Il calderone polemico - pour cause repentinamente ridimensionato - prodotto dalle affermazioni del capo della Protezione civile Angelo Borrelli sul 16 maggio come possibile data di fine lockdown, illustra al meglio la problematicità e la confusione che fanno da alone alla cosiddetta Fase 2, quella della annunciata convivenza con il Covid-19. La realtà è che più passano i giorni più diventa urgente, ancorché inevitabile, procedere ad una sorta di operazione verità nei confronti degli italiani. Abbiamo capito che il virus verrà debellato solo in presenza del vaccino, che sarà pronto tra un anno. Non si può chiudere in casa per 12 mesi un intero Paese né è possibile dichiarare ora il liberi tutti. Allo stesso modo, è giusto e doveroso che il governo abbia demandato agli scienziati il compito di monitorare lepidemia: fermo restando che sarebbe ipocrita e disastroso accollare a loro la responsabilità di come procedere. Tocca alla politica, al potere pubblico decidere, prendendosi la responsabilità anche di scelte dolorose e impopolari. Tradotto. Se bisogna attendere non il famigerato picco di contagi (già raggiunto?) ma la loro sostanziale scomparsa e se questo obiettivo verrà raggiunto tra un anno o giù di lì, allora il governo lo deve dire con chiarezza ai cittadini, spiegando le ragioni di un surplace così lungo. Se al contrario quella strada è impercorribile, fin da subito è necessario che si faccia capire bene e senza ombre come la convivenza possa essere gestita: sia a livello personale, che industriale, che di massa. Fermo restando il dovere della prudenza, la sostanza è che continuare ad affastellare date che si capisce lontano un miglio non saranno definitive minaccia di alimentare incertezza e disorientamento, gettando benzina sul falò dello scontento. Con conseguenze sociali che è facile intuire. Gli italiani vanno messi di fronte alla realtà. Se è necessario che restino a casa altri due, tre o chissà quanti mesi è fondamentale dirlo con la gravità che il momento richiede. Se invece ci sono altre soluzioni, è altrettanto fondamentale che ci si lavori da subito, senza crearsi alibi. Spiegandolo per bene. Farsi scudo degli scienziati non aiuta: se e come far ripartire il Paese tocca alla politica, e agli uomini che la incarnano e rappresentano, stabilirlo.