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Il professore emerito Gianfranco Pasquino
La proposta di Matteo Renzi sul premierato ha sparigliato le carte lungo la strada delle riforme e disseminato qualche malumore anche dentro la maggioranza di Giorgia Meloni che spinge per il presidenzialismo. Un ulteriore elemento di polemica tra gli schieramenti che se le stanno dando di santa ragione anche sul reddito di cittadinanza e sul salario minimo. A rendere ancora più incandescente il clima, la polemica in atto tra governatori e il ministro Fitto in ordine alla programmazione degli investimenti del Pnrr. Ne abbiamo discusso con il professore emerito di Scienza Politica Gianfranco Pasquino.
Professore, come valuta la proposta di legge sul premierato presentata da Matteo Renzi? Politicamente le sembra un modo di avvicinarsi al centrodestra o comunque una sorta di provocazione?
Guardi, partirei con il dire semplicemente che il premierato non esiste. Questa parola non esiste nella letteratura costituzionale per descrivere i modelli di governo. Esistono il presidenzialismo, il parlamentarismo e il semipresidenzialismo. Com’è possibile pensare che l’Italia possa essere governata come un Comune? Parlare di sindaco d’Italia è una sciocchezza. Anche il Comune più grande, prendiamo Milano, ha più di due milioni di abitanti a fronte dei 60 milioni di cittadini italiani. Si tratta di modelli di governo non paragonabili. L’elezione popolare diretta del premier, poi, è già stata sperimentata in Israele per tre volte e non ha funzionato. Inoltre con il premierato si tolgono poteri significativi al presidente della Repubblica, con il cosiddetto sindaco d’Italia che nominerà i suoi assessori e potrà chiedere loro di andarsene a suo piacimento. Il governo, inoltre, dovrebbe rimanere in carica soltanto fino a che dura il suo mandato, facendo perdere flessibilità alla democrazia parlamentare nella quale si può cambiare governo senza cambiare il Parlamento e senza nuove elezioni. Mi sembra una proposta balorda e se Renzi dovesse averla fatta per cercare approvazione da Giorgia Meloni o dalla sua maggioranza sarebbe ancora peggio.
È il principio del simul stabunt simul cadent a non convincerla per nulla?
Non esiste da nessuna parte che se cambia il premier cade il governo. Gli inglesi hanno cambiato premier più volte negli ultimi mesi senza sciogliere il Parlamento. Cambiano soltanto alcune condizioni e non è necessario andare a nuove elezioni che logorano i cittadini prima e le Istituzioni dopo, spesso senza avere un esito decisivo. Si tratta di una scelta sbagliata. Se c’è la fiducia del Parlamento può esistere un governo diverso con un premier diverso senza elezioni. É uno dei principali pregi delle democrazie parlamentari.
Il dibattito sul reddito di cittadinanza è stato al vetriolo e tante famiglie adesso si trovano in gravissime difficoltà. Che idea si è fatto della situazione?
Tanto per cominciare è stata sbagliata all’origine la legge che ha introdotto il reddito di cittadinanza che non è riuscita a indirizzare i percettori verso un nuovo lavoro e poi l’assegnazione è stata contrassegnata da favoritismi vari. Chi scrive una legge deve pensare a tutte le possibili conseguenze. Però il cambiamento adottato dal governo è stato troppo drastico e repentino. Non si può comunicare la perdita di un diritto con un sms. Il cambia doveva essere preparato con attenzione facendo in modo che chi va a perdere il reddito non venga a trovarsi in gravi difficoltà e possa avere i mezzi per sopravvivere. Si tratta di cittadini che non possono essere lasciati soli e nei confronti dei quali abbiamo delle serie responsabilità.
Immagina che uno scontro simile possa ripetersi a settembre sul salario minimo? Lei è favorevole alla sua introduzione?
Con il salario minimo tutti i lavoratori avranno diritto a nove euro all’ora. Questo è il punto centrale e opporsi affermando che esiste la contrattazione collettiva è una stupidaggine. In 22 degli Stati membri dell’Unione Europea, nei quali esiste una fortissima contrattazione collettiva, esistono misure simili che funzionano. Il salario minimo è fondamentale per coloro che non sono sindacalizzati e che dobbiamo cercare di proteggere affermando per legge che non si può andare sotto le nove euro all’ora.
Il governo è in difficoltà sul Pnrr e i presidenti di Regione, anche di centrodestra, si ribellano per il mancato coinvolgimento e chiedono una cabina di regia. É ancora possibile correggere il tiro?
Questa richiesta arriva in maniera tardiva. Non sono stati coinvolti all’inizio e, invece, sarebbe stato necessario. Adesso è più difficile e il ministro Fitto ha sbagliato tempi e redistribuzione. Anche nelle difficoltà il rinvio dei provvedimenti e delle decisioni è sempre sbagliato.
Emerge però chiaro il difficile rapporto tra governo centrale e Regioni. L’autonomia differenziata può servire a modificare il sistema?
L’autonomia differenziata non risolve niente da questo punto di vista. Servirà soltanto a creare squilibri enormi tra le Regioni ricche del Nord e quelle più povere del Sud che devono fare i conti anche con il grave problema della corruzione.