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Bene, prepariamoci. Sull’aeroporto di Tripoli piovono bombe; le truppe miliziane del premier Serraj e del generale Haftar si cannoneggiano; secondo l’Onu gli sfollati sono già migliaia. La Libia è in fiamme, i nostri interessi petroliferi sono sguarniti, l’incubo di migliaia di profughi che si riverseranno sui gommoni per la gioia di scafisti e trafficanti di anime, si sta materializzando. L’avvicinarsi della bella stagione comunque avrebbe accresciuto le partenze. Ora sarà esodo. Prepariamoci. Ma a cosa, esattamente? Possiamo restare ciechi e blindare le coscienze di fronte a un simile sgretolamento geo-politico, fare spallucce sostenendo che i porti ora sono chiusi e così resteranno, che donne incinte e minori - accompagnati da padri e mariti sui quali si possono e devono fare tutti gli accertamenti del caso ma che in gran parte sempre padri e mariti restano - sono un pericolo per la sicurezza nazionale? Forse bisognerebbe riflettere sul fatto che la Libia è tra i venti Paesi più estesi del mondo con 1770 chilometri di coste: qualcuno pensa di blindarle con il filo spinato? Secondo i dati più recenti, nei prossimi trent’anni i soli cambiamenti climatici costringeranno circa 140 milioni di persone a spostarsi in tre aree del pianeta. L’Africa sub-sahariana è al primo posto; poi Asia meridionale e America Latina: qualcuno immagina muri per fermarli? Sull’immigrazione chi reclama risposte semplificatorie si illude e illude. Qualunque scelta, infatti, comporta conseguenze difficili, spesso drammatiche. I problemi vanno gestiti, non esorcizzati. Vale per l’Italia; vale in particolare per la Ue, anche dopo il 26 maggio. Prepariamoci. Evitando anatemi, cattivismi di cartapesta, retoriche mielose. E soprattutto senza derogare a principi essenziali. L’Italia è uno Stato di diritto dove il potere si esercita attraverso il rispetto delle leggi. Controlli e pattugliamenti hanno piena legittimità, ma salvare vite in pericolo prevale su tutto il resto. Ma una volta salvate, queste vite vanno accudite e accolte.L’inaccettabile e sconcia odissea di frotte di disperati costretti a vagare per giorni alla ricerca di un approdo non può diventare la cifra di una campagna elettorale giocata sulle strumentalizzazione di esseri umani.