Al di là delle differenze di merito tra chi propone il Sì e il No per il prossimo referendum, c'è una radicale diversità del terreno scelto dai due schieramenti. È un fenomeno fin qui poco esplorato ma che contiene indicazioni preziose sulle difficoltà di entrambi i fronti.Il Sì ipotizza un processo tranquillizzante e improbabile che si innescherebbe in caso della sua vittoria; il No è restio ad affrontare l'argomento del proprio futuro in caso di successo e si concentra nel raccontare i danni che se vince il No verrebbero risparmiati al paese. Ma se il No sembra privo di capacità predittiva (tranne quella negativa) e quindi di un progetto per il dopo, il Sì gioca basso sulle proprie ipotesi quasi preoccupato di spaventare parte del proprio potenziale elettorato col proprio successo. Le forze politiche italiane sono, quindi, ormai prive di capacità d'analisi e di conseguenza prive di capacità progettuale?Forse non si tratta (solo) di questo. L'Italia vive un inquietante paradosso: le cose del Sì e del No sono messe in modo tale che fin da subito, tenendo fermi i dati già noti, è possibile ottenere (quasi in tempo reale e in automatico) gli scenari del dopo vittoria. La politica si trova nella condizione anziché di "promettere" quel che farà di annunciare ufficialmente cosa esattamente farà. Ma nessuno schieramento sembra voler correre il rischio di perdere elettori le cui aspettative sono talvolta diverse e contrarie a quelle del fronte scelto.I dati sono la conoscenza delle Costituzioni vecchia e nuova, dell'Italicum ipermaggioritario (Camera), del Consultellum, iperproporzionale (Senato se vincesse il No); infine: il tripolarismo del paese e l'impossibilità matematica (senza Italicum) di qualsiasi maggioranza di governo senza l'accordo di almeno due dei tre protagonisti (Pd, M5s, Centrodestra).Nel silenzio dei leader che contano si fanno avanti seconde e terze file (politiche e giornalistiche) che si rivelano una volta tanto preziose e svelano involontariamente come stanno le cose (non è stato Gramsci in una nota del carcere - chiedo scusa se mischio lana e seta - a sostenere che talvolta la verità si scopre per intero e all'improvviso lontanissima da dove dovrebbe cercarsi?).Nel centrodestra Brunetta non ha dubbi su cosa fare. A ItaliaOggi dice che se vincesse il No «Accadrebbe una cosa semplice: si farebbe una legge elettorale su base proporzionale anche per la Camera o semplicemente si estenderebbe il Consultellum vigente al Senato, e poi nel 2017 o 2018 si andrebbe al voto». Brunetta, senza dire con quale maggioranza farebbe una nuova legge elettorale, è ok e poco pericoloso. Ma ai suoi elettori dovrebbe dire: facciamo un governo del centrodestra col centrosinistra ripulito da Renzi e lo facciamo durare uno o due anni, giusto il tempo per riprenderci i nostri voti in libera uscita presso il M5s. Come dire: fuori Verdini e dentro io.Miguer Gotor, minoranza Pd, è invece uno dei pochi che da sinistra s'è fatto avanti senza nascondere cosa accadrà se vince il No. Spiega che potrebbe restare Renzi ma se se ne va «non sarebbe il diluvio universale». Giusto, ma Luca Telese di Libero lo incalza e il professore riconosce: «Se si dimettesse - e nessuno di noi glielo chiede - si dovrebbe lavorare a un altro governo, certo». Sorvola distratto sulla maggioranza che sosterrebbe il governo ma definisce una strategia. Si chiede: «Come si potrebbe andare al voto anticipato senza una nuova legge elettorale? ». All'ovvia risposta aggiunge: «Allora serve comunque un governo. Ma - spiega - c'è un altro problema» e poi dice: «Quell'anno (il 2017, in cui Gotor colloca le elezioni, ndr) deve essere un anno di stabilità per impedire l'assalto degli speculatori all'Italia», che quindi ritiene più che probabile sostenendo ciò che il No ha ripetutamente escluso. L'intervistatore, lo provoca: si potrebbe votare col Consultellum? E Gotor, come una pera matura: «Avremmo due maggioranze diverse (alla Camera e al Senato, ndr). Cioè ingovernabilità e speculazione finanziaria». Quindi anche Gotor, studioso ed esperto di santi eretici e inquisitori del Seicento, dovrebbe dire ai suoi elettori: facciamo un governo Pd-M5s (dai grillini sempre escluso come ben sa Bersani) o, più credibilmente: facciamo un governo un'alleanza centrodestra-centrosinistra (con fuori una parte dei renziani) e dentro Gotor e Speranza, fuori Verdini e dentro Brunetta.Dalla politica ai giornali le contraddizioni restano. Il Fatto di Travaglio è, per esempio, schierato senza eccezione (apparente) alcuna con il No, di cui è autonominato una specie di organo ufficiale. Polemico con un titolo del Dubbio se l'è cavata con una battuta per chiarire ai suoi lettori se sosterrà fino in fondo il No facendo saltare l'Italicum e colpendo al cuore il M5s o farà la manfrina per dare una mano a Renzi ed appoggiare i sogni e le speranze di Grillo? Tertium non datur.