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Sìette anni di lavoro, sette anni, anche, di stop and go, ma alla fine la commissione britannica presieduta da sir John Chilcot rende note le conclusioni del suo mastodontico lavoro. Ed è qualcosa che pesa.Lintervento in Iraq è definito affrettato. Si potevano considerare altre opzioni pacifiche prima di entrare in guerra, visto che lintervento non era lultima possibilità. Nel 2003 non esistevano minacce imminenti da parte di Saddam. Secondo il rapporto le circostanze nelle quali fu deciso che cera un fondamento legale per un intervento militare sono tuttaltro che soddisfacenti.I servizi segreti non avevano stabilito al di là di ogni ragionevole dubbio che Saddam era in possesso di armi di distruzione di massa. A nessun livello è stata esaminata la possibilità che lIraq potesse non avere armi o programmi chimici, biologici o nucleari.Secondo il rapporto Chilcot non è vero che non si poteva prevedere la rapida ascesa del terrorismo. Blair fu messo in guardia sulla minaccia che le attività di al Qaeda, in seguito allinvasione, potessero aumentare. Blair era stato avvertito del pericolo che gli armamenti dellesercito iracheno potessero finire nelle mani dei terroristi una volta distrutto il regime. Sapeva che le conseguenze negative si sarebbero protratte.La conferma di quello che per anni non si stancava di dirci Marco Pannella. Lui e quattro gatti di radicali (Matteo Angioli, Laura Hart, Maurizio Turco, Sergio DElia e, diciamolo pure: lincredulità e lo scetticismo di tanti tuoi stessi compagni di partito), si sono battuti come leoni, alla vigilia della guerra perché si praticasse laltra via, quella dellesilio di Saddam, e di una transizione dellIrak verso la democrazia sotto la guida dellOnu. Ne indicarono le tappe, i possibili e credibili percorsi, individuando perfino i possibili protagonisti: esponenti di primo piano della Lega Araba, il socialista francese Michel Rocard
E opportuno, a questo punto, ripercorrere quei giorni, perché il ricordo non si smarrisca e si perda.Dalla Casa Bianca, in video-conferenza il presidente americano George W. Bush si rivolge al suo segretario alla Difesa Donald Rumsfeld: Signor ministro, per la pace nel mondo e per il bene della libertà del popolo iracheno, do lordine di avviare loperazione Irak freedom. Dio benedica le truppe. E il 19 marzo 2003. Comincia così la seconda guerra contro Saddam; guerra da Bush e dalla sua amministrazione fortissimamente voluta, e che vide accodarsi il leader britannico Tony Blair, Silvio Berlusconi e tanti altri della famosa coalizione dei volenterosi. Cosa poi accade, lo sappiamo: conquistata Bagdad, rovesciato il regime, giustiziato Saddam, quellarea di mondo continua a essere tormentata e dilaniata da mille sanguinose lotte di faida. Che Bush e Blair abbiano mentito ai loro popoli e al mondo per scatenare la guerra è acclarato; ricordiamo bene il segretario di Stato Colin Powell allOnu, il 5 febbraio 2003: mostra le prove della pericolosità dellarmamento iracheno. Cinque anni dopo, è il 2008, Powell ammette che quel giorno lha vissuto come lumiliazione più terribile della mia vita: quelle prove erano fasulle, inventate di sana pianta, per giustificare lintervento.Menzogna, dunque, e non solo. Lamministrazione americana fa sparire una quantità di documenti elettronici di rilievo storico per sapere lintera verità. Vengono cancellate migliaia di e-mail scambiate tra Casa Bianca, Pentagono, CIA e Dipartimento di Stato; spariti interi files che avrebbero comprovato le manipolazioni mirate a giustificare linvasione; distrutti i video che documentavano i metodi muscolari usati dalla Cia per interrogare i detenuti; scomparse intere giornate di comunicazioni in entrata ed uscita dalla Casa Bianca
Fatti di inaudita gravità. Il Presidential Records Act impone alle amministrazioni di consegnare ogni documento agli Archivi Nazionali, che ne devono curare la custodia, il controllo e la conservazione. Solo i documenti lesivi per il buon nome degli ex presidenti o dei loro consiglieri possono essere trattenuti (ma non distrutti) per dodici anni prima di essere depositati. Tuttavia appena insediato Bush emana un decreto esecutivo che autorizza a trattenere indefinitamente qualsiasi dossier in suo possesso
Trattenere, tuttavia non significa distruggere. E questo dovrebbe valere anche se Cheney, nellinchiesta aperta a suo carico allinizio del 2009 e insabbiata rivendica il diritto di essere il solo competente a decidere quali documenti sono da considerare vice-presidenziali e quali personali, ossia non trasferibili negli Archivi Nazionali. Qui siamo, evidentemente, nel campo dellalto tradimento. Che in America, ancora scottati dalla vicenda Richard Nixon e dal suo traumatico impeachment, si preferisca soprassedere, e si sia siglato un tacito patto tra democratici e repubblicani (tanto più che entrambi i partiti erano schieratissimi per lintervento); che si abbia il timore che troppi imbarazzanti altarini possano essere scoperchiati, è cosa che si può ben comprendere. Tutto logico, insomma. Ma certo non è giusto, e chi copre si assume una grave responsabilità politica e storica, al pari di chi dopo aver sostenuto il falso ha nascosto e distrutto le prove della macchinazione.Insomma: si può concludere con sufficiente certezza che la guerra del 2003 poteva essere evitata. Non solo perché le due ragioni principali per giustificare lattacco non erano vere: non cerano armi di distruzione di massa e neppure impossibili abbracci strategici tra Saddam Hussein e il vertice di Al-Qaeda, ma perché fu fatta fallire la più realistica delle soluzioni: lesilio del dittatore iracheno. Se questa strada fosse stata seguita si sarebbero evitate decine di migliaia di vittime da una parte e dallaltra, e forse oggi il paese sarebbe meno instabile di quel che non sia. Tanto più che Saddam era disponibile ad accettare lesilio; come condizione aveva solo posto che la richiesta non venisse da parte occidentale, ma dalla Lega araba.Per questo motivo nel marzo del 2003 si svolge un vertice straordinario della Lega araba a Sharm el-Sheik; e qui si dispone di una testimonianza in diretta, quella dellinviato del Corriere della Sera Antonio Ferrari: La proposta, presentata dagli Emirati Arabi, doveva essere approvata. Chi mandò tutto allaria, con una sceneggiata che seguimmo prima in diretta televisiva dallufficio stampa di Sharm el-Sheik e poi ascoltammo, con laiuto dellinterprete, senza vedere più nulla perché la tv egiziana si era dimenticata di spegnere laudio, o forse lo aveva lasciato aperto perché tutti potessero capire. La provocazione di Gheddafi che fece il diavolo a quattro, compresi i pesanti interventi delle sue guardie del corpo donne, indebolì la volontà dei fratelli e la proposta dellesilio si diluì, anzi si spense in un generico e pavido bla bla. Nessuno può dire che cosa sarebbe successo se la proposta dellesilio a Saddam fosse stata sostenuta con vigore. Lattacco allIraq, voluto da troppi a tutti i costi, avvenne il 19 marzo e sappiamo tutti come è andata a finire.Comè finita, sì. Ma ancora non sappiamo come è cominciata. Quanto al perché, a suo tempo si scandiva lo slogan: No blood for oil. Temo si sia sottovalutato il ruolo da sempre giocato dalla fortissima lobby del complesso militar-industriale statunitense. Giocato allora, e probabilmente anche ora, e in grado di mettere a tacere tantissime voci. Non quella di Pannella e della sua sparuta pattuglia di radicali, che instancabili ci continuano a dire: Dove cè strage di diritto, cè strage di popoli.Non ha avuto la soddisfazione, Pannella, di poter leggere il rapporto Chilcot, che gli dà ragione su tutta la linea, ma sono certo che ne aveva indovinato il contenuto. Per questo, fino allultimo giorno si è impegnato allo spasmo in quella che è la logica conseguenza di quella battaglia che aveva cominciato nel 2003: la conquista dellennesima concreta utopia: un nuovo diritto umano da aggiungere alla lista di quelli scolpiti nella Dichiarazione universale: il diritto alla conoscenza. La riteneva la madre di tutte le iniziative politiche su cui impegnarsi, altro che bizzarra, senile mania, come lhanno definita in tanti, e tra loro anche chi avrebbe dovuto essergli più vicino.Matteo Angioli e lambasciatore Giulio Maria Terzi hanno dato vita al Comitato Globale per lo Stato di Diritto: uno strumento costituito per trovare e indicare soluzioni creative con cui affrontare le sfide del nostro tempo. Una proposta è quella di affermare a livello Onu il Diritto alla Conoscenza come nuovo diritto umano. Un Diritto per il pieno esercizio della libertà di espressione, di opinione e controllo delloperato dellautorità pubblica nel momento in cui le cose accadono. Un Diritto alla Conoscenza che riguarda il futuro di tutti noi: la formazione di possibili alternative nei processi decisionali che devono essere dibattuti apertamente con le opzioni e le alternative politiche a confronto per meglio orientare le scelte politiche e prevenire decisioni sbagliate. Il modo migliore e più giusto per mettere a frutto quanto emerge dalla commissione Chilcot.