Giovanni Orsina, direttore della LUISS- School of Government, spiega che presidenzialismo, Autonomia e partito unico di centrodestra «sono argomenti che necessitano di tempi molto lunghi, per ragioni o istituzionali o politiche» anche se «di certo il presidenzialismo è il tema sul quale ci può essere più convergenza dei tre partiti, ma trattandosi di una riforma costituzionale occorre allargare il perimetro ad almeno un pezzo dell’opposizione, lì potrebbero esserci dei problemi».

Sui possibili problemi per il governo di Giorgia Meloni è chiaro: «ieri il Financial times titolava sull’Italia come il problema della zona euro - commenta - Il nostro problema è la sostenibilità del debito pubblico e quel titolo è molto eloquente. Non solo. «La Bce alzerà ancora i tassi e si libererà del debito pubblico che aveva in pancia - dice - Il governo ha fatto la legge di bilancio che doveva fare, ma adesso deve pensare alla crescita: servono politiche a favore della crescita, che costano nel breve periodo ma portano benefici nel medio e lungo periodo. Vedremo se questo governò sarà in grado di prendere certe decisioni».

Professor Orsina, nei prossimi mesi il governo ragionerà di presidenzialismo, Autonomia, partito unico. Su quali di questi temi i tre partiti di maggioranza convergeranno più facilmente?

Innanzitutto occorre chiarire che quelli citati sono temi che nel breve periodo si possono soltanto impostare. Sono argomenti che necessitano di tempi molto lunghi, per ragioni o istituzionali o politiche. Di certo il presidenzialismo è il tema sul quale ci può essere più convergenza dei tre partiti, ma trattandosi di una riforma costituzionale occorre allargare il perimetro ad almeno un pezzo dell’opposizione, lì potrebbero esserci dei problemi.

L’Autonomia è un tema invece caro alla Lega, con il ministro Calderoli in prima linea: riuscirà la maggioranza a portare a termine il progetto?

Il tema dell’Autonomia mi pare un ginepraio. Sapevamo sarebbe stato complicato ma mi pare di capire che questa complessità si conferma e anzi rischia di aumentare. È una partita sulla quale bisogna trovare un compromesso che faccia contenti tutti, cioè non solo i partiti ma le constituency che stanno al di sotto dei partiti. E questo è molto difficile. Per capirsi, non è facile far quadrare gli interessi delle regioni del Nord con quelli di quelle del Sud.

Infine il partito unico: sogno di Silvio Berlusconi concretizzatosi nel Pdl ma subito mandato in soffitta dalla stessa Meloni: crede che la leader di FdI possa riprovarci?

Credo che sia un discorso molto prematuro. Bisogna vedere, da qui all’estate, come si mettono i sondaggi, come si muoveranno i rapporti di forza tra i partiti di maggioranza, come si svilupperà il quadro politico europeo. Può anche essere che nelle segrete stanze dei partiti di maggioranza se ne stia parlando in maniera vivace, ma di certo non c’è fretta. La primavera del 2024 è un orizzonte possibile, magari con la creazione di un’unica lista per le europee. Ma non dimentichiamo che i tre partiti appartengono a tre famiglie continentali differenti, questione non da poco.

Concentrandoci sul presidenzialismo, pensa che il futuro dibattito sul tema possa acuire la polarizzazione tra maggioranza e opposizione, visto il netto rifiuto già trapelato da Pd e M5S?

Il rischio di una polarizzazione c’è: basti pensare ai dibattiti legati alle precedenti riforme costituzionali, ricchi di richiami isterici a “colpo di stato”, “autoritarismo”, “fine dell’antifascismo”, “Costituzione più bella del mondo”. Il paese sembrerebbe in larga maggioranza favorevole a una riforma in senso presidenziale, ma occorre tenere sempre presenti i tempi. Partisse ora, questa riforma entrerebbe nel vivo tra un anno e mezzo, dunque c’è ancora molto tempo. Certo è che dialogare con almeno un pezzo dell’opposizione servirebbe al governo per evitare che si dica che ha cambiato la Costituzione a colpi di maggioranza.

Opposizione che però non sembra intenzionata a dare spago al governo, almeno per il momento.

La differenza, rispetto ai passati tentativi di riforma costituzionale, è che questa volta l’opposizione è molto divisa e la partita riformistica potrebbe servire a una delle opposizioni per prendere potere rispetto alle altre. Fossi in Giuseppe Conte, ad esempio, non mi farei scappare l’occasione di acquisire legittimità cambiando le regole del gioco assieme alla destra e attestandosi così come unica “sinistra”. Certo a quel punto per il Pd sarebbe difficile restarne fuori…

A proposito, qual è lo stato di salute dei dem, ma anche quello di M5S e terzo polo?

Le opposizioni sono in un momento di grande debolezza. Il Pd non può muoversi fin a che non fa il Congresso, che probabilmente gli restituirà un po’ di salute. M5S e terzo polo agiranno prevalentemente di rimessa. I grillini hanno sempre giocato di rimessa, è un partito opportunistico e continuerà a esserlo. Dal terzo polo non vedo giungere grandi idee o iniziative. Certo è il luogo dove le idee girano di più ed è possibile che qualcosa da lì esca. Ma al momento non ho visto grandi segnali.

E la maggioranza? Giorgia Meloni continuerà a tenere a bada gli alleati?

Intanto occorre dire che gli alleati sono molto meno fumantini di quel che si pensava. Ricordiamoci come in campagna elettorale Calenda diceva che il governo sarebbe durato sei mesi, mentre la situazione a oggi appare molto tranquilla. Naturalmente le cose potrebbero cambiare, ma la mia impressione è che il parallelogramma delle forze è tale da non consentire grandi stravolgimenti. Certo ci saranno screzi che fanno pare di una politica di coalizione, ma credo che la navigazione di Meloni sul fronte interno sarà abbastanza tranquilla.

Dunque i problemi arriveranno dall’esterno?

Il problema sono le sfide esogene, in primis il debito pubblico. Ieri il Financial times titolava sull’Italia come il problema della zona euro. Il nostro problema è la sostenibilità del debito pubblico e quel titolo è molto eloquente. La Bce alzerà ancora i tassi e si libererà del debito pubblico che aveva in pancia. Il governo ha fatto la legge di bilancio che doveva fare, ma adesso deve pensare alla crescita: servono politiche a favore della crescita, che costano nel breve periodo ma portano benefici nel medio e lungo periodo. Vedremo se questo governò sarà in grado di prendere certe decisioni.