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La Gran Bretagna rischia di sgretolarsi, di avviarsi al declino. L'Europa anche.Abbiamo titolato così: «L'Isola che non c'è».L'isola non è solo la Gran Bretagna che abbandona l'Unione europea. E' il sogno che rischia di svanire. Quello di Altiero Spinelli, di Ernesto Rossi e di Eugenio Colorni, che scrissero a Ventotene, prigionieri dei fascisti, il manifesto nel quale disegnavano il futuro di un Europa dei popoli, politica, democratica, federale, capace di realizzare la modernità. Forse era un'illusione.Gli inglesi hanno deciso così. Lo hanno fatto utilizzando uno degli strumenti più forti della democrazia: il referendum. Però la loro decisione rischia di mettere in mora la democrazia politica, le sue conquiste, e persino lo stato di diritto che in questo dopoguerra è stato il segno della grandiosità del nostro continente.Democrazia contro democrazia? E' così. L'affermazione, in tutto l'occidente, dei grandi movimenti populisti, ha in sé un fattore fortissimo di democrazia diretta ma contiene anche il germe dell'isolazionismo, dell'autoritarismo e della reazione.Vedremo quale sarà il risultato delle elezioni di domenica in Spagna. Se i partiti liberali e socialisti riusciranno a riprendere in mano il bandolo della politica. Probabilmente no. E poi ? soprattutto ? vedremo come andrà la campagna elettorale americana, che già ha travolto e raso al suolo il più antico dei partiti degli Stati Uniti ? il partito di Lincoln e di Teodoro Roosevelt ? il quale è stato tagliato fuori dalla competizione presidenziale. Ora la partita è tra il re dei populisti, il miliardario Donald Trump, e la democratica Hillary Clinton.La possibilità che vinca il miliardario non è affatto piccola. E se questo succederà è molto probabile che qualche mese dopo Marine Le Pen vinca le elezioni francesi e anche che il partito di Grillo vinca in Italia.Per la prima volta il populismo pone all'occidente questa concreta possibilità: di vincere e di governare. Finora era stato solo un movimento di protesta. In grado di influenzare i governi, di modificarne le politiche, di raccogliere un consenso anche molto ampio. Ma nessuno aveva ancora preso in considerazione l'ipotesi che questi movimenti prendessero nelle loro mani il governo dei principali paesi dell'Occidente.Come mai c'è stato questo cambio drastico nello scenario politico europeo, sancito e fotografato dalla Brexit?La responsabilità maggiore è da addossare alla politica dei partiti socialdemocratici. Che dopo la fine del comunismo hanno rinunciato alla loro forza riformista e si sono assegnati il compito di attenuare e temperare il neoliberismo. Il risultato è stato un fortissimo indebolimento del welfare -in Europa, soprattutto, un po' meno negli Stati uniti ? e un fortissimo aumento delle diseguaglianze sociali. Circa un terzo della popolazione europea è scesa sotto la soglia della povertà. E non ha trovato nei partiti socialdemocratici ? tradizionalmente espressione degli interessi popolari ? nessuna possibile rappresentanza.Il populismo nasce in questo vuoto. E nasce dalla crisi devastante che ? dopo 35 anni di incerte vicende ? sta vivendo il neoliberismo inventato da Ronald Reagan e da Margareth Thatcher. La politica non ha saputo dare una risposta a queste due "crisi parallele" e la risposta è venuta dal populismo. Quando diciamo "la politica" intendiamo la classe dirigente che ha governato l'occidente in questi 70 anni. Da Adenauer e Shuman e De Gasperi ? che fondarono l'Europa ? in poi. Quella classe dirigente, profondamente divisa sulle ideologie, sui progetti di società, sui riferimenti sociali, o ideali, o di classe, era però dentro la stessa idea di politica, di democrazia e di Stato di diritto. Oggi è delegittimata. E non si vede una classe dirigente che possa sostituirla.Questa è la grande angoscia che viviamo. Questa è l'incertezza che rischia di travolgerci.Mi ricordo un episodio di tanti anni fa. Era il 5 novembre del 1980. Quel giorno il Pci teneva la riunione del suo comitato centrale e doveva discutere di cose serie: che fare dopo il fallimento del compromesso storico. All'ingresso di Botteghe Oscure incontrai Paolo Bufalini, che era uno degli allievi prediletti di Togliatti e all'epoca era il numero due del Pci, il quale mi parlò in latino. Disse, scandendo le parole: «Dies nigro signanda lapillo». Vecchio detto romano che significa "giornata da segnare con un sassolino nero". Lui si riferiva alle notizie che arrivavano in quelle ore dall'America: l'attore repubblicano Ronald Reagan aveva sconfitto il presidente uscente, il democratico progressista Jimmy Carter. Bufalini sosteneva che quella vittoria avrebbe aperto un'epoca. Evidentemente non si sbagliava. Poi ciascuno può dire se quell'epoca andasse segnata con un lapillo nero o d'oro, ma questa è un'altra questione. Credo che il 23 giugno del 2016 sia da segnare con un lapillo come il 4 novembre del 1980. Nero o d'oro? Temo nero.