ripartire grazie agli investimenti in infrastrutture. Serve un’analisi di ciò che serve, di ciò che si sta facendo, di ciò che c’è e di cosa va cambiato. La Tav rientra tra le cose che si stanno facendo e che non ha alcun senso interrompere: si tratta di una infrastruttura che si rivolge a una piattaforma di mercato europea. Come si può pensare di sganciarsi? È una cosa assurda.

I no Tav dicono che non serva e che produca danni ambientali.

Guardi, questo discorso con me non funziona. Io abito a Malpensa, vicino all’aeroporto: lei pensa che sia bello, alle 3 di notte in estate con le finestre aperte, sentire il decollo di un cargo? Eppure le infrastrutture servono e vanno fatte. Quanto al fatto che non serva, le dico questo: io non glielo so dire per certo, ma propendo per il fatto che serva. E comunque, la gente pensa che le merci volino da sole? Il trasporto in Italia viaggia su gomma e su rotaia.

Lei parla di piattaforma europea, ma come si concilia questo con la violazione dei trattati economici?

Lei parte dalla prospettiva sbagliata. Sono d’accordo che il governo abbia sbagliato a urlare e ad alzare i toni con l’Europa. Sono anche convinto, però, che se l’Italia avesse proposto l’ aumento del debito, giustificandolo con la volontà di investire, la manovra sarebbe stata considerata un’operazione credibile.

Insomma, i possibili esiti della manovra sui mercati non la spaventano?

La manovra non ci sta penalizzando più di tanto, anche perchè noi artigiani la cosiddetta industria 4.0 ce la siamo pagata di tasca nostra: a noi le banche i soldi non li prestano. Le dico cosa pensa un piccolo imprenditore: il lavoro a noi non fa paura, però vogliamo correre iniziando dalla stessa linea di partenza e con lo stesso peso nello zaino.

Nemmeno lo spread è un problema?

L’Italia è il secondo paese manifatturiero dopo la Germania, ma tra le nostre regioni produttive scontano uno spread al 20% rispetto ai Länder tedeschi. Questo è lo spread da superare. Il futuro del paese non sta nell’inutile tentativo di fare concorrenza alla Cina. Dobbiamo puntare sulla qualità dei nostri prodotti, sul valore artigiano, che è sia economico che sociale. Noi piccoli e medi imprenditori viviamo sul territorio, non delocalizziamo e facciamo il vero made in Italy.

E il governo questo lo sta facendo?

È un problema che non si risolve in due mesi, non si possono dare tutte le colpe a chi governa oggi. Certo, non dico che non abbiano preso cantonate e detto stupidaggini, ma non è che il governo precedente non ne abbia dette.