Una Francia spaventata dopo la strage di Nizza e delusa dal governo Hollande, che è in affanno nell’affrontare sia i problemi interni legati alla crisi economica che i rischi esterni legati al terrorismo. Così descrive il suo paese Eric Jozsef, giornalista francese e corrispondente in Italia del quotidiano Libération. Proprio il suo giornale, nei giorni scorsi, ha pubblicato un’inchiesta su tutti gli errori del ministero dell’Interno nella gestione della sicurezza, durante la notte dell’attentato del 14 luglio.Partiamo da Nizza. Il suo giornale ha titolato «lacune nella sicurezza e una bugia», riferendosi al comportamento dell’esecutivo Hollande.L’inchiesta ha dimostrato, documentando il tutto con delle fotografie, che non c’era polizia nazionale a proteggere la Promenade, ma solo un’auto della polizia municipale e due agenti. Una situazione completamente diversa da quella prospettata dal ministero dell’Interno nelle ore successive alla strage. In realtà non è che i controlli della polizia nazionale - che poi è intervenuta - non ci fossero, ma il blocco si trovava 400 metri più avanti. Al di là della dinamica, il giornale ha evidenziato la mancanza di spiegazioni chiare da parte del governo alla domanda su come il camion abbia potuto entrare indisturbato nella zona pedonale.Che impatto ha avuto questo attentato sull’opinione pubblica francese?Fino ad oggi i francesi consideravano il terrorismo come un fenomeno legato solo a Parigi. Ora, dopo che nel mirino è finita Nizza, si sta diffondendo la percezione che ogni città possa diventare un bersaglio.Possiamo fare un’ipotesi su che cosa non abbia funzionato nella sicurezza?Bisogna partire da un presupposto: attentati come quello di Nizza sono virtualmente inevitabili, perchè si tratta di attacchi organizzati dai cosiddetti “lupi solitari”, ignoti alle forze di polizia. Ciò che si contesta al governo è la mancanza di chiarezza, anche se è evidente come l’esecutivo Hollande sia diventato il capro espiatorio anche di colpe non sue.In che senso?La minaccia terroristica si combatte soprattutto con il monitoraggio del territorio. E’ stato il precedente governo Sarkozy a smantellare completamente la polizia di prossimità, licenziando oltre 12mila agenti. Il suo motto era «non paghiamo i poliziotti per giocare a calcio coi bambini per strada», ma la realtà è che questo corpo permetteva un controllo capillare delle città. L’attuale ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, ha recuperato 9 mila poliziotti, ma il danno iniziale è rimasto e ora lo sta pagando il governo in carica. Lo stesso vale per la nostra intelligence: Sarkozy ha riorganizzato i servizi segreti francesi, tagliando sugli informatori sul territorio e fondendo il loro ufficio con un’altra struttura del Bureau. Questi due fattori combinati hanno portato ad un’apparato di forza pubblica sempre meno capace di controllare ciò che accade sul campo.Come sta affrontando il governo Hollande questa difficile fase storica?L’esecutivo oggi è decisamente impopolare e sconta da un lato il problema della crisi economica, dall’altro l’allarme terrorismo. Hollande è preso tra due fuochi: deve difendersi dagli attacchi per la mancanza di chiarezza nella gestione degli attentati, mentre sul fronte interno la sinistra radicale gli contesta la nuova legge sul lavoro e denuncia le violenze della polizia sui manifestanti. In questo panorama ha gioco facile la destra, che non perde occasione di bollare il suo governo come «lassista», anche se l’esecutivo non è rimasto inerte dopo gli attentati, ma ha dichiarato sei mesi di stato di emergenza.Una destra che in Francia sta crescendo, con Marine Le Pen che cavalca un malcontento sempre più radicato.Non c’è dubbio che eventi come l’attentato a Nizza abbiano una forte incidenza politica. La Le Pen ha sbandierato un picco di iscrizioni al suo partito dopo la strage, ma io credo che il problema sia un altro. Al netto della posizione del Front National, che è sempre stato un partito estremista, oggi la questione è che tutto il blocco conservatore francese si sta schiacciando su idee di estrema destra.Uno scenario tutt’altro che roseo per i socialisti, in vista delle elezioni presidenziali del 2017.I socialisti sono sicuramente in grossa difficoltà: il governo Hollande ha perso credibilità agli occhi dei cittadini e anche quel sentimento di unità nazionale che ha tenuto insieme la Francia nei mesi successivi all’attentato di Charlie Hebdo e alla strage di Parigi è completamente saltato. Hollande era risalito nei sondaggi subito dopo questi episodi, ma ora i cittadini sono assolutamente sfiduciati.Che cosa ha sbagliato, a livello comunicativo?Io credo che il suo errore principale sia stato quello di non portare a termine alcuni provvedimenti che aveva annunciato. Il dibattito pubblico è stato monopolizzato per mesi dall’annuncio del governo di introdurre, tra le misure di emergenza per combattere il jihadismo, la “decadenza della nazionalità” per i francesi con doppia nazionalità e condannati per fatti legati al terrorismo. Poi però non è stato fatto nulla.Siamo arrivati al capolinea politico di Francois Hollande, oppure potrebbe esserci spazio per un altro mandato?Io credo che lui ci speri ancora. Punta a tenere uniti i socialisti su una sua ricandidatura e fa leva sul fatto che rompere ora il partito con un nome diverso dal suo significherebbe favorire la destra di Sarkozy, consegnandogli il ballottaggio con Marine Le Pen.Se nel secondo turno di maggio 2017 si trovasse a fronteggiare il Front National, Hollande potrebbe farcela?Hollande sa che, nonostante tutto, l’estrema destra non ha i numeri per arrivare al 50%. Per questo il vero scoglio per i socialisti sarà il primo turno di aprile 2017. Superato quello, al ballottaggio con un avversario estremista, Hollande ha ottime chances di venire riconfermato.