Lo Smart Working rappresenta una grande opportunità ma servono investimenti e protagonismo della contrattazione.

In questi difficili mesi di pandemia, il numero dei lavoratori agili in Italia è aumentato notevolmente. Secondo alcune ricerche, milioni di persone sono oggi già impegnate con questa nuova modalità di lavoro. Ed il trend è in continua crescita, con un interesse positivo dell'opinione pubblica ed una attenzione importante da parte dei lavoratori.

Indubbiamente esistono ancora resistenze e vincoli di ordine tecnologico, organizzativo e culturale sulla diffusione del lavoro da remoto. Ecco perche' la Cisl auspica che la Ministra del lavoro, Catalfo convochi al più presto il tavolo annunciato sullo smartworking. L’enorme diffusione del lavoro da casa nei mesi del lockdown va fatta evolvere, promuovendo la più grande espansione del lavoro agile di sempre. Ma per realizzare questo obiettivo non c’è che una via: restituire la centralità regolatoria alla contrattazione.

Dobbiamo trasformare questa crisi in una grande opportunità di progresso della cultura della partecipazione e di innovazione dell’organizzazione del lavoro.

I dati statistici dicono che le persone che potrebbero lavorare in smartworking nel nostro Paese sono oltre 8 milioni: anche solo avvicinarsi a questo traguardo darebbe risultati formidabili in termini di buona flessibilità e aumento della produttività d’impresa, sostenibilità ambientale ed inclusione sociale, armonizzazione famiglia - lavoro, incremento del benessere e del salario reale del lavoratore.

Va detto con chiarezza che cio' che abbiamo sperimentato in questi mesi non è vero smartworking, ma una modalita' di lavoro che implica tutti i vincoli del rapporto classico. Il lavoro agile è ben altra cosa: fermo restando il diritto alla disconnessione, alla privacy ed alla sicurezza del lavoro, lo smart working presuppone un progetto preciso ed obiettivi condivisi tra azienda e lavoratori, responsabilizzazione e affidamento alla persona, con il riconoscimento di libertà, autonomia e discrezionalità su spazi e tempi di esecuzione.

Occorre, dunque, che le aziende ragionino non in termini di tempo e luogo, ma di fasi e traguardi successivi, con nuovi criteri di valutazione e misurazione delle performance. Questi contenuti devono essere ritagliati sulle singole comunità lavorative e sui bisogni specifici della persona che lavora. Solo dal libero esercizio contrattuale si può assicurare tale adattività.

Occorre, dunque, riportare la materia sul terreno degli accordi individuali e della contrattazione collettiva. Non abbiamo bisogno di nuove leggi. E' necessario un patto a tre che va siglato tra istituzioni, imprese, e lavoro. Lo Stato deve garantire infrastrutture digitali all’altezza della sfida, ed il loro più ampio accesso, specialmente al Sud, dove il ritardo è tuttora clamoroso. La parte datoriale e le amministrazioni pubbliche, devono aggiornare gli ecosistemi lavorativi, investire sulle attrezzature tecnologiche, verificare i risultati secondo gli obiettivi da raggiungere, puntare all’aggiornamento e alla formazione continua dei lavoratori. Il lavoro deve essere riqualificato, responsabilizzato, ripensato lontano dagli schemi di una esecuzione meccanica di compiti, secondo un nuovo sistema di diritti e doveri che ne valorizzi l’apporto creativo. Lo smart working puo' diventare, in ultima analisi, una straordinaria opportunita' a condizione che ci siano nuove regole, tutele contrattuali e garanzie per i lavoratori, in modo da migliorare la qualita' della vita ed offrire nuove opportunita' di lavoro ai giovani ed alle donne.

* Segretario Generale Aggiunto Cisl