Il confinamento a casa, l’unica misura finora efficace per rallentare il contagio da COVID- 19, non è salvifico per tutti. Le statistiche riportano che, da quando siamo tutti a casa, reati quali i furti in appartamento sono sensibilmente diminuiti. E così sembra anche per le violenze domestiche. In realtà, esse sono aumentate di circa il 30% in Europa, benché di fatto le denunce risultino inferiori ( in Italia, meno della metà) perché quando si è costrette in quattro mura con una persona violenta diventa difficile anche fare una telefonata di soccorso. La Rappresentante Speciale dell’ONU per la riduzione dei rischi di catastrofi Mari Mizutori ritiene necessario includere specifiche misure contro la violenza domestica nei piani di risposta al COVID- 19 gestiti dalle autorità nazionali competenti. Questo perché, se le donne sono le maggiori vittime dei disastri a causa delle disuguaglianze di genere, nel contesto specifico delle restrizioni ai movimenti per la pandemia esse sono poste a grave rischio proprio in casa. Oltre a stanziare risorse adeguate, istituire centri di accoglienza sul territorio e potenziare il supporto telematico, le misure nazionali dovrebbero comprendere soluzioni innovative, quali la possibilità per i supermercati e le farmacie di raccogliere le richieste di soccorso delle donne in tutta sicurezza. Infatti, nelle farmacie di Francia e Spagna le donne in difficoltà possono chiedere una «mascherina 19», che non è un vero prodotto ma un messaggio in codice di aiuto.

Facendo eco alla Mizutori, la Presidente della commissione del Parlamento europeo per i diritti delle donne Evelyn Régner ha dichiarato che, inoltre, bisogna pensare al post- emergenza, perché le donne saranno le principali vittime della crisi economica a venire. Il Parlamento europeo, tra le altre iniziative concrete nelle sedi di Bruxelles e Strasburgo, ha adibito parte di un proprio edificio nella capitale belga a ricovero per donne vittime di violenza domestica.

Rispondendo a un’interrogazione dell’Eurodeputata Sandra Pereira, la Commissaria europea per l’uguaglianza Helena Dalli ha dapprima ribadito l’urgenza per l’Unione europea e gli Stati membri di ratificare la convenzione di Istanbul sulla lotta contro la violenza sulle donne, una priorità nell’agenda della prima Presidente donna della Commissione Ursula von der Leyen. Ha, poi, ricordato i diversi programmi europei a supporto di questa battaglia, tra cui i fondi REC ( Rights, Equality, Citizens), che finanziano - tra l’altro - iniziative per la prevenzione della violenza sulle donne e sui bambini e per il supporto delle vittime.

In Italia la Ministra per le pari opportunità Elena Bonetti ha firmato il 2 aprile un decreto per sbloccare 30 milioni di euro attesi dal 2019, di cui 20 destinati all’accoglienza e 10 ad attività collaterali, questi ultimi ora dirottati sull’emergenza COVID- 19. Tuttavia, questi stanziamenti sono insufficienti a far fronte non solo alle esigenze «ordinarie» ma anche alle condizioni straordinarie attuali, che vedono un aumento dei casi di violenza e nuovi rischi legati alla pandemia. La D. i. Re ( Donne in rete contro la violenza, che gestisce 80 strutture di accoglienza in tutt’Italia) lamenta gravi penurie di alloggi idonei alla quarantena, materiale sanitario e risorse per campagne d’informazione. In mancanza di mezzi e confrontati all’emergenza sanitaria, molti centri di accoglienza hanno chiuso e continuano ad operare solo tramite telefono, chat e internet. Già da tempo la D. i. Re chiede al Governo fondi straordinari, che consentirebbero di finanziare anche attività di formazione e reinserimento delle donne vittime di violenza nel mondo del lavoro, la continuità didattica per i bambini ospiti dei centri di accoglienza, e un «reddito di libertà» per complessivi 2 milioni di euro.

Come reperire le risorse necessarie ed urgenti? Viene in aiuto l’Unione europea. L’Eurogruppo ha proposto il 9 aprile una nuova linea di credito del Meccanismo europeo di stabilità ( MES), alla quale gli Stati membri dell’Eurozona potranno attingere per ottenere fondi pari a massimo il 2% del PIL nazionale, ad un’unica condizione: che questi fondi siano usati per investimenti diretti o indiretti in assistenza sanitaria, cura e prevenzione connesse all’emergenza COVID- 19. Quanto all’Italia, si tratterebbe di circa 35- 38 milioni di euro a disposizione. Però il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato pubblicamente di non voler sottoscrivere la proposta, al vaglio del Consiglio europeo il 23 aprile, ritenendo che l’Italia non ne abbia bisogno.

Al contrario, proprio questa nuova linea di credito potrebbe rivelarsi una manna per finanziare le misure antiviolenza connesse alla pandemia. Ciò permetterebbe, inoltre, di svincolare i fondi ministeriali dalla contingenza sanitaria e riportarli alla loro originaria destinazione per le pur fondamentali attività collaterali. Non solo. Il nuovo strumento finanziario all’interno del MES è stato concepito per essere utilizzato da fine aprile alla risoluzione dell’emergenza COVID- 19, per cui si suppone che – diversamente dagli altri programmi di supporto dianzi citati, che passano attraverso bandi europei - questi fondi potranno essere percepiti dagli Stati interessati attivando procedure snelle in tempi rapidi.

Mentore, per il progetto Prime Donne per l’empowerment politico femminile: https:// piueuropa. eu/ primedonne/.