A causa dell’emergenza sanitaria che ha imposto il rallentamento dell’attività giudiziaria, alcuni Tribunali hanno inaugurato una nuova prassi che consente, nei procedimenti di separazione consensuale e di divorzio congiunto, di bypassare l’udienza e di definire il giudizio con trattazione scritta.

In particolare, moglie e marito dichiareranno con atto separato di essere stati informati della possibilità di procedere comunque. L’insostituibile ruolo dell’avvocato nelle separazioni: dal vivo e non in remoto

Acausa dell’emergenza sanitaria che ha imposto il rallentamento dell’attività giudiziaria, alcuni Tribunali hanno inaugurato una nuova prassi che consente, nei procedimenti di separazione consensuale e di divorzio congiunto, di bypassare l’udienza e di definire il giudizio con trattazione scritta.

In particolare, moglie e marito dichiareranno con atto separato di essere stati informati della possibilità di procedere comunque, senza la comparizione fisica all’udienza, di confermare le condizioni formalizzate dell’atto, di aderire liberamente e di non volersi riconciliare. Le dichiarazioni, sottoscritte dalle parti, verranno trasmesse al Tribunale tramite pec.

A molti potrà sembrare un’innovazione, così come inizialmente appaiono tutte quelle novità che vorrebbero avere il pregio di velocizzare e snellire le procedure.

Ma in realtà non è proprio così. È doveroso, infatti, porsi alcune domande in ordine alla ritualità di una tale rilevante modifica del nostro sistema processuale.

L’udienza cui segue l’omologazione del verbale di separazione consensuale e quella a seguito della quale viene emessa la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ( sempre su ricorso congiunto delle parti) hanno una finalità ben precisa, individuata nelle norme del codice di procedura civile e nella legge n. 898/ 1970.

L’art. 711 c. p. c. precisa a chiare lettere che “… il presidente … deve sentirli [ ndr: i coniugi] nel giorno da lui stabilito e curare di conciliarli nel modo indicato nell’art. 708…”; la legge sul divorzio ( n. 898/ 1970) all’art. 4, comma 16, chiarisce che “… il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l’esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all’interesse dei figli, decide con sentenza…”.

Il Legislatore, dunque, incarica il Presidente di sentire i coniugi, i quali devono confermare innanzi a lui di volersi separare, una volta fallito il tentativo di conciliazione, o di volere divorziare alle condizioni concordate, condizioni peraltro la cui conformità agli interessi della prole ( qualora presente) deve essere vagliata dal Tribunale.

Si ritiene, pertanto, che una dichiarazione sottoscritta dalle parti non possa ritenersi sostitutiva della partecipazione ad un’udienza di comparizione personale davanti al Giudice.

Il Tribunale di Milano, che ha una sezione specializzata in materia di diritto di famiglia, contrariamente agli Uffici giudiziari che hanno aperto le porte al c. d. divorzio con trattazione scritta, non ha previsto, almeno per ora, che l’udienza presidenziale dei procedimenti di separazione consensuale e di divorzio congiunto possa trovare un’alternativa rispetto a quanto previsto dal codice di rito e dalla legge speciale, anche se è del tutto probabile che si uniformi alla nuova prassi anticipata da altri Tribunali.

I protocolli di cui i singoli Uffici giudiziari si sono dotati non rappresentano fonti del diritto e, come tali, non possono derogare alla disciplina vigente, dovendo solo adempiere ad una funzione di una miglior gestione delle udienze.

I formalismi processuali previsti dalle norme ben difficilmente possono ritenersi superabili tramite protocolli o linee guida, occorrendo invece un intervento del legislatore. Si tratta di un intervento necessario per rendere più snelli i procedimenti di separazione consensuale e divorzio congiunto, posto che gli avvocati esperti in materia familiare ben sanno comporre adeguatamente il conflitto dei loro assistiti, avendo nel contempo particolare riguardo alla tutela della prole, specie se di minore età.

Il ruolo dell’avvocato nei procedimenti di separazione consensuale e in quelli di divorzio congiunto è, infatti, ben più ampio della semplice assistenza alla parte, avendo il difensore il compito di portare a termine una trattativa, spesso molto delicata, con il fine di redigere accordi che coinvolgono diritti personalissimi, anche di coloro che, formalmente, non sono parti del processo, quali i figli. Molte volte accade che l’avvocato esperto in materia familiare si trovi a dover spiegare al proprio cliente che le condizioni che egli desidererebbe inserire nell’accordo non sono adeguate o corrette o idonee, proprio perché, in alcuni casi, esse potrebbero rivelarsi contrarie all’interesse della prole e, in altri casi, potrebbero risultare insufficienti a garantire il rispetto dei doveri nascenti dal matrimonio. Il vaglio delle condizioni di un accordo di separazione consensuale e di divorzio congiunto, ancor prima che dal Giudice, viene svolto dall’avvocato, che ha un ruolo fondamentale nella gestione della crisi della coppia.

Del resto, le più recenti riforme hanno previsto la possibilità di raggiungere accordi di negoziazione assistita con l’ausilio degli avvocati delle parti, rendendo addirittura superfluo il controllo da parte dell’organo giudicante. È noto infatti che gli accordi di negoziazione devono essere semplicemente depositati presso la Procura della Repubblica, in funzione della successiva autorizzazione o del nulla- osta. E questo perché gli Avvocati hanno svolto la loro funzione !

* Avvocata in Milano, Presidente nazionale AIAF Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori