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La nomina era nell'aria da tempo e del resto il nome è così autorevole e convincente che non poteva che essere accolto con favore anche dal nuovo presidente del Consiglio Mario Draghi. Naturalmente parliamo della nomina dell’ex presidente della Consulta, Marta Cartabia, al ministero della Giustizia. Il nome, nei giorni più caldi della crisi del governo Conte, era addirittura stato accostato a Palazzo Chigi. E non è un segreto che molti parlamentari la vedano come candidata ideale per il Colle del dopo Mattarella. Ma per questo c’è tempo. Per il momento la presidente Cartabia dovrà gestire uno dei ministeri più difficili e delicati. Non solo per la delicatezza delle questioni che qualsiasi guardasigilli di ogni governo deve affrontare, ma anche per la particolarità della nuova maggioranza. Sulla giustizia Forza Italia e Movimento 5Stelle hanno idee agli antipodi. Per non parlare di Renzi, col quale i grillini pensano ancora di avere un conto da saldare. Insomma, la presidente Cartabia ha avuto un gran coraggio ad accettare un dicastero così divisivo per la maggioranza di governo. Ma quello che può sembrare un limite, un punto di debolezza, può forse diventare un punto di forza. La distanza tra i partiti è tale che sulla Giustizia si rischia la paralisi assoluta. Per questo motivo i vari Renzi, Bonafede e Berlusconi non potranno far altro che affidarle i dossier più caldi sapendo di poter condizionare le sue scelte solo in minima parte. È chiaro a tutti, inoltre, che Marta Cartabia sia considerata “fuori dalla mischia”, lontana anni luce dal “teatrino della politica” e dalle beghe di Palazzo. Marta Cartabia, ne siamo certi, sarà guidata dal faro della Carta Costituzionale e porterà il ministero di Via Arenula dentro i binari del diritto, quello con la “D” maiuscola.