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Il professore Gianfranco Pasquino
Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica a Bologna, commenta le scelte di Elly Schlein, definisce la nuova segreteria «una squadra da combattimento».
Professor Pasquino, la segreteria del Pd Elly Schlein ha annunciato la composizione della sua squadra su Instagram dopo varie peripezie prima di prendersi qualche giorno di riposo: che ne pensa?
Condivido l’idea dell’annuncio sociale e penso che la squadra rispecchi le volontà della segretaria che vuole dei collaboratori con un certo grado di lealtà e che conosce da tempo. Mi pare che abbia cercare di unire esperienza e competenze, quindi è una buona partenza. Possiamo definirla una segreteria da combattimento e che non include esponenti della minoranza che in certi casi potrebbero anche intralciare quel che la segretaria vuole fare.
Ci sono alcune deleghe nuove, come quella per il diritto alla casa, pensa che questa segreteria porterà una ventata di aria fresca al Nazareno?
Mi pare una scelta nel complesso sufficientemente coraggiosa e capace di esprimere delle idee. Il resto lo vedremo, non mi soffermerei sui particolari. Ci sono certo due settori di particolare importanza: il primo è l’organizzazione, perché Schlein deve ristrutturare il partito, l’altro è quello della cultura politica. Lì mi aspetto qualcosa di più rampante, vorrei sapere che tipo di cultura politica il partito si darà, perché negli ultimi anni ne ha avuta molto poca.
Alcuni, come Pina Picierno, sono rimasti fuori e non hanno nascosto la propria amarezza: pensa che Schlein avrebbe dovuto fare di più per accontentare le varie anime del partito?
Capisco l’amarezza di Pina Piceirno ma Schlein ritiene l’Europa uno dei terreni che lei conosce meglio, visto che è stata eurodeputata, e quindi le scelte evidentemente sono sensate. L’unico che forse poteva essere messo in segreteria proprio per una questione di cultura politica era Gianni Cuperlo, che ha certamente delle capacità. Ho sentito alcune sue dichiarazioni amareggiate e me ne dolgo, ma saprà certamente conquistarsi uno spazio. Io sono dell’idea che la segreteria sia una specie di war room della segretaria, e quindi ci sono persone che almeno in generale devono condividono il pensiero della segretaria. Come vede non sto menzionando Bonaccini…
Perché?
In primis perché è stato un renziano e poi perché credo che la segretaria porta avanti una linea politica e il presidente del partito deve supervisionare. La presidenza non è un ruolo dal quale si fa politica, deve rappresentare il partito nel suo insieme mentre la segretaria è al posto di combattimento. Sarebbe una brutta cosa se Bonaccini volesse “riequilibrare” quel che fa la segretaria.
Tra i ruoli decisivi c’è quello di Alessandro Alfieri, che ha la delega al Pnrr: crede nel dialogo tra maggioranza e opposizione su questo punto?
Ho avuto il piacere di confrontarmi con Alfieri ed è una persona dialogante e intelligente. Certo non condivido alcune sue idee vicine al renzismo, ma lo rispetto. Il Pnrr è una grandissima operazione, che può trasformare l’Italia in meglio per i prossimi venti anni. Ma è un’operazione di enorme complessità e il dibattito sta diventando confuso. Credo che Draghi e i suoi collaboratori fossero gli unici ad avere la visione complessiva di cosa fosse questo Pnrr. Aggiungo che a un’operazione complessa serve una risposta ugualmente complessa. Occorre un concerto tra le forze sia di governo che di opposizione, soprattutto tra chi ha esperienza di progetti delicati. È giusta la rimodulazione di alcuni progetti, ma senza scaricare colpe sui predecessori.
Eppure anche la maggioranza non sta benissimo, c’è chi vorrebbe gestire i fondi in maniera diversa e chi dice che Forza Italia potrebbe implodere, anche a causa delle delicate condizioni di salute di Silvio Berlusconi…
I dissenzienti rispetto a quello che fa Giorgia Meloni non hanno nessuna alternativa. Quella è la sola coalizione nella quale possono avere un ruolo. Forza Italia non può uscire di lì, finirebbe in mare aperto o tra le braccia di Calenda, ma in questo caso ma da comprimaria. Penso che l’elettorato di centrodestra sia più coeso rispetto a quello di centrosinistra, nel quale c’è sempre qualcuno che pensa di essere più intelligente e più avanzato culturalmente di altri. L’elettorato di centrodestra fa riferimento a ceti sociali che hanno posizioni molto più vicine tra di loro. Sul Pnrr, le voci come quella di Molinari lasciano il tempo che trovano.
Tornando al Pd, quale futuro si darà da qui alle Europee, a partire dalla nuova squadra di Schlein?
Sono già stato più o meno ampiamente criticato quando ho detto che il Pd è un partito indispensabile, ma continuo a pensarlo. Se il centrosinistra vuole vincere deve farlo attorno al Pd. È il Pd che deve dettare le alleanze e tutto il percorso di formulazione delle politiche. D’altronde il M5S non può farlo perché ha posizioni spesso faziose, mentre il terzo polo, che in realtà è il quinto polo, è privo di cultura politica. Insomma entrambi dovrebbero essere in grado di definire alcune posizioni insieme al Pd. Questa è la strada, nessuno può vincere le elezioni da solo.
Non è che la pensa come Calenda, che dice che in Italia serve un grande partito socialdemocratico, cioè il Pd, e uno liberal- democratico, cioè il terzo polo?
Non credo che Calenda abbia le mie stesse idee. Che il partito socialdemocratico sia il Pd è vero, ma l’idea che il terzo polo sia un partito liberale è fuori luogo. Non hanno nulla di liberale, le azioni politiche di Renzi sono tutto fuorché liberali. Insomma mi paiono affermazioni avventate e senza basi. Poi certo se Calenda intende riconoscere il ruolo del Pd benissimo, ma allora non deve togliergli voti ma cercarli nell’area moderata nella quale si colloca e fra gli astensionisti.