Antonella Ciriello, Consigliere della Corte di Cassazione e componente del Comitato direttivo della Scuola Superiore della magistratura, sottolinea la collaborazione tra magistratura e avvocatura nella sfida della digitalizzazione. Una sfida che ha interessato da tempo il processo civile ma che riguarderà tutti i riti. «L’innovazione – dice al Dubbio - è un work in progress. Non siamo arrivati alla fine, ma non siamo neanche all’inizio. Il processo telematico, in particolare nel civile, vede l’Italia avanti rispetto a tutti gli altri paesi europei».

La Corte dei Conti ha rimarcato l’importanza del pct. Il 2023 si apre con importanti aspettative per la giustizia civile?

L’importanza del processo civile telematico e del processo telematico più in generale è fuori discussione. Non si tratta solo della giustizia ma di un processo di evoluzione che interessa tutta la pubblica amministrazione. A partire dalla legge Bassanini, e da tutti gli atti normativi e regolamentari successivi, dai primi anni Duemila, fu delineato per la Pa un piano per la produzione e trasmissione di atti amministrativi in forma di documenti informatici, quello che ora si chiama digitalizzazione. Vennero all’epoca gettate le basi per la modernizzazione di tutta la Pa e anche per il processo telematico. Stiamo percorrendo un cammino delineato anni fa. La riforma Cartabia nel civile e nel penale accentua l’importanza della digitalizzazione, che è uno degli obiettivi del Pnrr. Lo scopo è quello di rendere la giustizia più efficiente anche grazie alla digitalizzazione e al processo telematico. L’innovazione tuttavia è un work in progress. Non siamo arrivati alla fine, ma non siamo neanche all’inizio. Il processo telematico, in particolare nel civile, vede l’Italia avanti rispetto a tutti gli altri paesi europei. Abbiamo iniziato prima di tutti e da noi è già obbligatorio dal 2014, in particolare nei Tribunali e nelle Corti d’Appello. Con la riforma la obbligatorietà del processo telematico si allarga a tutti i settori della giurisdizione, come la Cassazione e il Giudice di pace e progressivamente a tutti gli uffici.

La legge Cartabia ha impresso un’accelerata?

Proprio così. L’idea è di rendere tutte le informazioni processuali digitali. Così da poter essere consultate non solo dai giudici e dalle parti nel fascicolo informatico, ma da essere utilizzate per fini organizzativi e statistici nel rispetto delle competenze del ministero della giustizia e del Csm, che per Costituzione governano la giustizia. In questo modo tutte le informazioni, ad esempio l’oggetto della domanda, l’istanza di giustizia, il provvedimento che si chiede al giudice, la natura della lite, assumono sembianze di dati. Non solo i giudici possono organizzare meglio il proprio lavoro, ma a livello di macro organizzazione si può conoscere la natura del contenzioso e intervenire. Così se ci sono posti in Italia dove si registra un abuso del processo o c’è una forte domanda che richiede un potenziamento dell’organico per evitare con un accumulo di arretrato gli interventi, possono essere tempestivi, nel rispetto delle competenze di Csm e del ministero della Giustizia. La riforma Cartabia, portata avanti anche dall’attuale governo, è un tassello importante ed un cammino inevitabile verso la modernizzazione di tutta la Pa e in particolare della giustizia. Purtroppo, spesso ci sono difficoltà collegate alla necessità di riqualificare gli operatori, è uno degli obiettivi del Pnrr, e del miglioramento degli strumenti informatici.

Il monitoraggio dei risultati diventa ancora più prezioso nel contesto attuale

Nel momento in cui tutte le informazioni sui procedimenti verranno inserite in appositi software o sistemi informatizzati, si riuscirà ad avere notizie in tempo reale. Nel civile, per esempio, già esiste un sistema chiamato Data Warehouse che consente di conoscere tutte le informazioni, sia pure opportunamente anonimizzate, riguardanti i processi. Questo ha consentito negli ultimi anni di adottare una serie di misure per porre rimedio e cercare di organizzare al meglio la giustizia. Quando gli interventi previsti saranno messi a punto, sarà possibile monitorare tutta la situazione della giustizia. Tra le varie riforme vi è anche quella delle piante organiche flessibili. Lì dove c’è bisogno ci sarà la possibilità di mandare più magistrati. Avere un paese dove la giustizia funziona meglio è nell’interesse di tutti, dei cittadini e anche degli avvocati. La giustizia che funziona è un baluardo per la democrazia e assicura lo sviluppo del paese. Nel Pnrr uno degli obiettivi più importanti è proprio l’efficienza della giustizia anche attraverso la transizione digitale. Nel 2022 è stato peraltro riorganizzato il ministero della Giustizia, istituendo un apposito dipartimento che ha per oggetto la transizione digitale.

Insomma, un percorso virtuoso che inciderà nel futuro prossimo?

È importante anche un lavoro parallelo tra le varie giurisdizioni. In Italia abbiamo molteplici processi telematici ognuno con proprie norme e regole tecniche. Solo nella giustizia ordinaria c’è un processo telematico civile e uno penale, poi abbiamo quello della Corte dei Conti, quello della Corte Costituzionale, quello dei giudici amministrativi, dei giudici tributari. Questi processi devono dialogare tra di loro prima di tutto per esigenze giurisdizionali previste dalla legge. Per esempio la giustizia tributaria, amministrata dalle Commissioni tributarie in primo grado e in appello, poi confluisce per l’ultimo grado di giudizio in Cassazione. In altre parole occorre realizzare non solo una giustizia telematica coerente a livello interno e verso l’Europa, ma fare in modo che tutta la pubblica amministrazione, come già indicato nella vecchia legge Bassanini, e poi dal Codice dell’amministrazione digitale ( Cad, ndr), segua regole coerenti che assicurino l’interoperabilità nel quadro delle norme del Cad e delle specifiche regole processuali. Questo è il senso dell’utilizzo dell’informatica. Occorre inoltre che si evolva il concetto del domicilio digitale non solo processuale, ma del cittadino, aspetto già trattato nella recente normativa. Questo lavoro deve essere fatto nei prossimi anni. Su questo punto si gioca la partita della modernità e del rapporto con l’Europa, considerate pure le risorse del Pnrr.

I protagonisti della giurisdizione, gli avvocati e i magistrati, sono impegnati nella sfida comune della digitalizzazione. Occorre muoversi in un moto armonico?

Questo è un tema cruciale. La collaborazione con gli avvocati per costruire il processo telematico è fondamentale. Non può funzionare se visto solo dal lato del giudice. Con l’anticipazione della riforma del processo civile il ministero della Giustizia, seguendo prassi già sperimentate in passato, ha creato dei gruppi di lavoro in cui siedono avvocati e magistrati per fare in modo che il processo telematico funzioni al meglio. La riforma del processo civile stabilisce che gli atti devono rispondere a canoni di chiarezza e sinteticità ed essere compilati secondo schemi predefiniti che saranno determinati d’intesa con il Csm e il Cnf. La norma non deve preoccupare poiché non può comprimere il diritto di difesa. Infatti serve a rendere gli atti più leggibili, rendendoli essi stessi dei dati. In questo contesto gioca un ruolo importante l’interlocuzione tra Csm e Cnf per individuare la schematizzazione degli atti e farli confluire nel processo telematico e rendere così processo più efficiente. Gli strumenti tecnologici diventano dunque strumenti di giustizia con conseguente tutela più efficace dei diritti dei cittadini, che sono difesi dagli avvocati e assicurati dai giudici.