Da "larghe" come s'era vantata di averle, difendendo l'assessora all'Ambiente Paola Muraro dalle pretese del suo partito e di "qualche giornale" di sostituirsi al pubblico ministero nelle indagini che la riguardano, le spalle della sindaca grillina di Roma Virginia Raggi si sono improvvisamente ristrette, e politicamente anche incurvite, con l'ex Procuratore Generale della Corte dei Conti del Lazio, Angelo Raffaele De Dominicis. Che è stato rimosso da assessore al Bilancio prima ancora che potesse insediarsi perché indagato. E in quanto tale incompatibile con i "requisiti" etici dei pentastellati, fra i quali evidentemente rimane quello di non avere problemi di sorta con la magistratura.Già messa così, senza addentrarsi nei particolari, la vicenda capitolina è kafkiana. Ma se si entra, appunto, nei particolari, non si trovano più aggettivi con cui definirla senza rischiare una denuncia.L'assessora all'Ambiente rimane al suo posto, almeno fino al momento in cui scrivo, benchè indagata per reati ambientali e forse anche per altro. Il deposto assessore al Bilancio, rivelatesi per fortuna infondate le voci circolate fra i grillini su presunte molestie, è stato rifiutato perché indagato per abuso d'ufficio, non avendo impugnato quando era in servizio una sentenza sfavorevole alla Corte dei Conti.L'abuso d'ufficio è un reato nel quale è tanto facile incorrere che una volta l'ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani in versione autentica, non nelle imitazioni che ne fa Maurizio Crozza, l'ha paragonato al sovraccarico contestato dalla Polizia Stradale all'autista di un camion.Con una fava, comunque, la Raggi e Grillo hanno colto due piccioni. De Domincis ha pagato anche lo scotto delle polemiche da lui stesso scatenate rivelando - con una trasparenza più reclamata che praticata nel movimento 5 Stelle - di essere stato sondato per l'incarico di assessore da un avvocato nel cui studio la sindaca aveva lavorato. Un avvocato incensurato che però ha il grandissimo torto, agli occhi degli webeti pentasellati, come direbbe Enrico Mentana, di essere fratello del legale di Cesare Previti, l'ex ministro berlusconiano condannato in via definitiva per corruzione giudiziaria. E la Raggi, a sua volta, ha la colpa di avere fatto il primissimo tirocinio professionale proprio nello studio Previti. Un cortocircuito pazzesco per la platea digitale grillina.Ma i particolari non finiscono neppure qui. Ve n'è un altro sfuggito a De Domincis, secondo una cronaca del Corriere della Sera, mentre la moglie parlava al telefono col giornalista che aveva chiamato l'ormai deposto assessore. L'ex Procuratore Generale della Corte dei Conti del Lazio si sente vittima pure lui di un "complotto" - termine assai di moda fra i grillini - di cui avrebbero però colpa "i magistrati", cioè i suoi ex colleghi. O colleghi tout court, secondo la convinzione espressa a suo tempo da Oscar Luigi Scalfaro che, una volta indossata, la toga rimanga addosso sempre, anche in pensione, e magari pure da morto.Alla fine di questa rappresentazione dei fatti, ancora incompleta ma sufficiente forse ad ispirare a Eduardo De Filippo, se fosse ancora vivo, una delle sue commedie più fortunate, che cosa si può dire del discorso pronunciato da Grillo la sera del 7 settembre a Nettuno, scambiato da ottimisti o ingenui per una svolta finalmente garantista? Lo avevano fatto credere quelle spalle "larghe" vantate a distanza dalla Raggi in difesa della Muraro. Ma che svolta. Il repertorio di Grillo è sempre lo stesso. Persino monotono, se egli facesse solo il comico. Il guaio, per il Paese, è che fa anche il politico. E che i suoi elettori, a dispetto dei sondaggi che li danno a Roma già in calo di quattro punti, potrebbero continuare a guardare per aria, in cerca delle stelle, anziché guardarsi intorno.