Ieri sul Fatto Quotidiano, in prima pagina, è apparsa una vignetta molto spiritosa. L’autore è Vauro, Vauro Senesi, ex manifesto, ex Anno Zero, disegnatore e umorista raffinato, geniale e spiritosissimo; un tipo strano che è un incredibile miscuglio tra profondo stalinismo e spirito di libertà.

La vignetta ( che riproduciamo a pagina 15), oltre al disegno come al solito grazioso, contiene un testo esplicito e graffiante. Dice così: «Quando si accorsero di essere diventati tutti Salvini era ormai troppo tardi». Non ho capito benissimo se si trattava di vignetta critica o autocritica, se cioè ce l’avesse con Minniti, o Renzi, o altri esponenti del partito democratico, o se invece avesse come bersaglio il suo stesso giornale. Lettera aperta agli amici silenziosi del “Fatto Quotidiano”

Certo, leggendo l’editoriale di Marco Travaglio, pubblicato proprio accanto alla vignetta, si aveva la netta sensazione che Vauro ce l’avesse proprio con Il Fatto. Era intitolato «Ong o Ogm» ed era un articolo sferzante e ben scritto ma in pieno stile Salvini. Così come era di marca leghista il titolo d’apertura del giornale: «L’azione delle Ong finisce per favorire gli scafisti».

Ormai da diversi mesi il direttore del Fatto ha dato al suo giornale questa piega, e cioè una linea politica molto simile e spesso identica a quella della Lega. Noi non possiamo sapere se è stata una scelta autonoma o se è stata la conseguenza della scelta filo- leghista di Beppe Grillo. Né possiamo sapere se la svolta di Beppe Grillo sia stata dettata da una autentica convinzione intellettuale, o da un calcolo elettorale, o addirittura dall’ipotesi ( che non è più così lontana) di dovere tra qualche mese realizzare un’alleanza di governo tra Salvini e i 5 Stelle.

Nessuna di queste ipotesi ci scandalizza. Né ci scandalizza la svolta – come dire? - un po’ sovranista di Travaglio. In politica tutte le posizioni sono legittime, hanno diritto di esistere, di esprimersi e di dare battaglia. Più sono, più sono vivaci, più ne guadagna la democrazia.

Io però resto un po’ perplesso di fronte alle reazioni – anzi: alle non reazioni – che traspaiono dall’interno del giornale. Faccio questo mestiere da un po’ più di quarant’anni e conosco la storia recente del giornalismo. È una storia di battaglie dentro i giornali. Certo, battaglie di potere, ma anche battaglie di idee. Quando, nei primi anni settanta, l’editrice Giulia Crespi - suggestionata dal sessantotto – e il direttore Piero Ottone - borghese molto illuminato – abbandonarono le sponde moderate e portarono il Corriere della Sera su posizioni originali, laiche e spregiudicate ( un pochino pochino di sinistra...) in redazione ci fu la rivolta. Guidata nientemeno che da Indro Montanelli. Si combatté a lungo, e poi Montanelli prese un gruppetto di giornalisti e se ne andò a fondare un altro giornale. Al Messaggero di Italo Pietra, più o meno negli stessi anni, successe qualcosa di simile. E successe di nuovo al Corriere, a parti invertite, con la direzione Ostellino e il gruppo di Raffaele Fiengo in conflitto permanente da sinistra. Succedeva a Paese Sera, succedeva al manifesto, dove le battaglie politiche sono continuate fino a pochissimo tempo fa, e hanno lasciato tante vittime sul campo. Personalmente ricordo bene le lotte aspre che conducemmo all’Unità, tra filo- partito e autonomisti, o tra ingraiani e amendoliani, tra comunisti e - esagero un po’ con questa parola... - liberali. E ricordo le bastonate che ci davamo a Liberazione, anche perché ne presi parecchie...

La forza del giornalismo, e la cartina di tornasole della sua libertà, è sempre stata questa. La capacità dei giornalisti di fare il proprio mestiere, in modo professionale e talvolta distaccato, ma senza abbandonare la propria personalità, le idee, i punti di vista, e senza rinunciare a farli emergere, a a rivendicare i propri diritti intellettuali.

Ora io mi chiedo questo: il Fatto Quotidiano è una testa che è stata fondata da Antonio Padellaro e da Furio Colombo, due esponenti storicamente legati a idee e posizioni limpidamente di sinistra. E che infatti, in gran parte, quelle posizioni ancora esprimono, però da una collocazione, sul giornale, sempre più marginale. E la redazione del quotidiano è stata formata, almeno un una prima fase, quasi tutta da giornalisti di sinistra. Come può succedere, a un certo punto, che il giornale diventi un giornale impegnato in una campagna feroce contro le Ong, contro diritti dei più poveri, a favore dell’inasprimento delle pene e del carcere duro, nemico giurato di chiunque – da Renzi a Del Rio a Pisapia – si proponga per accompagnare o guidare un governo di centrosinistra, e che esprima questa sua linea da posizioni assolutamente identiche a quelle dei giornali classici della destra ( come Libero, la Verità,

il Giornale), senza che tutto ciò provochi alcuna reazione?

Non trovo che ci sia nulla da eccepire sulle posizioni di quei tre giornali, dichiaratamente di destra, ma l’abbordaggio del “Fatto” lascia quantomeno stupiti.

E quel che lascia più stupiti è il silenzio. La calma piatta tra i giornalisti di sinistra che si trovano affiancati a Belpietro e Feltri.

Vedo solo due spiegazioni. Ma nessuna delle due mi tranquillizza. La prima è che ormai chiunque consideri normalissima l’interscambiabilità delle idee e dei principi. Anche molto rapida. Intendiamoci, non sto parlando dell’evoluzione o della modifica delle proprie idee, che è cosa sacrosanta e, per fortuna, frequente. Parlo dell’abolizione delle idee, della decisione di considerarle semplici variabili dipendenti della realtà, o del mercato. Secondo il principio - che però era un po’ più complesso di come lo dico io – secondo il quale qualunque cosa sia reale è anche razionale.

La seconda ipotesi è che il giornalismo “intellettuale” sia morto e sepolto. Sepolto non da un giornalismo freddo, tecnico, oggettivo, di marmo. No, al contrario: seppellito due metri sotto terra da un nuovo giornalismo, fazioso e militarizzato. Il giornalismo armato. Dove i giornali non sono più centri di pensiero, di elaborazione intellettuale, di pluralismo. Sono caserme. Dove si obbedisce e basta.