Per il costituzionalista Michele Ainis la riforma del premierato «metterà il bavaglio» al Parlamento «perché gli impedirà di ricomporsi, in caso di crisi, creando nuove maggioranze».

Professor Ainis, si è molto parlato del premieremo in rapporto ai poteri del capo dello Stato, ma cosa cambierebbe nella relazione tra esecutivo e legislativo?

Per come è strutturata, questa riforma sarebbe un po’ il colpo di grazia per il Parlamento. Non perché il presidenzialismo in sé uccida le assemblee legislative, basta dare un’occhiata a quel che succede negli Stati Uniti, dove ci sono un presidente forte e un Congresso altrettanto forte. Ma questa riforma da un lato imbavaglia il Parlamento, e poi vorrei spiegare il perché, dall’altro, lo fa in un tempo in cui la crisi del Parlamento è già acclarata. È come se si fosse aperto ormai da anni un cratere nel paesaggio delle nostre istituzioni, che ha modificato tutto il terreno circostante.

Si spieghi meglio.

Per molti la crisi del Parlamento è alla base del maggior ruolo esercitato dai presidenti della Repubblica, che poi è il J’accuse lanciato da La Russa. Questo non è del tutto vero, perché i poteri presidenziali sono a fisarmonica e dipendono dalle circostanze, ma proprio perché le circostanze, negli ultimi decenni, sono state tali da determinare un impasse nella capacità delle Camere di forgiare una maggioranza coesa, allora è venuto il tempo dei governi tecnici, di unità nazionale eccetera. Tutte esperienze costituzionali che hanno, suo malgrado, accresciuto il ruolo del Colle.

E il presidente del Senato La Russa dice che il premierato serve proprio a riequilibrare i poteri: che ne pensa?

Penso che se la crisi del Parlamento da un lato ha determinato, come detto, un’espansione dei poteri del Colle, dall’altro lato c’è stata un altrettanto ampia espansione dei poteri del governo, che ha sostituito alle leggi i decreti leggi, e ancora un’espansione dei poteri della magistratura, perché quelle poche leggi che maggioranze poco coese sono riuscite a produrre, lasciano al dopo, cioè al momento dell’interpretazione e dell’applicazione delle legge, la vera decisione politica. Quindi decisore politico vero si è trovato a essere il giudice che applica la legge. È in questo paesaggio frastagliato che si inserisce questa riforma.

Parlava primati imbavagliamento del Parlamento: cosa intende?

Dico che questa riforma, in nome della fatwa contro i ribaltoni, imbavaglia il Parlamento perché gli impedisce di ricomporsi, nel momento di possibili fratture, creando delle nuove maggioranze. Negli Stati Uniti ci sono elezioni ogni due anni e quindi, sia alla Camera che al Senato, le maggioranze cambiano spesso, tant’è che a volte sono asimmetriche rispetto al colore politico del presidente. Ma qui si fa una riforma che ingessa il Parlamento e lo inchioda alla maggioranza politica con un premio di maggioranza che esiste solo in Italia.

A proposito di premio di maggioranza, sembra che si vada verso una soglia minima del 40% per poter ottenere il premio del 55%. Che ne pensa?

Penso che nel mondo esistono i maggioritari all’americana o all’inglese, in un cui uno vince e gli altri perdono, e sistemi che prevedono un ballottaggio, in cui quindi al secondo turno c’è comunque un vincitore. Noi invece ci trastulliamo con i premi di maggioranza dai tempi del Porcellum ma non mi pare una via esemplare per ottenere stabilità.

Crede che il premier, come più volte ripetuto dalla maggioranza, sarà più “forte” e come conseguenza darà vita a governi più stabili?

Io non sono così sicuro che il premier sarà più forte di ora. Lo sarà rispetto al Parlamento nel suo insieme e rispetto al presidente della Repubblica, cui vengono tolti dei poteri, ma sarà più debole rispetto alla sua maggioranza. Dal momento che anche il secondo premier, cioè quello non eletto che subentra in caso di crisi di governo, deve essere espressione della medesima maggioranza uscita dalle urne, accadrà che anche un piccolo partito, se è determinante per quel 55% di premio di maggioranza, avrà un potere di ricatto enorme.

Cioè sta dicendo che per sconfiggere i ribaltoni causati dai piccoli partiti si potrebbe finire col dare più peso ai piccoli partiti?

Esattamente. Il premier eletto in realtà sarà ostaggio dei piccoli partiti, se questi sono indispensabili per quel famoso 55% dei seggi. Per il semplice fatto che non possono essere sostituti con altri, come invece accade ora. I Mastella e i Bertinotti di oggi avrebbero un potere moltiplicato, altroché diminuito. La sopravvivenza della legislatura sarà legata alla forza dei partiti: o ci sarà un partito molto forte, capace quasi di governare “da solo”, oppure i piccoli partiti avranno in mano il vero potere.

Oggi l’azione legislativa è spesso frammentata, lenta, piena di insidie. Pensa che una maggioranza più forte legata a un premier eletto direttamente potrebbe accelerare l’iter legislativo?

Questo è molto difficile da prevedere. Quel che posso dire è che anche adesso c’è una maggioranza ampia e coesa, per amore o per interesse che sia, e tuttavia assistiamo a un record di decreti legge e di voti di fiducia. E si sta approvando una legge di bilancio all’ultimo minuto, come è sempre accaduto anche quando c’erano maggioranze molto più frammentate.