La sentenza del Tribunale Costituzionale federale tedesco ha già formato oggetto del commento di Beniamino Caravita su questo quotidiano, al quale non si può che aderire.

Ma, dopo aver detto tutto il male possibile di tale sentenza, soprattutto nell’ottica di noi italiani, dobbiamo cercare di capirne le ragioni. E così capiremo anche il perché del singolare comunicato stampa della Corte di giustizia dell’Unione Europea, in replica ad essa, dell’ 8 maggio 2020. Perché il Tribunale Federale tedesco ha creato le basi per un conflitto costituzionale e quindi politico, che modificherà in profondità l’Unione Europea. E prevedibilmente metterà in crisi la sopravvivenza stessa dell’euro, come lo conosciamo. La quale è stata infatti assicurata in gran parte da quei programmi di acquisto di titoli di Stato da parte della BCE, che il Tribunale Costituzionale federale allo stato ha ritenuto sproporzionati e privi di giustificazione. Giudicando quindi le relative decisioni del Consiglio Direttivo della BCE come atti ultra vires, in contrasto con l’art. 5 del TUE e con gli artt. 119 e 127 del TFUE, che ne vincolano l’azione essenzialmente al “mantenimento della stabilità dei prezzi”. Ma così andando in contrario avviso rispetto alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea del 18 dicembre 2018, adita in sede di rinvio pregiudiziale dello stesso Tribunale Costituzionale federale. La quale aveva ritenuto che tali decisioni della BCE non fossero viziate “da un manifesto errore di valutazione” e che rientrassero nella ampia discrezionalità della banca, all’interno della politica monetaria di sua competenza in base ai Trattati Europei.

Il Tribunale era infatti stato adito in via diretta da alcuni cittadini tedeschi, secondo l’art. 93 della legge Fondamentale ( e cioè la Costituzione della Repubblica Federale Tedesca del 23 maggio 1949), contro le decisioni della BCE relative al quantitative easing. Esse avrebbero violato il principio di attribuzione e il divieto di finanziamento monetario, andando oltre le competenze della Banca Centrale e invadendo quelle degli stati membri circa la sovranità in materia di bilancio. E quindi la stessa identità costituzionale della RFT. In presenza di tali esiti della sentenza della Corte di giustizia circa la legittimità di tali programmi della BCE, il Tribunale Costituzionale federale ha però ritenuto “ultra vires” e così non applicabile anch’essa. Secondo i giudici costituzionali tedeschi “l'interpretazione del principio di proporzionalità adottata dalla CGUE e la determinazione del mandato del SEBC basato su di essa eccedono il mandato conferito alla CGUE dall'art. 19 secondo periodo del TUE.” Ciò perché «adottando una restrizione autoimposta, la CGUE limita il proprio controllo giurisdizionale al fatto se vi sia un ' manifesto' errore di valutazione da parte della BCE».

Tuttavia, il sindacato di legittimità di tipo “debole” così effettuato, proprio per queste sue caratteristiche, non è stato ritenuto vincolante per il Tribunale Costituzionale federale. Perché «per salvaguardare il principio della democrazia e difendere le basi giuridiche dell'Unione europea, è indispensabile rispettare la divisione delle competenze».

A queste affermazioni, apparentemente dirompenti, ha inteso replicare il comunicato stampa della Corte di giustizia dell’Unione Europea. Ricordando cose che noi sappiamo bene e cioè che «in base a una giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, una sentenza pronunciata in via pregiudiziale da questa Corte vincola il giudice nazionale per la soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente. Per garantire un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, solo la Corte di giustizia, istituita a tal fine dagli Stati membri, è competente a constatare che un atto di un’istituzione dell’Unione è contrario al diritto dell’Unione».

Ma a tutto questo c’è un limite. Anzi, un controlimite. Per usare una terminologia ben nota alla Corte costituzionale italiana. Vale a dire la difesa dell’ “identità costituzionale” tedesca, secondo l’art. 79, 3° comma della Legge Fondamentale. E del principio di legittimazione democratica, per il quale le scelte che riguardano il bilancio della Repubblica Federale Tedesca - pregiudicato in ipotesi da tali decisioni della BCE - ricadono nella responsabilità del Bundestag, secondo l’art. 20, 1° e 2° comma della legge Fondamentale.

Quelle del Tribunale Costituzionale federale non sono però parole nuove. Esse sono conseguenziali alla sua decisione del 30 giugno 2009 sull’adesione della RFT al Trattato di Lisbona, secondo la quale all’interno dell’Unione Europea «i popoli degli Stati membri – cioè i cittadini aventi cittadinanza nazionale – restano i soggetti della legittimazione democratica» . Ma sono parole che suonano desuete per noi. Poiché, pur avendo fatta propria la teoria dei controlimiti, la Corte Costituzionale italiana ha scelto la soluzione della recezione generalizzata del diritto dell’Unione Europea. Salva appunto l’ipotesi del conflitto con il nucleo essenziale dei principi del nostro ordinamento costituzionale, che non si è mai verificata in pratica.

E allora quali sono le immediate riflessioni da compiere? Senz’altro la prima attiene alla diversa portata del principio di legittimazione democratica per la Corte tedesca rispetto alla Corte di giustizia ed alla nostra Corte costituzionale.

Ma soprattutto quali ne saranno le conseguenze pratiche, già anticipate?

Innanzitutto, la fine del vecchio quantitative easing, che però rinascerà in conseguenza del corona virus e troverà ampie giustificazioni, proprio in base al principio di proporzionalità. Come ha avuto modo di precisare il Tribunale Costituzionale federale nel comunicato relativo alla sentenza. Ma esso potrà comunque incontrare il limite del divieto di finanziamento monetario agli stati membri ex art. 123 del TFUE, difficilmente superabile dopo tale sentenza.

Ne conseguirà anche la fine di ogni ipotesi di mutualizzazione del debito pubblico all’interno dell’Unione Europea e della possibilità di trasformare la BCE in un prestatore di ultima istanza. Come surrettiziamente stava avvenendo, secondo i giudici costituzionali tedeschi. È possibile anzi più che probabile - che ciò conduca alla crisi dell’euro. Ma è inevitabile. E si aggiungerà alle altre emergenze che la Repubblica Italiana dovrà affrontare. Confidando soprattutto su se stessa.

Per questo sarà necessario quanto prima un governo di unità nazionale. Perché il popolo italiano possa affrontare con serenità e fiducia il compito immane che lo attende.

E ciò avverrà. Poiché dalla nascita dello stato unitario le grandi svolte della storia il nostro popolo le ha sempre superate. Anche attraverso i grandissimi sacrifici dei quali dobbiamo avere costante memoria.