Leonardo Becchetti, economista a Tor Vergata, spiega in cosa consiste il Mes, illustra la differenza tra il Fondo salva stati e il Mes sanitario e ragiona sul fatto che quest’ultimo «è un prestito da restituire a tasso zero, quindi molto conveniente, soprattutto in un momento in cui il nostro sistema sanitario è in grave difficoltà».

Professor Becchetti, cerchiamo di fare chiarezza sul Mes: cosa è come funziona il nuovo fondo salva stati che l’Italia dovrebbe ratificare?

Il Mes è un fondo molto capiente e serve a concedere prestiti in momenti di crisi per evitare il contagio finanziario verso altri paesi. In sostanza si aiuta il paese in crisi cercando di fare in modo che “guarisca” prima che possa contagiare altri. Al momento però ci sono due Mes. Il primo è lontano parente di quello utilizzato per la Grecia dieci anni fa e le sue condizionali sono un po’ vaghe. Poi c’è un altro Mes, che è il mes sanitario, che assomiglia al Pnrr: si può prendere fino al 2 per cento del Pil, che per l’Italia sono 37 miliardi, da utilizzare per spese sanitarie. Ed è un prestito da restituire a tasso zero, quindi molto conveniente.

In questo caso ci sono condizionalità?

Anche in questo caso c’è un po’ di incertezza. Sembra che non ci siano condizionalità ma il dubbio per i paesi indecisi se farvi ricorso deriva proprio da questo. Se non ci fossero condizionalità sarebbe conveniente, soprattutto in un momento in cui il nostro sistema sanitario è in grave difficoltà. Abbiamo un problema enorme nell’accedere a un servizio pubblico che è pubblico, sì, ma con migrazioni sanitarie molto importanti tra regioni diverse, tanto che molti finiscono nel privato per abbattere i tempi di liste d’attesa altrimenti infinite.

Come è possibile che le condizioni per accedere a un fondo così importante siano talmente vaghe?

Le leggi come sappiamo sono molto generali. Nella legge c’è scritto che ci sono delle condizioni, ma non sono specificate in maniera particolare. Ricordo anche che lo sfondo in cui tutto questo avviene è quello di una Bce che sta riducendo l’acquisto di titoli di stato e questo renderà il debito pubblico italiano più vulnerabile alla speculazione dei mercati internazionali.

Meloni ha escluso l’utilizzo del Mes, ma nel caos in cui un paese volesse ricorrervi come funziona la procedura?

Deve richiederne l’uso, che viene concesso se il paese rispetta certe condizioni macroeconomiche. Chi dà i soldi vuole che questi soldi vengano restituiti e non bruciati. Che è ciò che accade ogni volta che qualcuno concede un prestito. Bisogna però vedere cosa intende chi decide se concederlo o meno per “stabilità macroeconomia”. Quali sono queste condizioni? Come detto, non è molto chiaro.

È per questo che la ratifica va così a rilento?

Sì ma al tempo stesso è molto interessante vedere che, ad esempio sul Pnrr, gli altri paesi siano stati molto più prudenti di noi. Per citarne uno, il Portogallo ha preso solo i soldi a fondo perduto e non quelli a prestito. Mentre noi abbiamo preso il più possibile. Questo dimostra la prudenza degli altri paesi mediterranei, mentre ora siamo noi a essere più prudenti.

Renzi e Calenda insistono molto sull’utilizzo del Mes sanitario. Perché il nostro governo non vuole nemmeno quello?

Il Mes sanitario non c’entra nulla con le crisi finanziarie, è un prestito a tasso zero che assomiglia al Pnrr e ha una condizionalità minore. Non lo prendiamo perché abbiamo fatto un passo molto grande sul Pnrr e quindi ora si vuole ridurre l’idea di dipendenza dall’Ue. Ma è molto meglio indebitarsi a tasso zero piuttosto che con i nostri titoli di stato che non sono certo a tasso zero. Quindi credo convenga prenderlo.

Come giudica la manovra del governo Meloni?

La manovra è interessante, ci sono aspetti sociali importanti come la rivalutazioni delle pensioni minime e l’intervento sul cuneo fiscale, che è anche progressivo, cioè maggiore per i rediti più bassi. Questo è condivisibile, mentre non lo è il discorso sul reddito di cittadinanza, perché non ha senso la divisione tra occupabili e non occupabili. Nessun paese europeo toglie il reddito agli occupabili. Si discute della congruenza del lavoro o sull’entità della misura ma non del resto. Questo perché esistono i lavoratori poveri, cioè persone occupabili ma che fanno lavori talmente saltuari da essere poveri e quindi da aver bisogno del reddito.

Il governo è tornato indietro su alcune norme: pensa sia stato un atteggiamento prudente?

Nel complesso è una manovra prudente che sta nel limite dei confini europei. Per fortuna si è tornati indietro sul Pos e in parte sul tetto al contante, norme che non avrebbero avuto nessun altro scopo se non quello di aumentare il lavoro nero e l’evasione. Bene però il tentativo di diminuire le commissioni per gli esercenti. È bello che il risultato finale di una manovra finanziaria sia diverso dal punto di partenza perché significa che è frutto di dialogo e compromesso tra governo, forze politiche e parti sociali.

Pensa che il governo continuerà a cavalcare l’onda della crescita partita con il governo Draghi o è pessimista sul futuro?

Innanzitutto occorre dire che buona parte del successo del nostro paese in quesi mesi è generato dal tanto vituperato superbonus, che ha un impatto molto importante sul settore delle costruzioni e sull’economia. E infatti anche lì si è tornati indietro, non abolendolo ma prorogandolo fino a dicembre. Sono ottimista però sul fatto che la situazione economica dell’Italia sarà buona anche quest’anno, perché abbiamo tenuto bene con l’export e abbiamo avuto flussi turistici importanti.